“Si temono oltre 10.000 morti”. Questo è quanto sostiene il Trend Online, ponendo in special modo una domanda importante: la disastrosa alluvione avvenuta in Libia si poteva evitare?
Una domanda che senza alcun dubbio lascerebbe tutti a bocca aperta, tuttavia se così accadesse significherebbe che abbiamo dimenticato la crisi che la Libia sta affrontando dal 2011.
Va, infatti, ricordata la spaccatura in ben tre componenti sociali, culturali e amministrativi, che i tre “governi” odierni (un tempo parte di un’unica nazione) si sono ritrovati a gestire da anni e nel tentativo di risolverli facendosi la guerra l’uno con l’altro.

Osservando l’immagine si vedono:
- In blu il governo di unità nazionale (GNA) riconosciuto dall’ONU che controlla parte della Tripolitania.
- In rosso il governo guidato dal generale Khalifa Haftar che controlla la Cirenaica, parte del Fezzan e della Tripolitania.
- In Verde zone di territorio del Fezzan e della Cirenaica controllate dalle bande armate locali
Antefatti
Dal 2011 la Libia, a seguito dell’assassinio di Muhammar Gheddafi è sconvolta da cruenti conflitti armati non al solo scopo principale di riunificare la nazione, ma anche di riuscire a stabilire quale governo possa avere influenza a livello internazionale.
A seguito di ciò, però, si è sviluppato un forte malcontento a livello sociale ed economico, non solo per l’inflazione, ma anche per la completa mancanza di sicurezza e di legalità e anche per la corruzione ormai perpetrante in tutti i territori libici.
Come se non bastasse un nuovo “cataclisma” si è abbattuto poche settimane fa in Cirenaica, compromettendo duramente la posizione del generale Khalifa Haftar; di fatto il tiranno della Cirenaica.
L’ incubo è cominciato l’11 settembre, quando il ciclone Daniel (creatosi a seguito dell’alta pressione presente nel Mediterraneo) si è avventurato vicino alle coste della regione, devastando tutto ciò che incontrava e facendo crollare ben 2 dighe creando poi una potentissima alluvione che ha completamente devastato la città di Derna e i suoi dintorni.
È da questo disastro e soprattutto dal numero di morti tuttora in discussione che il regime di Haftar ha mostrato forti compromissioni, dalle quali ha dovuto “correre ai ripari”.
L’alluvione

Veduta dal cielo di Derna dopo l’alluvione
Derna; un tempo città libica della Cirenaica con ben 50.000 abitanti adesso non è diventata altro che il simbolo di una catastrofe composta da fango e disperazione. In città manca l’elettricità e inoltre, l’acqua potabile e il cibo scarseggiano. Non funzionano né internet né i telefoni.
Secondo il servizio meteorologico locale, sono caduti 400 mm di pioggia nel giro di poche ore: la stessa quantità che in queste zone è riscontrabile in circa due anni. Il fiume “Wadi” (che divide in due il centro urbano) ha invaso interi quartieri a ridosso degli argini.
Ad aggravare la situazione poi ha contribuito anche il crollo di due dighe, fattore che ha portato alla completa distruzione di ben un quarto degli edifici presenti nella città.
Si ipotizza, infatti, che l’acqua caduta e i venti a ben 180 km/h non abbiano permesso alle due dighe di poter filtrare l’acqua nel letto del fiume, così in questo modo, poiché il fiume divide in due la città acqua, vento e detriti hanno fatto il resto del lavoro provocando una strage durata ore.
Va poi aggiunto, tra l’altro, che le dighe in questione erano progettate in maniera diversa rispetto alle dighe che si è abituati a vedere con il calcestruzzo. Il materiale di cui erano composte non era altro che sabbia, frammenti di roccia e terreni più o meno impermeabili che vengono compattati una volta completata la struttura.

Veduta dal cielo dell’ultima diga di Derna prima dell’alluvione
Risposta del regime
Il generale attualmente, sta provando a mostrarsi come un leader efficiente e risoluto, nonostante sia accusato di essere in parte responsabile del disastro provocato dalle alluvioni.
Haftar, che ormai da anni governa un’ampia regione nell’est della Libia ha elogiato i soccorritori e i propri sostenitori impegnati nella gestione dell’emergenza, in quella che secondo Emadeddin Badi, analista del centro studi Atlantic Council, è stata più che altro “un’operazione di pubbliche relazioni” rivolta sia all’interno che all’esterno della Libia.
Il regime sta, inoltre, collaborando nella gestione degli aiuti (inclusi i 5 milioni di euro inviati dal governo italiano) e dei soccorsi con l’altro governo libico; quello di Tripoli.
Ma nonostante questo, sia Badi che altri osservatori hanno sostenuto che Haftar veda nell’emergenza un modo per accrescere la propria influenza personale e il proprio potere in Libia e che per questo avrebbe coinvolto i propri famigliari nelle operazioni di gestione degli aiuti.
Non deve infatti stupire il viaggio fatto da Haftar a Mosca di recente e nemmeno la presenza di soccorritori russi nella zona dell’alluvione poiché data la situazione politica a livello internazionale della Libia e della Russia è più che mai importante sia per Putin che Haftar rinforzare le proprie relazioni bilaterali.
Non ci si dovrà quindi stupire se in futuro (poiché il progetto era già in discussione) si scoprirà la presenza di una base navale russa a Tobruk.
Come ha riportato un comunicato dell’Esercito nazionale libico e in seguito il Ria Novosti:
“Durante la visita si sono svolti negoziati con alti funzionari russi sullo sviluppo della situazione in Libia, sono state discusse le relazioni bilaterali tra i due Paesi e le modalità per rafforzarle e svilupparle”.

Va poi detto che le autorità della Libia orientale hanno negato di aver limitato l’accesso alle comunicazioni in seguito alle proteste organizzate contro la gestione della crisi da parte del governo.
Anche se per ora le proteste non sono state rivolte esplicitamente ad Haftar, molte persone sembrano considerare le conseguenze dell’alluvione come una dimostrazione del malgoverno, della corruzione e dello scarso interesse per la manutenzione delle infrastrutture.
Tarek Megerisi, analista libico del Think tank European Council on Foreign Relations, ha detto al New York Times che Haftar sta cercando di mostrarsi come un “salvatore”, ordinando a molti soldati di presidiare Derna per dare ai suoi abitanti una percezione di maggiore sicurezza.
Sta poi usando gli organi di stampa (controllati dal governo) per fare ulteriore propaganda, in più sta collaborando con il figlio minore Saddam, di 32 anni, che è considerato una specie di suo erede politico.
Osservando poi Saddam Haftar va aggiunto che è il capo di una milizia accusata da Amnesty International di una serie di crimini violenti, tra cui omicidi, torture, stupri e sparizioni forzate.
Comunque, è stato nominato di recente responsabile della commissione incaricata di gestire la crisi umanitaria in Libia, nonostante non abbia alcuna esperienza nella gestione delle emergenze.
Inoltre, nello stesso giorno del disastro invece il figlio maggiore di Haftar, Elsiddiq, ha annunciato l’intenzione di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali, rimandate da tempo.
Infine, anche il numero dei decessi è in discussione poiché le cifre ipotizzate sono tra 10.000 e 20.000; il regime, invece dichiara che sono poco più di 5.000.
Arrivando poi alle responsabilità del disastro, secondo il procuratore generale in totale saranno 16 i funzionari che dovranno rispondere per il crollo delle due dighe della città di Derna, incluso il sindaco della città, accusato di abuso di potere e appropriazione indebita di fondi per la ricostruzione e lo sviluppo della città.
Questi sono i capi d’accusa per l’ex sindaco della città, Abdel-Moneim al-Ghaithi. Le altre persone incaricate della gestione delle dighe e delle risorse idriche sono state, invece accusate di negligenza per non aver preso precauzioni contro il disastro.
Comunque, otto dei 16 incriminati sono stati arrestati, compreso l’ex sindaco e rimarranno in prigione fino al termine delle indagini.
Va però aggiunto che esiste chi ipotizza che l’assenza di mezzi avanzati per allertare i cittadini abbia contribuito al disastro.
Se da un lato la traiettoria del ciclone non era possibile da valutare in modo dettagliato dall’altra, però, l’evacuazione dei quartieri più fragili di Derna, quindi soprattutto quelli a ridosso dei margini del fiume, avrebbe potuto forse contenere il numero delle vittime.
In molti si chiedono, inoltre, se il crollo delle dighe si potesse evitare con una migliore manutenzione. Tutte domande che al momento non possono trovare una risposta univoca e ufficiale, considerata la frammentazione politica della Libia.
Dubbi che purtroppo rischiano di rimanere tali per sempre, ma la comunità internazionale ora è concentrata ad aiutare chi si trova senza casa o senza acqua e elettricità.
A cura di Tommaso Bernardini
Referenze:
Libia, stato emergenza per alluvione: dal Cdm 5 milioni di euro (mediaset.it)
Alluvione Libia, cosa è successo (trend-online.com)
Haftar e la gestione degli aiuti in Libia – Il Post
Libia: Haftar in Russia, colloqui con ministero Difesa – LaPresse