A gennaio si terranno le elezioni per la presidenza a Taiwan. Dopo l’elezione nel 2016 dell’attuale presidente in carica Tsai Ing-wen, Pechino ha interrotto ogni dialogo con l’isola. Tsai Ing-wen è leader del Partito Democratico Progressista (DPP), filo-indipendentista, e non potrà candidarsi alle prossime elezioni a causa dei limiti di mandato. Il nuovo candidato del DPP, il vicepresidente Lai Cheng-te, esponente della fazione pan-verde del partito, noto per le sue tendenze apertamente indipendentiste, e per questo motivo sempre considerato dalla Cina una spina nel fianco, è stato accusato da Pechino e dagli altri esponenti filocinesi di essere un “piantagrane” e un “separatista”, interpreta il quadro elettorale come un campo di battaglia tra democrazia e autoritarismo e afferma:
“Non abbiate paura e tornate indietro a causa della crescente minaccia dell’autoritarismo.
Dobbiamo essere coraggiosi e forti per continuare a far crescere Taiwan sulla strada della
democrazia”, ha detto durante un transito attraverso gli Stati Uniti il mese scorso, sfidando la condanna di Pechino a quel viaggio.
Dopo la nomination al DPP, Lai ha assunto posizioni più moderate sul conflitto con Pechino, dicendosi favorevole al mantenimento dello “Status quo” tra le due sponde dello stretto, decisione che dai sondaggi sembra essere in linea con la maggioranza dell’opinione pubblica, anche se in contrasto con la volontà delle generazioni più giovani sempre più proiettate verso una Taiwan formalmente indipendente.

Gou all’opposizione
Le elezioni per la presidenza di Taipei sono state sconvolte da Terry Gou, un miliardario
settantenne, fondatore del più grande produttore mondiale di iPhone, Foxconn. Gou ha
annunciato la sua seconda campagna elettorale alla fine di agosto, mostrando da subito la sua vicinanza a Pechino e accusando il DPP, insieme al resto dei candidati dell’opposizione, di provocare Pechino e di alimentare le tensioni, etichettando il voto come una scelta tra guerra e pace. Essendo un privato Gou avrebbe dovuto raccogliere 290.000 firme entro novembre, a breve si scoprirà quindi se il milionario sarà eleggibile sulla scheda elettorale. La campagna elettorale di Gou presuppone che l’unico modo per evitare una guerra sia il licenziamento del Partito Democratico Progressista e avviare i colloqui con Pechino per l’avvio della costituzione di “una sola Cina”. La prima fabbrica della Foxconn, costruita nel 1988 a Shenzhen, ha avuto un ruolo cruciale nell’apertura della Cina, ora il gigante della produzione elettronica ha fabbriche tentacolari che impiegano centinaia di migliaia di persone in tutto il Paese. Inoltre, Gou vanta una stretta relazione con il Partito comunista al potere in Cina, unico candidato ad aver stretto la mano a Xi-Jinping, e approfittando del suo patrimonio (netto di 7 miliardi di dollari) e della sua potenza politica Gou promette di raddoppiare il tasso di crescita economico di Taiwan e garantire che l’isola non diventi la “nuova Ucraina”.
“Dammi quattro anni e ti prometto che porterò 50 anni di pace nello Stretto di Taiwan”.

Di fronte alle accuse di suscettibilità alle pressioni cinesi, a causa della sua dipendenza economica da questa, egli risponde:
“Se il Partito Comunista Cinese dicesse che se non mi ascoltate, confischerò i vostri beni alla Foxconn, direi: sì, per favore fatelo”.
Sul fronte dell’opposizione affianco a Gou si schierano il KMT(Kuomintang), che dopo aver respinto la candidatura del politico miliardario ha scelto come proprio rappresentante alle elezioni, Hou Yu-ih, sindaco di Nuova Taipei City e il Partito popolare di Taiwan, rappresentato da Ko Wen-je, ex sindaco di Taipei. Il KMT ha spronato Gou a ritirarsi ed a sostenere Hou.
La candidatura da privato di Gou potrebbe infatti dividere il voto favorevole a Pechino, scenario che si prospetta anche agli occhi di Wen-Ti Sung, politologo del Taiwan Studies Program dell’Australia National University, che afferma che nel breve termine Gou probabilmente dividerà ulteriormente i voti dell’opposizione e quindi “darà a Lai vita più facile”.
Lo scenario da sogno di Gou sarebbe quello di costringere gli altri due partiti a ritirarsi, e di riunire i voti favorevoli a Pechino nella sua persona, presentandosi come l’unico in grado di unire l’opposizione fratturata contro Lai, che attualmente è in testa ai sondaggi.
Tensioni nello stretto di Formosa
Le elezioni si svolgono in un contesto internazionale piuttosto critico, che vede un crescente rapporto tra Xi-Jinping e Putin e un aumento pressione politica e militare su Taiwan.
Wu-Qian, portavoce del Ministero cinese della Difesa ha fatto notare che c’è una pericolosa
situazione di guerra anche a causa della presenza statunitense nel Mar Cinese. Negli ultimi mesi, in risposta allo stazionamento delle navi americane in territorio cinese Pechino ha inviato verso Taiwan più di 380 aerei e oltre 137 navi da guerra. Una flottiglia della Repubblica popolare guidata dalla portaerei Shandong è entrata a sorpresa nell’Oceano Pacifico occidentale attraverso il Canale di Bashi, che separa Taiwan dalle Filippine. Questo improvviso aumento delle attività militari, secondo il Wall Street Journal, avrebbe l’obbiettivo di circondare l’isola e impedire agli Stati Uniti (fornitori di armi e maggiori sostenitori dell’indipendenza di Taiwan) un possibile intervento in caso di invasione. La Cina ribadisce:
“I militari cinesi non permetteranno mai l’indipendenza di Taiwan”, queste le parole del generale Zhang Youxia, secondo delle forze armate cinesi al presidente Xi-Jinping, al Forum della Sicurezza in corso a Pechino.

Bin e Xi-Jinping a San Francisco
Intensa è l’attività diplomatica tra le due superpotenze, il 27 ottobre il ministro degli esteri cinese Wang Yi è stato a Washington dove ha incontrato il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan in vista di un possibile incontro tra Xi Jinping e Joe Biden a San Francisco. L’incontro dovrebbe tenersi tra il 15 e il 17 novembre durante il summit dell’Asia-Pacific Economic cooperation.
Un alternativa al blocco occidentale
Durante il Forum della Sicurezza a Pechino, il ministro della difesa russo Sergey Shoigu ha preso la parola accusando gli Stati Uniti di voler espandere il conflitto dall’Ucraina alla regione Asiatica e del Pacifico, dove la NATO starebbe attuando una militarizzazione fingendosi disposta al dialogo. Shoigu si è rivolto a tutte quelle potenze che non vogliono legarsi al modello occidentale elogiando le relazioni Russia-Cina e promuovendo quest’ultima come modello “esemplare” alternativo. Il ministro russo, continua, puntando il dito contro le potenze occidentali che accusa di star utilizzando il cambiamento climatico e i disastri naturali come scusa per gli interventi umanitari. A proposito del fronte ucraino, Shoigu si è fatto portavoce della Russia, e si è esposto come favorevole a colloqui per l’individuazione di una soluzione comune, accusando gli Stati Uniti di ricercare una vittoria strategica e ha aggiunto che è: “anche importante garantire relazioni paritarie tra tutte le potenze nucleari e i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che hanno una responsabilità speciale nel sostenere la pace e la stabilità globale”.

Le elezioni di gennaio definiranno il ruolo dell’isola sulla scacchiera internazionale.
A cura di Arianna de Filippo
Fonti:
https://www.rainews.it/articoli/2023/10/cina-pechino-non-permetteremo-mai-indipendenza-di-
taiwan-accuse-a-paesi-che-creano-disordini-stati-uniti-mosca-fa6b74b7-f801-403d-ba07-
64463fb34db8.html
https://apnews.com/article/us-china-wangyi-biden-blinken-fbaef1a1afb599807a8fe47f3600a384
https://edition.cnn.com/2023/09/01/asia/taiwan-presidential-election-terry-gou-intl-
hnk/index.html
https://edition.cnn.com/2023/09/01/asia/taiwan-presidential-election-terry-gou-intl-
hnk/index.html
https://www.affaritaliani.it/esteri/tensione-tra-cina-taiwan-si-apre-un-terzo-fronte-mondiale-
analisi-883864.html?refresh_ce