27 GENNAIO: IL GIORNO PER RICORDARE

“Arbeit macht frei” il lavoro rende liberi, una frase indimenticabile in questa giornata, soprattutto se si considera la sua finalità. Esattamente 79 anni fa, il 27 Gennaio 1945, l’armata rossa entrava ad Auschwitz, in Polonia, liberando tutti i sopravvissuti di uno dei più grandi campi di sterminio costruiti dai nazisti al fine di eliminare sistematicamente ogni essere umano ritenuto indesiderato.

Che si trattasse di uomini, donne o bambini, qualunque età avessero, dovevano “sparire” poiché tutti loro erano considerati soggetti inadatti al progetto ariano della “razza pura”, la quale secondo Hitler e i suoi complici, avrebbe dovuto regnare incontrastata sull’intero pianeta Terra ricreando così gli antichi guerrieri germanici.

Dobbiamo, quindi, tenere presente perché fu messa in atto questa “soluzione finale”; persone che erano ritenute inferiori fisicamente ed intellettualmente rispetto a una maggioranza, non potevano avere “diritto di vita” solo per la differente cultura, etnia, religione ed ideologia in cui credevano. In questo giorno doloroso ci ritroviamo pertanto a piangere e ricordare le vittime dell’Olocausto. Vogliamo ,dunque, esprimere la nostra solidarietà a coloro che non ce l’hanno fatta, ma anche a chi è sopravvissuto, e ai suoi discendenti, forse presenti oggi a leggere queste parole.

Teniamo quindi presente chi ha dovuto subire sulla propria pelle e vedere su quella della propria famiglia l’odio, l’indifferenza, la paura e lo sdegno che regnarono quegli anni di terrore.

Cari lettori di The Journal oggi vi invitiamo ad ascoltare e leggere con grande attenzione ciò che è giusto ed importante ricordare, poiché dati i tempi odierni, una vera e propria maledizione sembra compiersi.

Ma com’è potuta accadere quest’opera omicida quasi medievale?

Tutto inizia negli anni 30 in Germania. Va detto che in questo periodo storico l’antisemitismo non era un sentimento nuovo a livello europeo e mondiale; in molti casi nei secoli passati era stato attuato come barbaria.

Un esempio fu l’inquisizione spagnola, l’estromissione ebraica dalla società prussiana prima di Federico il Grande, i ghetti italiani prima di Napoleone e, i pogrom, saccheggi e distruzione di sinagoghe e di edifici ebraici nell’ impero Russo di Nicola II e a New York negli anni 60-80. Interessante è che nemmeno l’idea dei campi di concentramento era una novità dell’epoca.

Ciò che ha fatto realmente la differenza in questo caso è il dilagare di tale violenza e un ritorno indietro nel tempo all’epoca medievale, il che ha permesso alle porte dell’Inferno di aprirsi.

L’avvento dei regimi totalitari e la nuova corrente antisemita nata in Germania, sparsasi in seguito in tutta Europa e spinta oltre il punto di rottura ha portato alla decisione di sterminare milioni di persone con una progettazione e attuazione diabolica.

Tutto iniziò con le leggi di Norimberga, a difesa del sangue e dell’onore tedesco, le quali proibivano i matrimoni tra ebrei e non ebrei, oltre che a privare i primi della cittadinanza malgrado fossero residenti da intere generazioni in quella nazione.

La seconda fase fu poi con le leggi razziali in Germania nel 1938, poi Italia e in seguito, durante la Seconda guerra Mondiale, nel resto dei territori europei le quali dichiaravano, tra le altre cose, l’esclusione degli ebrei dall’Amministrazione Pubblica, la castrazione per altre minoranze tedesche e per la protezione dei caratteri ereditari, la rimozione della cittadinanza tedesca e del passaporto agli Ebrei o ancora, l’ordinanza per l’esclusione degli Ebrei dall’economia tedesca.

Fu poi nel ’42 alla conferenza di Wannsee, che per merito di Reinhard Heydrich e Adolf Eichmann che conciliarono tutte le procedure giuridiche, burocratiche e militari e fu possibile organizzare un sistema mastodontico, ma organizzato per procedere allo sterminio ebraico a livello Europeo.

Il metodo? Costruire adeguati campi di transito e di sterminio come ad Auschwitz in tutta Europa.

Ma cosa accadeva in quei campi? Ciò che accadeva era l’eliminazione fisica di tutti gli internati uccidendoli nelle camere a gas, se non più sfruttabili per il lavoro, ed infine bruciando i loro corpi.

Esisteva anche di peggio: essere sfruttati fino alla morte per il lavoro, essere deturpati o bruciati vivi nei forni o anche subire torture indicibili come lo squartamento. In altri casi poi, si poteva essere uccisi durante esperimenti medici. Da una testimonianza del processo di Norimberga:

«I prigionieri venivano spogliati completamente ed entravano nel laboratorio uno dopo l’altro. Io dovevo tenergli ferme le braccia, mentre un medico ci strofinava sopra qualche goccia di iprite, il cosiddetto gas mostarda, che provoca terribili ustioni. Poi dovevano aspettare in piedi con le braccia aperte anche dieci ore, forse più, finché le ferite da bruciatura non iniziavano a ricoprire tutto il corpo, progressivamente raggiunto dai fumi del gas. Alcune persone divennero cieche. I dolori e i lamenti erano così tremendi che non era possibile stare vicino alle vittime. Le aree bruciate venivano fotografate. Il quinto o sesto giorno ci fu il primo morto. Fu dissezionato: i suoi organi interni erano stati completamente erosi. Nei giorni seguenti morirono molte altre persone».

Ecco cosa è accaduto realmente in quel periodo oscuro, in cui l’Inferno fu mostrato al mondo.

“Hollywood, menzogne, non sono mai esistiti quei campi, ho solo eseguito gli ordini…” questo è ciò che fu dichiarato e sostenuto (ancora oggi) dai nazisti e dai collaborazionisti alla fine della guerra. Tutto questo però, non era un film dell’orrore americano.

Tutto questo era stata la chiara dimostrazione dell’anima oscura dell’uomo; dei 12.000.000 ebrei residenti in Europa ben 6.000.000 morirono nei campi della morte, e a lungo tutto ciò venne taciuto.

Non si devono, inoltre, dimenticare altri milioni di internati uccisi nella stessa maniera: dai prigionieri di guerra uccisi dalla denutrizione sistematica a Rom e Sinti utilizzati come cavie umane. Le torture inflitte agli omosessuali e la tragedia dei figli dei Pentecostali strappati alle famiglie fino alla sterilizzazione dei “bastardi della Renania”.

Questi ultimi, a lungo tempo dimenticati, non subirono del tutto la soluzione finale, tuttavia i “bastardi della Renania” (figli neri nati da madri tedesche), a differenza di ciò che dichiarò la propaganda nazista, non erano tutti frutto di violazione sulle donne tedesche da parte dei soldati francesi senegalesi. Tra quei 500-600 bambini c’erano anche figli di cittadini tedeschi combattenti nelle ex colonie tedesche.

Il muro del silenzio, però, non ha retto; la verità e anche i processi ai vari criminali di guerra responsabili dell’eccidio hanno permesso che le bugie e i silenzi relativi a queste stragi cessassero per sempre.

Mai più fu detto dopo tutto ciò, ma è stato realmente rispettato? Molte persone, purtroppo, hanno continuato a tralasciare o dimenticare questi fatti. Infatti, gli ultimi dati statistici, ricavabili in passato anche dall’osservatore dell’odio, affermano che il razzismo nel mondo sembra avanzare nuovamente; come i “campi di concentramento” per migranti molto presenti e perfino istituzionalizzati in Libia.

È a questo punto che è importante parlare della maledizione accennata all’inizio…

È il 1 maggio 1945 in un villaggio nel Nord di Berlino ancora lontano dal fronte: Hitler è morto e gli abitanti senza perdere tempo presi dall’euforia, armati di bastoni depongono il loro sindaco nazional socialista, sicuri che la guerra è finita. Ben presto, però, arriveranno un centinaio di SS sbandati, tuttavia, consci della morte del loro leader. I ribelli però li ignorano, perché anche se sanno che portano la morte, il loro capo di stato è morto; perché dovrebbero combattere? In pochi secondi con i mitra in mano oltre un centinaio di civili moriranno e l’autorità sarà ripristinata. Un superstite chiede ai soldati perché. Loro rispondono: “Tutto deve restare uguale, perché noi torneremo!!”

Cosa significa quindi questo? Vuol dire che il fuoco creato da Hitler non si era spento e che l’annientamento della Germania non era la fine del nazismo, perché loro prima o poi sarebbero tornati. Progetto programmato diverse volte, ma mai attuato.

L’anno scorso a seguito di un’intervista ad uno dei perseguitati di questa follia omicida ,Ugo Foà , lui dichiarò: “…ormai noi stiamo passando il testimone a voi giovani…”, raccogliamo quindi la testimonianza affinché il ritorno di quelle atrocità non si possa ripresentare oggi.

A cura di Tommaso Bernardini

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