Capitolo III: Amager Bakke – La collina mangia rifiuti

Basta PoCopenaghen

I rifiuti, trasportati al centro con mezzi elettrici, vengono prima controllati e mischiati in un silo alto 36 metri all’interno di una camera a bassa pressione, così da ridurre gli odori più sgradevoli. Gli stessi rifiuti vengono poi incendiati gradualmente mentre scivolano lungo il fondo inclinato attraverso delle speciali griglie. Dal processo di incenerimento si hanno due risultati: fumi caldi e scorie.
Queste ultime, da un lato, subiscono un processo di “maturazione” lungo 4 mesi, così da permetterne un massimo riciclo. Più del 90% dei metalli viene infatti recuperato, mentre il resto delle ceneri viene setacciato e reso utilizzabile per scopi edilizi o come malto stradale.
Dall’altro lato i fumii, risalendo, riscaldano l’acqua delle due caldaie annesse, trasferendo così energia termica. Il vapore prodotto viene poi convogliato in una turbina con una serie di pale, attraverso cui si genera energia cinetica. Quest’ultima viene poi convertita in elettricità da un generatore collegato. L’energia termica rimanente attiva invece gli scambiatori di teleriscaldamento, fornendo acqua calda alle abitazioni.
Inoltre, questa doppia funzionalità del vapore può essere regolata in base alla domanda (a seconda che ci sia bisogno più di elettricità o di calore, il vapore viene indirizzato più alla turbina o agli scambiatori), evitando così sprechi o carenze.
Da non scordare, Amager Bakke è dotato di uno dei sistemi di purificazione dei fumi migliore al mondo, costituito da filtro elettrico, catalizzatore, tre scrubber e filtro delle polveri. Dunque, cosa contiene l’iconica colonna bianca che fuoriesce da questa “collina”?
Purtroppo, non si può dire che sia solo vapore acqueo. O almeno non ancora. Infatti, neutralizzate tutte le componenti tossiche dei fumi, rimane però un’ingente quantità di CO2 emessa insieme al puro vapore. Circa 500.000 tonnellate all’anno. Sembra un numero spaventoso, ma corrisponde a una tonnellata di CO2 per ogni tonnellata di rifiuti, pari ad 1⁄4 delle emissioni delle discariche. Ma questi dati non sono sufficienti per raggiugere l’obiettivo di “prima capitale al mondo carbon neutral entro il 2025”.

Ecco perchè è in via di sviluppo un progetto per la cattura del carbonio, che entro quella data dovrebbe essere in grado di riassorbire quasi l’intera quantità di CO2 emessa. Quest’ultima verrà infatti prima raccolta da un assorbitore attraverso un liquido amminico a cui si lega; tale liquido viene poi trasferito ad un desorbitore, over verrà riscaldato fino a 105°C. L’anidride carbonica viene così rilasciata e può essere catturata. A questo punto il liquido, privato della CO2 e raffreddato, può essere riciclato nuovamente nell’ assorbitore. La CO2 potrà infine essere immagazzinata nel sottosuolo o utilizzata per carburanti ecologici.
Il fatto poi che il calore utilizzato per riscaldare il liquido amminico viene anch’esso immesso nella rete di teleriscaldamento, rende il progetto quasi neutrale dal punto di vista energetico.
L’unica fonte di emissioni più difficile da risolvere, paradossalmente, è legata alla più grande criticità di questo termovalorizzatore, ovvero le dimensioni sproporzionate. Per soddisfare la capacità di Amager Bakke, infatti, la Danimarca si è vista costretta ad importare rifiuti da paesi esteri (soprattutto Inghilterra), e ciò implica naturalmente fattori inquinanti legati al trasporto. Insomma, il peggior problema è che l’hanno progettato troppo grande.

Ora sarebbe molto interessante comparare questo tipo di termovalorizzatore con le soluzioni italiane, sia le 37 esistenti, che quelle ancora in fase di approvazione (si pensi al grande dibattito su Roma). Ma ciò meriterebbe un capitolo a parte, data la delicatezza della questione.
Questa analisi, come premesso, non intende elogiare i danesi o generalizzare l’importanza di un tale impianto. Piuttosto, lo scopo è sempre quello di fornire nuova conoscenza, così da ispirare nuove riflessioni.
Certo le circostanze sono sempre uniche e l’erba del vicino non è sempre davvero più verde. Ma perchè non prendere esempio almeno dagli steli che lo sono?

a cura di

Carolina Agostini

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