Nessuna passione, nessun slancio, nessuna eccellenza.
L’ambiente si ammorbidisce, le ambizioni si spengono. Nel cuore dell’Italia, un’epidemia silenziosa si diffonde: la dittatura della mediocrità, un regime dove l’ordinario regna sovrano e il talento è relegato all’ombra. In questo contesto, si dilata l’ombra di un conformismo che ammutolisce l’eccellenza.
Ecco, quindi, che il declino inizia:
inizia nel momento in cui ci si accontenta,
inizia nel momento in cui ci si omologa,
inizia nel momento in cui ci si adagia nell’inerzia.
La società moderna sembra troppo spesso accontentarsi di una mediocrità confortante, evitando così lo sforzo che deriva dal tentare di eccellere. Giampiero Venturi la chiama «dittatura della mediocrità», Angelo Mincuzzi «mediocrazia», Michele Boldrin mette in guarda l’Italia dai danni fatali della mediocrità. Diversi studi mostrano come la pressione verso la conformità nelle istituzioni accademiche e nei luoghi di lavoro riduca creatività e l’innovazione.
La mediocrità si palesa, l’eccellenza si ritrae.
Dove dovrebbero fiorire talento e originalità, si radicano paura del rischio e desiderio di non spiccare. Come una nebbia silenziosa che si insinua nelle strade di una città, la mediocrità avvolge ogni angolo della società, oscurando la vista e soffocando il potenziale umano. Questo fenomeno non è solo un rallentamento culturale, ma una vera e propria regressione della capacità umana di aspirare all’eccellenza.
La società contemporanea si trova sull’orlo di un abisso culturale. Se non si interviene, il rischio è che il conformismo soffochi diversità e cambiamento.
È necessaria una rivoluzione culturale che rinnovi la valorizzazione del merito e dell’originalità e la qualità in ogni campo, dalla politica all’educazione, dall’arte all’economia.
Sveliamo insieme la violenza della mediocrità.
A cura di Marianna Avallone e Alessandro Manzato