
A poco meno di un mese e mezzo dal 3 novembre, data ufficiale delle elezioni statunitensi, il futuro della prima superpotenza mondiale resta incerto.
Negli ultimi mesi, numerosi eventi hanno reso difficile prevedere chi uscirà vincitore. I dati cambiano di giorno in giorno e a livello internazionale si discute dei vantaggi e degli svantaggi che deriverebbero dall’elezione di uno o dell’altro candidato. Inoltre, la situazione ha subito una svolta quando, dopo lunghe critiche, l’attuale presidente Joe Biden si è ritirato dalla corsa alla Casa Bianca, cedendo il posto alla sua vice Kamala Harris.
Attualmente, i due candidati in gioco sono Kamala Harris, vicepresidente degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Biden, accompagnata dal suo “running mate” Tim Walz, e Donald Trump, ex presidente degli Stati Uniti, accompagnato da J.D. Vance. Dal 2019, Walz è governatore del Minnesota, mentre Vance è senatore dal 2023 dell’Ohio, il suo stato di provenienza.
Durante la campagna presidenziale, la figura più mediatica tra i due è stata indubbiamente J.D. Vance, che, in linea con il suo leader, ha rilasciato dichiarazioni pubbliche divenute virali sui social media, trasformandoli in veri e propri ‘meme‘. In un’intervista di luglio, Vance definì sua moglie una brava madre, nonostante il colore della sua pelle, la quale è di origine indiana. Più di recente, ha ripubblicato un video sui social, in cui accusava gli immigrati haitiani di rapire e consumare gli animali domestici dei vicini a Dayton, Ohio. Questa accusa, in perfetto stile Trump, è stata smentita da diverse fonti che hanno chiarito come l’accaduto si riferisse a Springfield, e che ciò che si vede nei video non era altro che un innocuo barbecue di pollo.
D’altra parte, Tim Walz mantiene un profilo più discreto; non è mai stato sotto i riflettori quanto il suo avversario. L’attenzione su di lui si è concentrata sul suo fascino “folksy”, come definito dal New York Times, e sulla sua carriera, che spazia dall’essere stato un coach di football fino al far parte della Guardia Nazionale Americana.
Come Trump, anche Vance adotta specifici comportamenti, come ad esempio il comunicare con il pubblico americano solo attraverso tweet controversi e politicamente scorretti o sostenere ciecamente affermazioni non verificate e per di piu’ discriminatorie. Un esempio recente riguarda gli immigrati haitiani e gli animali domestici.
Walz, invece ha un ruolo diverso: in modo del tutto coerente, lui e la Harris si sono trovati d’accordo sulle proposte di public policy, ed un punto che li unisce e fortifica ancora di più è l’ideale che vendono: entrambi riaffermano spesso, tramite i propri racconti d’infanzia e dei loro percorsi individuali, di non essere nulla se non il frutto dell’American Dream–quello di chi lavora duro e senza sosta e ne esce vincitore e con successo–.
Difatti, la carriera e il percorso personale di Tim Walz fanno di lui una persona nella quale molti americani si possono rispecchiare, perfetto concretizzarsi della strategia di “relatability” (ovvero la capacità a rispecchiarsi in qualcuno) usata dagli stessi Obama nel lontano 2008 e poi dalla stessa Harris quando fu il suo turno nel 2020.
Per quanto invece riguarda l’andamento della campagna, meno di una settimana fa si è svolto il primo dibattito tra i soli Harris e Trump, in cui i due candidati si sono confrontati su temi cruciali per il loro percorso presidenziale. Nonostante alcuni inusuali segni di debolezza oratoria da parte dell’ex presidente, che ha interrotto raramente la sua avversaria e tentato di confutare le sue accuse solo sporadicamente, i due hanno discusso questioni di grande rilevanza, dall’aborto, altamente controverso e mediatizzato, alla politica estera e al sostegno a Israele.
Nel dibattito, Harris ha esposto progetti politici in continuità con l’amministrazione Biden, sui sei argomenti principali: l’economia, i diritti di riproduzione, la sanità pubblica, l’immigrazione, altre policy domestiche e la politica estera.
Sul tema dell’economia la Harris ha dichiarato che sotto la sua presidenza, ci sarebbero misure tipo come delle agevolazioni fiscali per i costruttori di case con l’obiettivo di costruire 3 milioni di nuove unità abitative in quattro anni, fino a 25.000 dollari in aiuti per il pagamento di acconti per i primi acquirenti, fino a 6.000 dollari per le famiglie a basso e medio reddito con neonati, fino a 3.600 dollari per bambino all’anno in un credito d’imposta esteso per i bambini, il divieto di speculazione dei prezzi nel settore alimentare, in particolare i prezzi della carne ed infine, la volontà di lavorare con gli Stati per vietare l’uso del debito medico nei punteggi di credito
Invece, per quanto riguarda la sanità pubblica, i diritti riproduttivi e altre policy domestiche, le proposte si riassumono nel sollecitare il congresso a codificare protezioni dettate dall’ormai annullato Roe V Wade, perché sarebbe pronta a rendere le protezioni Roe legge.
In ambito sanitario, sostiene la riduzione dei prezzi dei farmaci su prescrizione per i pensionati e intende estendere i limiti di spesa per tutti, compreso un tetto di 35 dollari per l’insulina e un limite annuale di 2.000 dollari per le spese farmaceutiche.
In tema di immigrazione, promuove una riforma comprensiva con un percorso verso la cittadinanza e misure di sicurezza al confine, compresa l’assunzione di nuovi agenti e il contrasto al traffico di esseri umani.
Inoltre, Harris si impegna a sostenere leggi per i diritti di voto e si impegna a promuovere controlli universali delle armi, il divieto di acquistare armi d’assalto e la produzione di generiche leggi di prevenzione.
Dal lato repubblicano, è stato pubblicato il “Project 2025” della Heritage Foundation, un think tank conservatore. Il documento di 922 pagine fornisce un modello dettagliato per inserire forti principi conservatori nella prossima amministrazione repubblicana, che si prevede sarà guidata da Donald Trump.
Perché questo piano strategico ha attirato tanta attenzione negli ultimi mesi?
Le sue proposte di riforme strutturali, molte delle quali redatte da ex funzionari dell’amministrazione Trump, hanno scatenato un dibattito acceso. Tra queste, vi sono richieste di riformare le agenzie federali affinché operino in armonia con i valori dei conservatori.
Il “Project 2025” è suddiviso in cinque sezioni: (1) Il controllo del governo, (2) La difesa nazionale, (3) Il benessere generale, (4) L’economia ed infine,(5) Le agenzie di regolamentazione indipendenti.
Il tema centrale della prima sezione è la fedeltà. Ogni aspetto della ristrutturazione dell’esecutivo mira senza mezzi termini a realizzare politiche conservatrici. La logica è semplice: allineare le agenzie federali agli obiettivi del presidente semplificherebbe il processo di attuazione di un programma conservatore a tutti i livelli di governo.
Un elemento essenziale per qualsiasi elezione resta, naturalmente, il comportamento degli elettori. Chi vincerà tra Harris e Trump dipende non solo dalla loro influenza internazionale o dalla capacità di conquistare gli “swing states“, ma anche dalla partecipazione effettiva degli elettori.
Negli Stati Uniti, l’affluenza alle urne dal 1964 è salita dal 54 al 70%, con gli elettori bianchi che hanno il più alto tasso di partecipazione.
Negli ultimi decenni, l’affluenza tra gli elettori neri si è avvicinata molto alla media nazionale e nel 2008 e 2012, l’affluenza degli elettori neri era superiore alla media nazionale, superata solo dagli elettori bianchi non ispanici. Questo trend è stato attribuito alla nomina di Barack Obama, candidato democratico in quegli anni, dove era il primo candidato afroamericano a correre per un grande partito.
L’affluenza tra gli elettori asiatici e ispanici è molto inferiore alla media nazionale, e in alcune elezioni è stata addirittura inferiore alla metà della media nazionale. Ciò è stato attribuito a vari fattori, quali l’assenza di una tradizione elettorale in alcune comunità o famiglie, la concentrazione delle comunità asiatiche e ispaniche nelle aree urbane (non swing) e un numero molto consistente di giovani (meno propensi a votare).
Il tema dell’accesso al voto non è semplice come dovrebbe essere. Sempre più spesso, votare diventa una questione politica piuttosto che un pilastro della democrazia. Questo accade anche a causa di seggi elettorali che, in un paese vasto come gli Stati Uniti, non sono sempre accessibili per tutti e andrebbero riconsiderati.
Ad esempio in North Dakota, alcune mappe elettorali sono state criticate e rivisitate perché considerate discriminatorie nei confronti della popolazione indigena, che si è trovata costretta a intraprendere lunghi viaggi per votare. Inoltre, questioni burocratiche hanno impedito ad altre comunità di esercitare il diritto al voto, come dimostrato dalla causa intentata dalla Tohono O’odham Nation contro una legge che richiede la prova di residenza con un indirizzo fisico, spesso assente nelle case su terreni tribali.
Negli anni a venire, una sfida importante per gli Stati Uniti sarà quella di ridefinire le “mappe elettorali” al fine di ottenere una configurazione equa e sufficientemente ampia, e di rendere equo l’accesso all’atto democratico del voto a tutte le minoranze.
Sul fronte internazionale, lo scetticismo sulle elezioni e il futuro delle alleanze transatlantiche, continua a crescere. La vittoria di Trump potrebbe ribaltare la situazione attuale dell’Europa. Il tycoon miliardario affronta questioni non da poco: dalla sicurezza per gli accordi bilaterali fino ai patti con la Russia; dagli accordi per il clima fino alle previsioni economiche.
Risaputa è l’amicizia di Trump coi leader più controversi degli ultimi decenni, tra i quali Vladimir Putin, Kim Jong Un, e quella con Benjamin Netanyahu. La Harris invece, più focalizzata sulle alleanze europee, ha stabilito il suo supporto per Israele e anche per l’Ucraina, ormai in guerra dal 2022.
Sulla questione Ucraina invece, JD Vance si è espresso più che chiaramente, constatando che: “gli Stati Uniti «non hanno alcun interesse» a sostenere economicamente e militarmente la causa ucraina”. Questo atteggiamento non è in linea né con il punto di vista della Harris, sostenitrice di ropporto collaborativo con l’Europa, né con le prospettive Europee che stanno considerando una possibile integrazione Ucraina in europa.
Inoltre, mentre la Francia ha appena costituzionalizzato l’aborto, in America è stato proprio Trump a far sì che il diritto di aborto legalizzato a livello federale venisse assegnato alle competenze specifiche dei singoli stati, annullando così lo storico precedente della sentenza “Roe V. Wade” che permetteva alle donne di accedere a cliniche specializzate, e ai dottori di eseguire aborti sulle pazienti senza timori di ripercussioni legali. Dal giorno in cui è stato annunciato questo cambiamento di competenza legislativa,l’Europa è stata attraversata da una forte onda di indignazione che ha messo pressione sui governi per rendere l’aborto ben più accessibile e garantito.
Recentemente, dal Vaticano, Papa Francesco ha espresso le sue perplessità su entrambi i candidati, sottolineando che, sia per il sostegno all’aborto sia per la mancata protezione dei cittadini per mezzo armi, entrambi vanno contro il diritto alla vita.
Dall’Italia, i leader dei tre partiti di maggioranza sono divisi su chi sostenere: la Meloni si è avvicinata a Biden, Tajani, prudente, non prende posizione e Salvini rimane fervido supporter di Donald Trump.
In definitiva, le elezioni del 2024 rappresentano un momento cruciale non solo per gli Stati Uniti, ma per l’intero scenario geopolitico. Da una parte, la candidatura di Kamala Harris, che promette continuità con le politiche di Biden, con un focus sul welfare, i diritti civili e la sanità. Dall’altra, Donald Trump e il suo ritorno con una piattaforma fortemente conservatrice, con il supporto di figure come J.D. Vance che incarnano la visione più polarizzante dell’America.
Il futuro degli Stati Uniti dipenderà non solo dai candidati e dalle loro proposte politiche, ma anche dalla capacità degli elettori di far sentire la propria voce in un sistema elettorale complesso e in continua evoluzione. Queste elezioni potrebbero ridefinire non solo la direzione del Paese, ma anche i rapporti con gli alleati internazionali, l’economia globale e le politiche sui diritti umani. In un contesto così delicato, la partecipazione elettorale e l’accesso equo al voto diventeranno fattori determinanti per decidere chi guiderà la prima superpotenza mondiale nei prossimi anni.
A cura di Costanza Santillo
fonti:
https://www.bbc.com/news/articles/cx924r4d5yno https://www.aljazeera.com/opinions/2024/9/16/project-2025-will-go-on-even-if-kamala-harris-wins-the-us-presidency