L’ECONOMIA DEGLI STUDENTI, quando il tempo vale più di un 30

Ti svegli, segui lezione, pranzi, studi o scrivi la tesi se riesci ti alleni o, alle brutte, lavori ma puntualmente senti di star trascurando qualcosa.

Quante volte, arrivata la tanto temuta sessione d’esami noi studenti ci siamo sentiti sopraffatti? Quante volte abbiamo pensato di dover rispettare le aspettative, di dover “alzare l’asticella” e andare bene a tutti i costi. In questi momenti vorremmo che il tempo si dilatasse, che il giorno dell’appello non arrivasse mai e che Gennaio o Giugno avessero, alla fine, 62 giorni. Questa specie di isteria generale in cui vorremmo poter modificare il tempo come se fossimo un Doctor Who qualsiasi parte dal momento in cui pubblicano le date degli appelli, periodo in cui comincia la famigerata “corsa alla prenotazione” ed è tutto un: “tu quale esame dai al primo?” o “non riuscirò mai a preparare tutto in tempo”. Ma il tempo è tiranno dicevano gli antichi greci e noi sicuramente non possiamo allungarlo a nostro piacimento. Allora il tempo scorre e, soprattutto per gli studenti più disorganizzati, quest’ansia cresce e si diffonde a macchia d’olio man mano che il giorno dell’esame si avvicina e sembra che non ci si ricordi nulla, che tutti gli sforzi per imparare siano stati vani o non sufficienti. Così ci sediamo all’appello in attesa che il professore pronunci il nostro cognome, guardiamo il collega affianco a noi e sicuramente lui saprà più di noi, avrà sicuramente studiato di più e sicuramente si ricorderà proprio quel dettaglio che a noi verrà chiesto all’esame e per il quale il professore o, ancora peggio, il temutissimo assistente ci boccerà. Se lo si guarda davvero attentamente si noterà però che anche lui o lei nutre i nostri stessi timori e ansie. Alla fine noi studenti, preparati o meno, l’ansia da esame non potremo mai superarla davvero e su questo siamo tutti uguali. Ma la differenza fondamentale fra uno studente che riesce nell’ obbiettivo di superare l’esame, magari addirittura con un 30, e uno studente che invece non ce la fa e crolla alla prima domanda, sta proprio nella gestione e nell’equilibrio tra la vita privata-hobby, interessi, passioni, socialità- e la vita accademica. Attenzione, questo articolo non vuole insinuare che basti avere equilibrio nella propria vita per essere uno studente di successo, la base di tutto resta lo studio e questo non può essere sostituito. Uno studente che non studia, oltre che ad essere un ossimoro etimologico, sarà sempre uno studente fallito anche se vive una vita estremamente equilibrata. Ma è indubbio che per vivere al meglio il proprio percorso accademico senza una dose di stress dannosa, serva trovare un equilibrio tra la vita privata e gli impegni lavorativi-accademici in modo tale che i doveri e le responsabilità professionali non ci schiaccino o sovrastino ogni altra attività nella nostra agenda, rendendoci degli automi che esistono solo per svolgere quelle funzioni per cui sono programmati.

A questo punto viene naturale chiedersi che cosa sia questo famigerato equilibrio tra lavoro e vita privata e, soprattutto, come questo si raggiunga. Partiamo dal principio. Nella letteratura esistente, i termini utilizzati per definire il concetto di equilibrio tra vita lavorativa e personale non sono ancora del tutto uniformi e le tematiche che ne supportano le definizioni variano. I primi tentativi di formalizzare questo costrutto si sono basati su due prospettive principali: il conflitto tra ruoli e l’arricchimento tra ruoli. Secondo queste prospettive, l’equilibrio tra vita e lavoro viene spesso descritto come l’assenza di conflitti tra lavoro e vita privata assieme ad un alto livello di conciliazione tra queste due sfere[1]. Altri approcci per concettualizzare l’equilibrio tra vita e lavoro si focalizzavano sull’idea di una distribuzione equa delle energie tra lavoro, famiglia e altri ruoli nella vita. Presso l’università di Lethbridge in Canada la ricercatrice Catherine Kirchmeyer[2], ad esempio, sosteneva che l’equilibrio si ottiene quando tempo, energia e impegno di un individuo sono equamente suddivisi tra i vari ruoli. Parallelamente, il sociologo statunitense Stephen R. Marks e la psicologa sua connazionale Shelley M. MacDermid[3] definivano l’equilibrio tra ruoli come un “pieno coinvolgimento in tutti gli aspetti della vita”. Anche qui gli elementi centrali di questa definizione sono un’equa distribuzione di tempo, coinvolgimento e soddisfazione tra i ruoli lavorativi e non lavorativi. Qualora questo equilibrio dovesse venir meno i rischi sono molteplici, soprattutto per chi è in una fascia d’età delicata come quella del passaggio tra la vita da studente a quella lavorativa, cioè una fascia d’età in cui la scelta della carriera futura e il successo accademico al momento presente possono portare ad alti livelli di stress dannoso. Tra i rischi principali in cui uno studente che si affaccia al mondo del lavoro può incappare vi è lo stress cronico[4], ovvero il sovraccaricamento di lavoro o studio senza concedersi tempo per ricaricarsi con effetti negativi sia fisici che mentali, ad esempio insonnia, mal di testa ed esaurimento emotivo. Un altro effetto negativo può essere il burnout ovvero lo stato di esaurimento emotivo, fisico e mentale ormai molto comune tra giovani che cercano di eccellere sia nel lavoro che nello studio senza concedersi pause adeguate, ad oggi infatti secondo dati ISTAT in Italia il 33% di chi frequenta l’Università soffre di ansia e il 27% di depressione. Inoltre gli studenti che sono sempre più alienati dalla routine fatta solo da lavoro e conseguimento di risultati sono sempre propensi ad avere problemi relazionali poiché, quando il lavoro o lo studio consumano gran parte del tempo e delle energie, le relazioni personali ne risentono, portando a sentimenti di isolamento o conflitti con amici, familiari e partner. Va specificato infine che dare priorità ai propri hobby piuttosto che allo studio non significa essere meno produttivi o meno ambiziosi, anzi. Trovare un equilibrio tra queste due sfere significa aumentare notevolmente la propria produttività dato che lo stato emotivo di ciascuno di noi influenza direttamente ogni aspetto della nostra vita. Non avrebbe senso lavorare così tanto se poi non ci si può godere i frutti di esso e, allo stesso tempo, per lavorare bene bisogna essere in grado di rilassarsi e staccare senza portare nel privato i problemi che sorgono in ambito professionale.

Probabilmente ogni studente almeno una volta nella vita si è sentito dire, dopo aver comunicato un risultato non soddisfacente, magari alla propria famiglia, che avrebbe dovuto o potuto fare di più o che non studia abbastanza o che deve concentrarsi di più sullo studio. Viviamo tutti la stessa vita in fondo. Ciò che spesso non viene percepito dall’esterno ma che per i giovani è un enorme peso, spesso latente, è che qualsiasi giovane che si affaccia al mondo del lavoro e che sia ancora impegnato negli studi si trova a dover gestire un numero elevatissimo di attività e spesso le risorse sia in termini di tempo che di energia sono scarse. La difficoltà principale sta nel fatto che si debba fare affidamento su risorse limitate per gestire in modo equilibrato sia le richieste professionali e studentesche che quelle della vita privata. La prima risorsa, quella più labile, è sicuramente il tempo. Saper amministrare saggiamente il tempo è ormai una soft skill degna di nota a tutti i migliori head hunter del mondo. Per uno studente saper amministrare saggiamente questa risorsa significa saper affrontare una combinazione di lezioni, studio individuale, esami e lavori di gruppo. Con il tempo che sembra sempre insufficiente, i giovani possono sacrificare il riposo e il tempo personale, ma questo può portare a livelli di fatica molto elevati, riducendo la capacità di concentrazione e aumentando la probabilità di burnout. La questione centrale è dunque la distribuzione del tempo nelle diverse attività. Se il tempo dedicato al lavoro o allo studio è sproporzionato rispetto ad altri aspetti della vita, come le relazioni o gli hobby, questo porta inevitabilmente a squilibri. La seconda risorsa, non meno importante, è l’energia sia fisica che mentale. Gli studenti e i giovani professionisti possono trovarsi ad affrontare ripetuti sforzi mentali, come preparare esami, risolvere problemi complessi o prendere decisioni rapide. La fatica mentale riduce la capacità di essere produttivi e concentrati, aumentando lo stress, che può essere definito come “Una condizione in cui un individuo è stimolato e reso ansioso da una sfida avversiva incontrollabile (…) che porta a una sensazione di paura e ansia[5]. Lo stress porta ad un affaticamento mentale e no, purtroppo no, non basta riempirsi di caffeina per superare questa fase. Ciò porta alla fatidica ansia, questo uomo nero che si nasconde nell’armadio di ciascuno di noi. Le pressioni legate agli impegni si accumulano e la mancanza di energia per affrontare le sfide quotidiane può sfociare in un ciclo di esaurimento, in cui la persona si sente costantemente sopraffatta. Consequenzialmente l’esaurimento delle risorse energetiche può anche ridurre la motivazione a completare i compiti. Senza energia mentale e fisica, gli studenti o i professionisti possono essere meno inclini a dedicarsi ai loro obiettivi o a prendersi cura di sé stessi. Un ultimo fattore qui preso in analisi che non va sottovalutato affatto, soprattutto per gli studenti che vivono da soli, sono le risorse economiche limitate. Gli studenti che sono in procinto di concludere il loro percorso di studi o i giovani professionisti alle prime armi nel mondo del lavoro spesso si trovano a dover accettare tirocini non retribuiti, lavori con stipendi bassi o contratti precari. Questo può limitare le loro opzioni e fare in modo che si sentano costantemente sotto pressione economica e la mancanza di risorse economiche può ridurre la possibilità di investire in attività che favoriscano il benessere, come un hobby, l’esercizio fisico, i viaggi o semplicemente una vita sociale sana. La difficoltà nel raggiungere una propria e piena indipendenza economica, tra l’altro, è uno dei motivi per cui i giovani italiani sono tra gli ultimi in Europa a lasciare la propria casa, ad un’età media di 30 anni contro una media europea di 26,4 anni[6].

È altrettanto evidente che rimuginare in modo amletico sulla limitatezza delle proprie risorse non fa altro che alimentare squilibrio, stress e ansia. Bilanciare tempo, energie e risorse economiche e non, sembra l’unica chiave per arrivare ad una situazione di benessere. Quindi la ricerca di un equilibrio resta la chiave per godersi al meglio il proprio percorso accademico e personale anche nelle difficoltà. Certo che detto così sembra facile. È facile dire che basta trovare un equilibrio per stare bene, qualcuno potrebbe dire che è quasi scontato. Di fatto il vero problema sta nel come trovare questo machiavellico equilibrio. In questo senso vengono incontro agli studenti la psicologia positiva e le tecniche di mindfulness. Trovare un equilibrio tra la vita lavorativa e quella personale non è solo una questione di organizzazione del tempo, ma implica un approccio a tutto tondo che abbraccia la gestione delle priorità, il benessere mentale e fisico e una rete di supporto sociale.  La prima strategia fondamentale consiste nel chiarire cosa è davvero importante nella propria vita e nella propria carriera. Si tratta dunque di identificare i propri core values e le proprie character strenghts, in modo tale che si possano precisare degli obbiettivi sia a breve che a lungo termine. Ciò è importante perché, capendo la propria scala di valori, si possono definire meglio le priorità di ciascuno e stabilire quindi degli obbiettivi sia personali che professionali. Il secondo trucco sta in una gestione efficace del tempo. Scandire le proprie giornate creando delle “To Do List” con i calendari sui nostri telefoni o, con delle agendine è un’operazione che ci permette di capire bene il tempo che si vuole dedicare a ciascuna attività, in modo tale che non solo ci si renda conto del tempo che dedichiamo ad ogni compito ma anche quanto una specifica attività sia prioritaria o meno nella nostra routine. Oltretutto il gesto di cancellare dalla nostra agenda le cose che dobbiamo fare è fonte di altissima soddisfazione e ci fa sentire indubbiamente produttivi. Nella frenesia della routine è facile perdere di vista la cura del proprio corpo, “mens sana in corpore sano” diceva Giovenale nelle sue Satire nel 55 DC ca, e ci aveva visto lungo. Un altro trucco sta quindi nel non tralasciare l’esercizio fisico: anche solo 30 minuti al giorno possono servire ad alzare i livelli dell’umore e di energia riducendo lo stress, senza trascurare una buona qualità del sonno-almeno 7 o 8 ore a notte-che ci permette di mantenere la concentrazione e produttività. Ovviamente la vita non è sempre regolare e lo stress e il numero di attività a cui siamo sottoposti varia a seconda del periodo. Un ultimo consiglio sta nel monitorare e riflettere su tutto ciò che ci accade facendo degli aggiustamenti ai nostri programmi qualora sia necessario. Quando ci si sente sopraffatti dalla routine è vitale imparare ad essere gentili con noi stessi, noi non siamo macchine e non possiamo sempre fare tutto perfettamente, bisogna imparare a conoscere i propri limiti ed apprezzarsi per ciò che si è e ciò che si fa, senza darsi standard o obbiettivi irraggiungibili o mettersi a paragone con altri, altrimenti si rischia di incappare in un loop di insoddisfazione perpetua.

Tirando le somme è importante essere consapevoli che avere del tempo libero non è un lusso ma una necessità. Per questo coltivare relazioni con amici e famiglia e dedicare del tempo a noi stessi facendo ciò che ci piace, che sia leggere, dipingere o suonare uno strumento oppure viaggiare, sono tutte attività fondamentali che ci arricchiscono. Sapersi costruire delle abitudini e bilanciarle con la propria professione o con lo studio non serve solo a ridurre lo stress ed essere più produttivi ma anche a vivere una vita più soddisfacente e significativa a tutto tondo.


[1] Duxbury L, Higgins C (2001) Work–life balance in the new millennium: Where are we? Where do we need to go? CPRN, Ottawa

[2] Kirchmeyer C (2000) Work–life initiatives: greed or benevolence regarding workers’ time? In: Cooper CL, Rousseau DM (eds) Trends in organizational behavior: time in organizational behavior, vol 7. Wiley, Chichester, pp 79–94

[3] Marks SR, MacDermid SM (1996) Multiple roles and the self: a theory of role balance. J Marriage Fam 58:417–432.

[4] Robotham, D. (2008). Stress among higher education students: Towards a research agenda. Higher education56, 735-746.

[5] Fink, G. (2016). Stress, definitions, mechanisms, and effects outlined: Lessons from anxiety. In Stress: Concepts, cognition, emotion, and behavior (pp. 3-11). Academic Press.

[6] https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2023/09/04/in-italia-i-giovani-escono-di-casa-a-30-anni-sopra-la-media-europea_76633616-3027-43f4-966b-2c1a0a81f9e1.html.

A cura di Marco Antonio Mollaioli

Bibliografia

ANSA. (2023, settembre 4). In Italia i giovani escono di casa a 30 anni, sopra la media europea

Duxbury L, Higgins C (2001) Work–life balance in the new millennium: Where are we? Where do we need to go? CPRN, Ottawa

Fink, G. (2016). Stress, definitions, mechanisms, and effects outlined: Lessons from anxiety. In Stress: Concepts, cognition, emotion, and behavior (pp. 3-11). Academic Press.

Kirchmeyer C (2000) Work–life initiatives: greed or benevolence regarding workers’ time? In: Cooper CL, Rousseau DM (eds) Trends in organizational behavior: time in organizational behavior, vol 7. Wiley, Chichester, pp 79–94

Marks SR, MacDermid SM (1996) Multiple roles and the self: a theory of role balance. J Marriage Fam 58:417–432.

Robotham, D. (2008). Stress among higher education students: Towards a research agenda. Higher education56, 735-746.

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