‘Il fatto che la vita è una, che ogni avvenimento è uno, comporta la perdita di miliardi di altri avvenimenti, perduti per sempre. Narratore è colui che vuole sottrarsi a questo destino’.
Sono passati quarant’anni dalla morte di Italo Calvino, scomparso il 19 Settembre 1985, eppure la sua penna continua a tracciare il percorso per orientarsi nella complessità del mondo contemporaneo.
Il contributo che Calvino ha dato alla letteratura italiana si estende oltre le sue opere: nella primavera del 1947, il neolaureato scrittore entra in casa Einaudi, e inizia un lavoro redazionale riguardante un “Bollettino di informazioni culturali”, volto alla promozione delle novità letterarie. Inizia a scrivere anonimamente presentazioni per le opere di Balbo, Ginzburg, Panova e tanti altri; traduce decine di classici della letteratura straniera, come Dickens, Conrad, Kipling, Zola, Puskin; per poi passare al ruolo di talent scout: invia centinaia di lettere ad aspiranti autori, dispensando consigli e correzioni, divenendo così mediatore tra gli scrittori esordienti e la casa editrice. L’opera “I libri degli altri” raccoglie parte delle cinquemila lettere che documentano il rapporto tra lo scrittore e altri autori italiani. Racconta il dietro le quinte del mestiere editoriale: la scoperta di nuove uscite, i premi, le polemiche letterarie e le discussioni con i traduttori. È un’ autentica rappresentazione di un’irripetibile fase dell’editoria italiana, i cui protagonisti furono nomi come Vittorini, Pavese, Cassola e Sciascia.

Poco dopo la sua morte, un gruppo di amici dello scrittore istituirono, a Torino, il premio che porta il suo nome. L’obiettivo è stato quello di creare un ponte tra il mondo editoriale e il vastissimo universo della scrittura: il concorso è rivolto a scrittori esordienti e inediti, riprendendo quindi il ruolo di talent-scout che Calvino svolse per tanti anni.
La giuria del premio è costituita da scrittori e critici e non privilegia alcuna particolare linea stilistica o contenutistica, piuttosto, si impegna a riconoscere autenticità e novità letterarie.
Autore di opere sospese tra la fantasia e la razionalità, Calvino è riuscito ad instaurare un vero e proprio dialogo con la scienza: l’opera letteraria diviene mappa dello scibile, e lo scrittore un archivista che riorganizza le informazioni sul mondo, mosso da una spinta conoscitiva quasi enciclopedica.
Nella raccolta “Le cosmicomiche”, spesso categorizzata come narrazione fantascientifica, lo scrittore sviluppa una propria teoria sull’origine dell’universo. In un’intervista rilasciata poco dopo la pubblicazione della raccolta, infatti, egli spiegò la ragione di questa sua scelta: considerando le teorie gravitazionali sviluppate nei primi anni ’20, riteneva insensato continuare a scrivere ignorando totalmente il progresso scientifico. La letteratura doveva tornare ad essere mezzo conoscitivo, richiamando gli scritti di Galileo, scientifici ma scritti con piena coscienza letteraria e sintattica.
Opere come “Le città invisibili”, “Il castello dei destini incrociati” e “Se una notte d’inverno un viaggiatore” sono esempio della perfetta fusione tra matematica e letteratura: quest’ultima assume le caratteristiche del calcolo combinatorio, la narrazione viene scomposta e ricomposta continuamente, quasi come in un puzzle. Da un singolo input conseguono infiniti outcomes, imprevedibili, e il lettore (spiazzato) è costretto ad instaurare un vero e proprio dialogo con l’Io narrante.

L’ultima opera di Calvino, pubblicata postuma nel 1988, riporta il titolo di “Lezioni americane”: è una raccolta di sei lectures presentate all’università di Harvard. È composta da sei argomentazioni volte a migliorare la letteratura del prossimo millennio (il titolo originale è infatti “Six memos for the next millennium”), in cui l’autore definisce sei caratteristiche chiave che la letteratura del futuro avrebbe dovuto possedere: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e coerenza. Sono dispense di consigli per la futura generazione di scrittori, e al contempo critiche alla società moderna: come lo stesso autore afferma nel capitolo riservato all’esattezza, ‘Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l’espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze.’
Senza dubbio Calvino ha rappresentato, e tuttora rappresenta, un pilastro portante della letteratura italiana: dalle sue più note opere, tradotte in decine di lingue e studiate da tutti gli studenti italiani, al contributo che diede in casa Einaudi, scoprendo e rivelando al mondo letterario nuove talentuose penne.
A cura di Chiara Pinna
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