Madagascar in fiamme: la rivolta della Gen Z e la fuga del presidente Rajoelina

In Madagascar la Generazione Z ha incendiato le piazze. Blackout, disoccupazione e corruzione sono diventati la miccia di una protesta che ha travolto il governo e costretto il presidente Rajoelina alla fuga. Ora l’esercito prende il controllo, ma il futuro del Paese resta appeso ad un filo.

Da settimane, le strade di Antananarivo, la capitale del Madagascar, sono percorse da una marea di giovani. Ragazzi e ragazze nati dopo il 2000, cresciuti in un Paese dove la corrente elettrica è un lusso e l’acqua corrente un miraggio, hanno deciso di ribellarsi. Le prime manifestazioni, scoppiate a fine settembre per protestare contro i blackout prolungati e la mancanza di servizi essenziali, si sono rapidamente trasformate in una rivolta politica di dimensioni nazionali. Sui cartelli sono visibili slogan come “Tsy misy ho avy raha tsy fiovana”, traducibile in “non c’è futuro senza cambiamento”. Il movimento, ribattezzato “Gen Z Madagascar”, si è diffuso in rete prima di conquistare le piazze. Attraverso TikTok, Telegram e Instagram, i giovani hanno organizzato flash mob e presidi davanti ai ministeri, chiedendo le dimissioni del presidente Andry Rajoelina, accusato di corruzione e malgoverno.

Rajoelina, soprannominato “TGV” o “DJ” per i suoi esordi da animatore e per la rapidità con cui salì al potere nel 2009 grazie a un colpo di stato, si è trovato improvvisamente senza il controllo della situazione. Dopo oltre dieci anni di potere e una rielezione contestata nel 2023, la sua immagine di “presidente del popolo” si è sgretolata sotto il peso di scandali, disuguaglianze e povertà crescente.

Quando le proteste hanno toccato il cuore della capitale, Rajoelina ha ordinato all’esercito di reprimere le manifestazioni, ma è stato proprio l’esercito a voltargli le spalle. Il corpo d’élite CAPSAT (Corps d’Administration des Personnels et des Services Techniques), che nel 2009 lo aveva aiutato a conquistare il potere, ha annunciato pubblicamente di non voler aprire il fuoco sui manifestanti. Questo è stato il punto di non ritorno. Nel giro di 48 ore, diverse guarnigioni militari e reparti della polizia hanno seguito l’esempio, mentre le folle acclamavano i soldati come eroi e “difensori del popolo”. Il 13 ottobre, Rajoelina ha lasciato il paese fuggendo, secondo fonti locali, verso Mauritius a bordo di un jet privato. Il suo entourage parla di “viaggio temporaneo per motivi di sicurezza”, ma di fatto il presidente è attualmente in esilio.

Con il potere politico vacante, è stato il colonnello Michael Randrianirina, comandante del CAPSAT, a prendere le redini del Paese. In un discorso trasmesso in diretta televisiva, Randrianirina ha dichiarato che “l’esercito agirà come garante della transizione” e ha promesso nuove elezioni entro 24 mesi. Tuttavia, molti osservatori temono che la promessa sia solo di facciata. L’Alta Corte costituzionale, già accusata di collusione con il vecchio regime, è stata sospesa insieme al Senato e alla Commissione elettorale. L’Unione Africana ha reagito immediatamente, sospendendo il Madagascar dall’organizzazione e chiedendo un rapido ritorno all’ordine costituzionale. Nel frattempo, Randrianirina ha formato un governo provvisorio militare composto da ufficiali e tecnici civili. In un’intervista alla radio nazionale, il colonnello ha affermato di “non volere un colpo di stato, ma una rinascita”. Tuttavia, le immagini dei blindati davanti al palazzo presidenziale raccontano un’altra realtà.

La vera forza di questa rivoluzione sta nei suoi protagonisti, una generazione connessa e disillusa, ma allo stesso tempo straordinariamente consapevole. Molti dei manifestanti non avevano mai votato, né credono più nei partiti tradizionali. Nonostante i giovani rappresentino una parte preponderante della popolazione del Madagascar – i dati UNICEF del 2023 riportano che i due terzi della popolazione sia costituita da under 30 – la Gen Z non aveva mai assunto un ruolo attivo in un movimento di protesta di tale portata. È, dunque, la prima volta che un movimento di giovani malgasci riesce a unire studenti, lavoratori e disoccupati in una mobilitazione nazionale non pilotata dai partiti.

Dietro la speranza, restano però delle ombre pesanti. Le organizzazioni per i diritti umani denunciano almeno 22 vittime e decine di feriti durante gli scontri delle prime settimane. Molti temono che l’esercito, pur acclamato oggi, possa trasformarsi in una nuova forma di potere autoritario. Intanto, l’economia è ferma: banche e ministeri sono chiusi, il turismo è in crisi e la valuta nazionale è in caduta libera. La comunità internazionale osserva con cautela. Stati Uniti e Unione europea hanno condannato la repressione e chiesto un rapido ritorno alla democrazia, ma evitano di riconoscere apertamente il governo militare.

A vent’anni dal primo colpo di stato che lo portò al potere, Rajoelina è di nuovo un uomo in fuga, e il Madagascar si ritrova nel pieno di un nuovo capitolo di instabilità. Per la Generazione Z che ha acceso la scintilla, la sfida è appena iniziata: trasformare la protesta in politica, la rabbia in cambiamento, la piazza in un progetto di futuro. Come ha scritto un giovane manifestante su un muro della capitale: “Non abbiamo più paura. Ora il Madagascar ci appartiene davvero.”

A cura di Francesco De Paolis

SITOGRAFIA

https://www.france24.com/en/africa/20251002-generation-z-is-stirring-up-rebellion-across-borders-from-morocco-to-madagascar

https://www.economist.com/middle-east-and-africa/2025/10/15/gen-z-revolution-or-military-coup-in-madagascar

https://www.reuters.com/world/africa/madagascar-president-rajoelina-address-nation-monday-evening-2025-10-13/

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