Elezioni in toscana: la sinistra è in crisi e non sembra rialzarsi

Le recenti elezioni in Toscana hanno confermato una teoria recente: l’opposizione è in crisi e non sembra risollevarsi. Ma la domanda è: perché?

Con il 53,9% Eugenio Giani, candidato del centro-sinistra, ha vinto le elezioni in Toscana, seguito con il 40,9% da Alessandro Tomasi del centro-destra. La sinistra è così riuscita a vincere la sua prima regione in questo round elettorale, ma se si analizza in maniera più attenta il contesto in questa vittoria è avvenuta, essa risulta probabilmente solo parziale e illusoria. 

Comunemente, la Toscana viene definita ‘regione rossa’ per la sua vicinanza storica con la sinistra della Prima repubblica, rappresentata dal Partito Socialista Italiano (PSI) e dal Partito Comunista Italiano (PCI). Con uno sguardo approssimativo, considerando solamente chi ha vinto le elezioni, il blocco progressista ha confermato il suo monopolio toscano vincendo con la maggioranza assoluta. Ciononostante, la destra è riuscita ad accaparrarsi più del 40%, che potrebbe significare perdita di terreno da parte della sinistra anche nella sua principale roccaforte. Per rendere questo dato ancora più rilevante, bisogna evidenziare che, nel 1990, il primo partito di centro-destra in termini di consensi era il Partito Repubblicano con il 3,5%. Quest’anno Fratelli d’Italia (FDI) ha preso più del 20%. Ecco perché questa vittoria non è stata per nulla schiacciante, ha anzi ha confermato un consenso generale a livello nazionale per la coalizione di maggioranza, e una sfiducia nei confronti della sinistra persino in una regione irriducibile come la Toscana. 

Che ci sia uno slittamento dei consensi verso i partiti più conservatori non è una novità; infatti, negli ultimi anni partiti di tutta Europa, esponenti di una destra conservatrice e più radicale hanno guadagnato una quantità significativa di punti nei sondaggi. L’enorme popolarità di partiti come Rassemblement National (RN) in Francia, Reform UK in Gran Bretagna e il partito di estrema destra AfD in Germania sono esempi della crisi dei valori social-democratici in Europa e nel mondo. Ma quali sono i motivi di questa crisi in Italia?   

La principale imputata è la segretaria del Partito Democratico (PD), Elly Schlein, la cui leadership viene incolpata della deriva radicale del maggior partito di sinistra nel Paese. All’interno del partito c’è una grande separazione tra le ali più moderate e quelle più radicali, che non sembrano riuscire a trovare un accordo sugli obiettivi e modalità della competizione politica. Dall’esterno infatti, il PD, invece che partito politico attivo nelle istituzioni, sembra essere diventato un’entità dedita esclusivamente all’attivismo, extra-parlamentare e con una grandissima attività di protesta insieme a sindacati a sé vicini, come la CGIL. È questa radicalizzazione che ha allontanato la fascia più moderata degli elettori, che non rivede più i valori socialisti ed egualitari che ricerca nel PD. Per riassumere, sembra essere venuto meno il canale di comunicazione tra l’elettorato e il partito. La sensazione che si ha è che il PD è passato da essere un partito che lottava per i lavoratori, che sosteneva l’ideale socialdemocratico, figlio di quella sinistra della prima Repubblica rappresentata dal PCI e dal PSI, al trasformarsi un partito il cui punto principe dell’agenda politica sia la tutela dei diritti civili: a una parte consistente dei suoi elettori, sembra che i vertici si stiano dimenticando di quella parte di popolazione che la votava perché sperava in un aumento dei salari o migliori condizioni lavorative. L’opposizione continua a battersi per l’introduzione del salario minimo ed un aumento del welfare, ma tutto ciò sembra essere molto inefficace davanti ad una maggioranza unita che non sembra avere intenzione di mollare i propri principi. Sebbene ci sia una forte opposizione a parole, i fatti e le proposte non sembrano scalfire la coalizione al governo.

Inoltre, al contrario della maggioranza, il Campo largo non sembra proprio trovare un’unione solida e duratura. Vi è una forte differenza, facilmente percepibile, tra gli obiettivi dei singoli partiti all’interno dell’opposizione. Anche in queste elezioni non sono mancati bisticci e litigate, uno su tutti il mancato appoggio del leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte al candidato Giani in Toscana. Queste divergenze sono lo specchio di una coalizione che non offre una reale alternativa.

La sinistra è in crisi, ormai è chiaro ed evidente e, anche dopo più di tre anni di opposizione, non sembra riuscire a venirne fuori. Mancanza di una leader forte ed autorevole, radicalizzazione del dibattito, assenza di comunicazione tra elettori e partito ed infine litigi costanti con i compagni d’opposizione rendono la strada verso le politiche del 2027 molto in salita. Queste stesse problematiche sono i punti di forza che rendono la maggioranza stabile sia in Parlamento che nei sondaggi. Giorgia Meloni è riuscita a creare una coalizione che si presenta unita, con un leader definito e delle idee precise. Inoltre, contrariamente a quanto affermano gli esponenti di spicco della sinistra, le idee di questa destra prendono sia una fascia più estrema che la parte “centrale” dell’elettorato.

Per concludere, non sono i valori della sinistra ad apparire obsoleti e non in linea con le tematiche moderne, ma chi rappresenta questi valori sembra non essere all’altezza dell’incarico di guidare una coalizione alla vittoria elettorale. Da anni il dibattito è fermo ad accuse reciproche per screditare pubblicamente gli avversari, non avendo altro risultato che la polarizzazione dell’opinione pubblica, che diventa sempre più radicale e che assume queste stesse modalità dimenticandosi di principi etici come il rispetto e la libertà di pensiero.

A cura di Giovanni Manassero

Fonti: 

https://pagellapolitica.it/articoli/risultati-elezioni-regionali-toscana

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