E’ comune chiedersi se la storia si ripeta all’infinito. Ci si chiede se ciò che è successo allora influenzi le decisioni di oggi. Nella teoria la risposta a questa domanda è Si, fatto un errore si impara ma, come sappiamo bene, la pratica è una cosa diversa e quello che stiamo affrontando in questo periodo è la storia che si ripete e l’uomo che riproduce gli stessi errori. L’odierno scontro tra Usa e Cina viene a bussare alla nostra porta come un fantasma che prende il nome di “seconda Guerra fredda” portando con sé una battaglia che si combatte fuori dall’atmosfera terrestre: lo spazio.
Impossibile perdere il passo
Come ci insegna la storia il 12 settembre 1962 il presidente John Kennedy affermava: «Nessuna nazione che aspiri a essere alla guida delle altre può attendersi di rimanere indietro nella corsa per lo spazio» Quindi la promessa: «Abbiamo deciso di andare sulla Luna entro questo decennio». Il Presidente rimase fedele a ciò che aveva detto e il mondo vide per la prima volta l’uomo mettere piede sulla Luna. Le mire “espansionistiche” per il controllo dei cieli si presentavano perfettamente al gioco della competizione politiche tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Nel contesto della Guerra Fredda, per Usa e Urss, lo spazio divenne il nuovo campo di battaglia. Oggi nel 2021, quasi 60 anni dopo il discorso di John Kennedy, la storia si ripete ed assistiamo ad una “seconda guerra fredda” tra Usa e Cina rintracciando così una linea di continuità con le dinamiche della guerra fredda. Dagli anni ’50, le dinamiche politiche nello Spazio sono cambiate, il bipolarismo è venuto meno e altre Nazioni si sono aggiunte alla schiera di cosmonauti: Francia, India, Giappone ma soprattutto Cina. A nessuna di loro è mai sfuggito però il potenziale conflittuale delle risorse spaziali. La tentazione di riservarsi un posto privilegiato nella competizione internazionale deve esercitare un certo fascino anche nel vuoto cosmico dell’Universo.
Dalla fine della Guerra Fredda a oggi il sistema politico internazionale sta vivendo una fase di profondo cambiamento. In questo lungo periodo alcuni eventi hanno contribuito ad accelerare questo complesso processo di trasformazione. Questa fase, ovviamente, interessa contemporaneamente più̀ aspetti e più̀ dimensioni della vita e della società̀, dalla politica all’economia alla cultura ed è probabile che con gli eventi dell’ultimo anno e mezzo, dopo lo scoppio della pandemia da Covid-19, possa subire una nuova svolta. In questo periodo di tempo, si sono anche affermati due processi di portata globale, avviati già da tempo e collegati tra loro: la globalizzazione economica e l’esplosione della rivoluzione tecnologica e digitale, che hanno inciso fortemente in tutto il mondo rendendo le economie dei singoli paesi sempre più̀ interconnesse e interdipendenti, accorciando distanze e riducendo spazi e tempi. In questa nuova fase si inserisce l’ascesa della Cina come nuova potenza globale. Un’ascesa che getta le proprie basi alla fine degli anni Settanta e inizio anni Ottanta, quando il mondo era concentrato sul confronto bipolare tra Usa e Urss.
Il cielo si fa sempre più “stellato”
Il rilancio della politica spaziale americana degli ultimi anni si inserisce nel contesto di una competizione intergalattica con la Cina. Nell’ultimo periodo abbiamo potuto constatare un rilancio della visione spaziale americana dalla presidenza Obama in poi. La Capsula Crew Dragon ha così inaugurato una nuova era di presenza statunitense nello spazio dall’ultimo volo dello shuttle Atlantis. Inoltre l’ingresso di imprenditori della tech come Elon Musk e Jeff Bezos ha dato inizio ad un rinnovo della politica spaziale statunitense chiamato New space. E’ proprio per questo che negli ultimi anni la Cina ha ampliato la propria presenza nello spazio, incrementando il numero di satelliti e sonde sotto il suo controllo nell’orbita terrestre. A testimonianza di questo trend, vi è innanzitutto il lancio, verso la fine novembre, di un razzo della classe Long-March 5, che ha veicolato la sonda Chang’e-5 sulla Luna, nell’ambito di una missione scientifica volta a prelevare campioni di roccia da analizzare. Solo due mesi prima altri due lanci avevano proiettato in orbita due satelliti che avrebbero completato la rete di navigazione satellitare di terza generazione di Bei Dou. Questo sistema, originariamente nato per servire le forze armate, fornisce oggi una copertura migliore del GPS nell’85% delle capitali mondiali, a testimonianza degli enormi passi avanti compiuti dalla potenza asiatica in questo settore. I suoi servizi, che trovano applicazione in svariati ambiti, tra cui quello della finanza, dei trasporti e delle telecomunicazioni, potrebbero essere distribuiti a livello globale tramite la Belt and Road Initiative (BRI), il vettore principale cui Pechino ricorre per diffondere i propri standard tecnici e industriali, oltre che i propri prodotti, nel blocco Afro-Eurasiatico. Inoltre, per fornire copertura di rete nelle zone più remote del pianeta scarsamente servite dai satelliti maggiori, la Cina starebbe anche esplorando la possibilità di produrre dei micro-satelliti tramite il coinvolgimento di attori privati, sulla falsariga dell’esperienza statunitense modellata sulla partnership tra la Casa Bianca e il brand Space-X di Elon Musk.
Un forte incentivo per la Cina a proiettare la propria potenza nello spazio potrebbe sorgere da un security-dilemma nei confronti degli Stati Uniti, che ad oggi lo dominano grazie alla presenza di un numero di satelliti di gran lunga superiore a quello del rivale asiatico. Stando ai dati dell’UCS Satellite Database, dei 2.787 satelliti in orbita intorno alla Terra, 1.425 sono americani, a fronte dei 382 cinesi. Di questi 1.425, 208 hanno scopi dichiaratamente militari. Per quanto riguarda la Cina invece, i satelliti del PLA (People’s Liberation Army) sono 63, in gran parte lanciati a partire dal 2014, mentre ve ne sono altri 52 con funzioni di geolocalizzazione gestiti da Bei Dou, cui è stata attribuita una potenziale doppia funzione civile e militare (per via del fatto che risultano sotto il controllo del Ministero della Difesa cinese) .
Di fronte a questa disparità e alla crescente attenzione posta da Pechino verso lo spazio si può solo dedurre che questa dimensione sia destinata a diventare una nuova frontiera della contesa globale e che lo spazio diventi così un nuovo ambito strategico per le due potenze nel quale posizionarsi per assicurarsi vantaggi competitivi di natura sia politico-economici sia militare. Infatti, nel solo 2019 Pechino ha lanciato 34 razzi nello spazio, che hanno introdotto nell’esosfera un totale di 70 nuove sonde, soprattutto con funzione di geo localizzazione. Gli Stati Uniti preoccupati per l’ascesa di Pechino, sempre nel 2019, hanno istituito una nuova sezione all’interno dell’Air Force chiamata US Space Force (USSF) , specificamente dedicata alla difesa spaziale, per cui sono stati destinati oltre 15 miliardi di dollari solo nel 2021. Tutto questo perché se da un lato Washington è preoccupata di soccombere alla Cina, essa non rinuncerà ad investire nei programmi spaziali per cercare di superarla con la conseguenza che il proprio rivale farà lo stesso.
Se l’aquila e il dragone concordano nel ritenere lo spazio della politica globale come un gioco a somma zero, allora il margine di coesistenza pacifica tra le nazioni si fa sempre più stretto. Al di là che la militarizzazione dello Spazio da parte cinese sia per alcuni una minaccia imminente, l’idea che vi sia continuità tra lo scontro ideologico della Guerra Fredda e le contingenze storiche attuali ci dà uno spunto di riflessione importante: i giochi geopolitici sulla Terra si riflettono nelle dinamiche aerospaziali. E’ possibile pensare che in un futuro prossimo questa “nuova guerra fredda” si sviluppi nello spazio?