I dati condivisi da tutti gli utenti e raccolti da moltissime compagnie giocano, oggigiorno, un ruolo fondamentale nella società in cui viviamo.
La globalizzazione, la crisi economica e la diffusione di nuove tecnologie ha cambiato radicalmente il modo in cui le persone si rapportano al mondo e viceversa.
In questo campo, innovativo a dir poco, si affacciano nuove sfide e nuovi limiti: come gestire la privacy di un utente? È giusto condividere informazioni private con aziende che le strumentalizzeranno? Che leggi tutelano le due parti?
La risposta corretta risiede, come per tutte le cose, nel mezzo.
Sfortunatamente questa non è stata la risposta che i diversi Paesi hanno dato quando i primi bagliori della problematica sono apparsi.
Alcune nazioni hanno attuato un piano d’azione unico, altre si sono distinte, mentre altre si sono avvicinate all’argomento con cautela, attuando poche o nulle restrizioni.
L’America, per esempio, ha attuato solo negli scorsi anni leggi più severe a tutela dei suoi cittadini. Ricorderemo tutti che nel 2018 il caso di Cambridge Anaytica fece scalpore.
Una società che raccoglie, elabora e profila i propri utenti con l’unico scopo di rivendere i dati ottenuti non fa fare una poi così bella figura al paese. Edward Snowden rimarrà per sempre l’uomo che si è opposto al regime democratico “più democratico della terra” in nome della tutela della privacy.
In Germania invece le cose sono state gestite con pugno molto più serrato (visti anche i trascorsi storici). Da sempre i tedeschi hanno implementato leggi che tutelino il cittadino e che evitino qualsiasi tipo di uso improprio dei dati.
Altri paesi, come la Cina, invece cercano di raccogliere più informazioni possibili in nome del: ‘fornire un servizio più accurato ai cittadini’. È da qui che nascono le Smart Cities, ovvero città che rispondo ai bisogni degli utenti ancor prima che essi si accorgano di aver realmente quella necessità. Per fare ciò però le persone sono sottoposte ad un monitoraggio continuo che riguarda addirittura un controllo delle espressioni e dei movimenti. Vengono monitorati anche gli incontri che le persone fanno durante la loro vita quotidiana.
In molti pensano che i servizi offerti da app gratuite siano, come afferma la parola stessa, ‘free’ ma non è esattamente così. In cambio del servizio offerto dall’applicazione o da qualsiasi altro sito o risorsa IT, l’utente paga con il rilascio dei propri dati.
Le persone non si rendono conto di quanto preziose queste informazioni siano e le svendono come ad un mercatino dell’usato.
In Italia il problema si è posto solo negli ultimi anni. Ponendo non pochi quesiti e scontri.
Al momento, seguendo anche le line guida dell’Unione Europea ci troviamo con un GDPR adeguatamente ideato. Il problema però sorgerà tra non poco tempo, vista la continua evoluzione di queste risorse.
E allora? Cosa si farà?
La tematica è troppo recente e contorta per poter trovare una soluzione e risposta univoca.
Ogni Paese, governo e nazione si adopera al meglio, o almeno come meglio crede, per fronteggiare tutte le sfide che i tempi moderni pongono.
Possiamo solo sperare che l’impegno di tutti coloro che lavorano a tali tematiche sia sufficiente per garantire una giusta tutela di tutte le parti coinvolte (utente, azienda e governo).
Per chi non conoscesse la storia si consiglia la visione del film ‘Snowden’ del 2016.
A cura di Carlotta Conversi
Fonti
1. Shoshana Zuboff. Big Other: Surveillance Capitalism and the Prospects of an Information Civilization
3. https://ilmitte.com/2021/03/germania-raccogliere-i-dati-degli-utenti-su-internet-privacy-a-rischio/
4. https://www.aclu.org/other/privacy-america-computers-phones-and-privacy
5. https://it.wikipedia.org/wiki/Privacy
6. https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-3-319-94180-6_13