25 NOVEMBRE 2022: GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

Di rosso, il calendario solitamente segna i giorni di festa. Oggi, esso si tinge di rosso a prescindere da quanto viene celebrato, dal riconoscimento di tale ricorrenza nel mondo. Il 25 novembre, dal 17 dicembre 1999, si tinge di rosso dopo che con la risoluzione numero 54/134, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituisce la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne.

Il 25 novembre 1960, nella Repubblica Dominicana, furono uccise tre attiviste politiche, le sorelle Mirabal (Patria, Minerva e Maria Teresa) per ordine del dittatore Rafael Leonidas Trujillo. Quel giorno le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente.

Nel 1981, nel primo incontro femminista latinoamericano e caraibico svoltosi a Bogotà, in Colombia, venne deciso di celebrare il 25 novembre come la Giornata internazionale della violenza contro le donne, in memoria delle sorelle Mirabal.

Nel 1991 il Center for Global Leadership of Women, avvia la Campagna dei 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere, proponendo attività dal 25 novembre al 10 dicembre, Giornata internazionale dei diritti umani.

Se la giornata è stata formalmente istituzionalizzata ben 23 anni fa ormai, é purtroppo vero che, ad oggi, le donne vengono spesso considerati strumenti di sfogo, di crudeltà, oggetti, private della loro dignità umana e morale, la loro condizione viene considerata minore in determinate situazioni, con valore pari a zero. La donna, simbolo di purezza e bellezza, spesso costretta ad una quotidiana sofferenza, ad una violenza costante non solo fisica, ma anche verbale, psicologica, morale. Una violenza che si estende spesso tra le mura domestiche, che troppo intensamente racchiudono urla e lacrime, che non lasciano scampo a grida impercettibili, che non permettono a chi affronta tale quotidiano ostacolo di sfidarlo.

C’è tuttavia chi alza la testa, respinge il dolore e denuncia l’abuso, i colpi, l’omertà. C’é chi si ribella a un destino per nulla assegnato, ma solo da cambiare; C’è chi non dimentica, chi riesce a riprendere in mano le redini della propria vita ma c’è anche chi si arrende. Chi non lotta e subisce, chi dimentica il proprio valore e la propria importanza, chi si nasconde dietro l’occhio della paura. Chi non ha voce, ne braccia, ma solo un volto pieno di lividi e rassegnazione.

E allora è giusto che, per queste persone, quella di oggi non sia soltanto una giornata di celebrazione ma un giorno di partenza verso un percorso che porterà ad un miglioramento, al concretizzarsi di una protezione più forte e concreta di chi non riesce a liberarsi da questo peso sulle spalle a causa del timore che esso genera.

Uno schiaffo, un livido, uno sguardo abbassato, sono segno di sconfitta; un sorriso, un volto disteso, una carezza di conforto, sono il segno dell’evoluzione di una società in grado di prendersi cura di questa creatura così strana, impacciata ed enigmatica che ciascuna donna rappresenta. Non importa come si possa agire, intervenire, come si possa fermare la violenza. Purché essa un giorno possa essere soltanto un lontano ricordo.

La prima grande rilevazione globale, con dati provenienti da tutto il mondo, è stata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e pubblicata nel 2013, con l’obbiettivo di rilevare dati relativi alla violenza sulle donne ad opera del partner, e di documentarne gli effetti sulla salute psicofisica delle vittime di violenza. Il risultato ha messo in luce un dato sorprendente: nel mondo mediamente il 35,6% delle donne aveva subito violenza fisica e/o sessuale da parte del proprio partner, o violenza sessuale da parte di un non partner. In particolare, il 38% degli omicidi a danno di donne erano stati compiuti da loro partner. 

Questi dati non dovrebbero soltanto darci conto della realtà nella quale ad oggi, dopo 9 anni dall’indagine, viviamo ancora. Dovrebbero terrorizzarci, e spingerci insieme a fermare tale abominio.

Pertanto oggi, 25 novembre, ma anche ieri, domani e sempre, impegniamoci per trasformare la violenza in forza, le grida in determinazione, i lividi in nuove opportunità e possibilità perché nessuno di noi può fare tutto, ma tutti possono fare qualcosa affinché il rosso sia soltanto il colore simbolo di questa giornata così importante, e non quello di sangue ingiustamente versato.

A cura di Giulia Galletti

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