“Il mio sogno democratico messo alla prova dalla realtà”

Il termine “democrazia” deriva dal greco sñμoç (démos) e kρátoc (kratos), letteralmente “governo del popolo”. (Erodoto, 440-430 a.C.) Questa nozione l’ho portata con me sin dalle elementari, dal primo momento in cui lessi la pagina del manuale di storia dedicata agli ateniesi. Pensai che nessun concetto potesse essere tanto puro. Nel corso degli anni tale ideale è venuto a sfumare nel mio cuore, macchiandosi a causa delle sue applicazioni pratiche e dalla scoperta del carattere utopico della stessa democrazia greca. Appresi che il démos dell’antica Atene rappresentava un’élite di individui, una percentuale esigua rispetto alla popolazione nella sua totalità: donne, stranieri e schiavi erano esclusi da ogni forma di partecipazione. (Pecora, 2011) Chissà se è stato proprio questo il motivo che spinse Platone a definire la democrazia come una tendenziale “oclocrazia”, una forma di governo che favorisce tirannia delle masse e forme di demagogia (Clarizia 2018 web).

Nonostante le varie teorie contrastanti sviluppate nel corso dei secoli, è bene domandarsi se oggi rappresenti una reminiscenza di un sogno irrealizzabile, non solo mio. La democrazia ha percorso una strada lunga e tortuosa per arrivare alle versioni moderne, ma temo presenti gli stessi buchi neri che risucchiarono la formula ateniese di secoli fa. Se nell’antica Grecia le persone erano impossibilitate a prender parte alle attività decisionali, oggi queste limitazioni non esistono, ma sono sostituite da anomalie come corruzione, instabilità politica e disaffezione alla partecipazione di cittadini e cittadine.

Si rischia, dunque, di considerare la democrazia un obiettivo a cui aspirare mai realizzabile nella forma migliore? Se per democrazia si intende un modello di società che rappresenta il massimo livello di giustizia e partecipazione politica, risulterebbe complicato far coincidere questa definizione con i sistemi (definiti) democratici dell’epoca moderna. (Gentile, 1916) Essi, infatti, sono caratterizzati da un sempre più ridotto tasso di partecipazione alle elezioni, dalla disuguaglianza economica e sociale, e minacciati da corruzione e ingerenze esterne. (Alteri, Andretta, Cirulli, de Nardis, Forno, et al, 2008).  Trattando poi nello specifico del caso italiano e della sua “eccentricità”, mi incute timore il coinvolgimento diretto di un popolo che procede per inerzia, a suon di chiacchiere da bar, nella definizione dei propri ideali e obiettivi.

Risulta complesso, se non impossibile, ricercare le cause specifiche del disinteresse dell’opinione pubblica verso gli oneri e gli onori derivanti della partecipazione attiva alla vita politica; tuttavia, una radice di questo fenomeno emerge dall’analisi degli anni Ottanta e dal “mito della società civile” (Magno, 1228). In quegli anni la critica alla politica fu talmente trasversale da investire tutti i partiti, tanto da generare un forte malcontento sociale e una crescente sfiducia nei confronti della classe politica. Nel frattempo, l’inchiesta di “Mani pulite”, che prese avvio nel 1992, portò alla luce un vasto sistema di corruzione e tangenti che coinvolgeva esponenti ai vertici politici, economici e istituzionali. (Piattoni, 2018) Ciò alimentò il rancore della popolazione verso una classe dirigente allo sbaraglio e ormai delegittimata. Il momento dell’ “antipolitica” (Sartori, 1969) era giunto alle porte: la fine della Prima repubblica era segnata e, l’inizio della Seconda, minato dalle malattie che avevano causato la fine della precedente. (Sartori, 1969) Il sistema tentò di risollevarsi, in parte riuscendoci come nel caso della “Legge elettorale” del 1993 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, n. 204, 31 agosto 1993), ma continuò e continua tutt’oggi a conservare problemi di “storica” tradizione, come clientelismo e corruzione (Piattoni, 2018).

La risoluzione di questi problemi deve essere trovata dallo Stato, di comune impregno con la cittadinanza. Solo attraverso una maggiore consapevolezza politica e la partecipazione attiva alla vita pubblica, l’Italia può progredire verso una democrazia sempre più matura e inclusiva.

L’esistenza pratica della democrazia, quindi, non è preclusa dalla sua desiderabilità come prototipo teorico. Elezioni libere e periodiche, separazione dei poteri, stato di diritto, libertà civili e politiche sono istituzioni e processi definibili democratici che si trovano a fondamento degli ordinamenti istituzionali di molti paesi. In questo senso essa può essere vista come un processo dinamico, in cui l’archetipo su cui si basa la realtà pratica viene messo a costante prova, e potrebbe migliorare, attraverso la partecipazione più attiva della cittadinanza e un maggiore interessamento alla lotta per diritti e giustizia sociale. Citando Giovanni Sartori, si può asserire che

un elemento ideale o normativo è davvero costitutivo della democrazia: senza tensione ideale una democrazia non nasce e, una volta nata, rapidamente si affloscia. Più di qualsiasi altro regime politico la democrazia va controcorrente, contro le leggi inerziali che governano gli aggregati umani. Le monocrazie, le autocrazie, le dittature, sono facili, ci cascano addosso da sole; le democrazie sono difficili, debbono essere promosse e credute (Sartori, 1987)

Concludo, descrivendo l’ideale come una condizione desiderabile, nonostante spesso irraggiungibile, che si discosta dallo stato attuale delle cose. La sua origine e la sua creazione determinano la sua funzione e il suo scopo. Se esso nasce in relazione al reale, allora il suo compito consiste nel contrastare e bilanciare la realtà. Le democrazie liberali sono, dunque, il risultato reale derivato dalla realizzazione di archetipi che sospingono il mondo verso una direzione migliore. In questo senso, l’ideale rappresenta un criterio che indirizza le varie forme istituzionali verso un progresso costante. È dannoso per la democrazia stessa sviluppare in maniera estrema la deontologia democratica: essa potrebbe generare effetti opposti a quelli desiderati.  In questo senso risulta esemplificativo il pensiero di Johann Kaspar Bluntschli: “political science has had a very important share in altering the actual character of the state and the ideal of what it should be. Modern political theory preceded modern political practice, and has generally accompanied and pointed out the way for change. More rarely, theory has followed facts”. (Bluntschli, 1895) L’affermazione sottolinea l’importanza dell’equilibrio tra la politica realistica e quella idealistica. Questi due principi non dovrebbero essere considerati quali opposti o alternativi, quanto piuttosto come interdipendenti e correlati. Un governo esclusivamente realistico rischia di essere eccessivamente pragmatico, perdendo di vista gli obiettivi più elevati; una politica che sia solo idealistica rischia di essere troppo astratta e di ignorare le realtà concrete del mondo. Dunque, per essere efficace e rilevante per la società, la politica democratica moderna dovrebbe trovare un equilibrio tra questi due assunti (Sartori, 1993).

A cura di Gloria Miccoli


BIBLIOGRAFIA

Alteri, Luca e Massimiliano Andretta, Adriano Cirulli, Fabio de Nardis, Francesca Forno, et al. “La sfida di Partecipazione e Conflitto”. Partecipazione e conflitto – PArticipation and COnflict, 2008, pp.5 – 192. <hal-03600623> [Ultimo accesso: 26 aprile 2023].

Bluntschli, Johann Kaspar. The Theory of the State, (1895). Batoche Books, 2000. Online: <https://core.ac.uk/download/pdf/7049076.pdf&gt; [Ultimo accesso: 26 aprile 2023].

Clarizia, Giulia. “L’oclocrazia dei nostri giorni, ovvero il governo delle masse”, Fondazione Pietro Nenni, 23 giugno 2018 < https://fondazionenenni.blog/2018/06/23/loclocrazia-dei-nostri-giorni-ovvero-il-governo-delle-masse/&gt; [Ultimo accesso: 26 aprile 2023].

Erodoto e Tucidide. Storie – La guerra del Peloponneso, 2013. Milano: Rizzoli <https://www.perlego.com/book/3304659/storie-la-guerra-del-peloponneso-pdf&gt; [Ultimo accesso: 28 aprile 2023).

Fioravanti, Gianfranco. “‘Politiae orientalium et aegyptiorum’. Alberto Magno e la ‘politica’ aristotelica.” Annali Della Scuola Normale Superiore Di Pisa. Classe Di Lettere e Filosofia, vol. 9, no. 1, 1979, pp. 195–246. JSTOR, <http://www.jstor.org/stable/24303181&gt; [Ultimo accesso: 26 aprile 2023].

Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, testo n. 204, 31 agosto 1993.

Gentile, Giovanni. La filosofia della storia, (1916), Milano-Firenze: Le Lettere, Collana: Giovanni Gentile-Inediti e rari, 2008.

Pecora, Gaetano. Libertà dei moderni, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2011.

Piattoni, Simona. “Ma la politica italiana può ancora definirsi clientelare?”, Quaderni di Sociologia, 78 | 2018, 61-75.

Sartori, Giovanni. La politica: logica e metodo in scienze sociali, Bologna: Il Mulino, 1969.

Elementi di teoria politica, il nucleo normativo della democrazia, Bologna: Il Mulino, 1987.

—  Democrazia, cosa è, Milano: Rizzoli, 1993 (capitolo 3: la questione del realismo)

Tanner, Albert. “Elite”, Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione del 23.10.2006 (traduzione dal tedesco). Online: <https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/015985/2006-10-23/#_hls_references&gt; [Ultimo accesso: 26 aprile 2023].

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