Per molto tempo il continente africano è stato ritratto come un insieme di realtà economicamente e politicamente instabili, prigioniere di un circolo vizioso fatto di poteri pubblici predatori, conflitti latenti e povertà diffusa. I dati statistici degli ultimi decenni segnalano però che un cambiamento è possibile: l’Africa può divenire una terra di opportunità economica.
Ad essersene accorta è sicuramente la Repubblica Popolare Cinese che da circa vent’anni sta investendo miliardi di dollari nel continente. Mentre la Belt and Road Initiative è stata proposta solo nel 2013, il primo progetto infrastrutturale è stato costruito anni fa, quando, negli anni 2000, la Cina e gli Stati africani hanno iniziato a sancire le loro relazioni attraverso il FOCAC[1], nato come piattaforma per collaborare sulla base dei principi dell’uguaglianza, del mutuo vantaggio, dello sviluppo comune e dello svincolo dalle condizioni politiche. Essendo stata la Cina vittima dell’imperialismo europeo, quando si avvicina al continente africano, lo fa da partner eguale e vede in esso un mercato ancora non sfruttato, a differenza dell’Occidente che adotta un’attitudine paternalistica verso l’Africa, vista solo come luogo di scontro e guerre. A riprova di ciò, il presidente del Gabon, Ali Bongo, definì i cinesi come coloro che “investono ma non fanno domande, non vogliono essere coinvolti nelle questioni interne del paese[2]”, le stesse questioni interne che per molti sono sinonimo di “diritti umani”. L’ambasciatore cinese in Africa, Zhong Jianuha, rispose alle accuse che seguirono tali dichiarazioni affermando che anche i cinesi fanno domande, ma in uno stile diverso. Nelle sue parole: “la Cina rispetta le persone che occupano le poltrone di presidenti e non tratta i leader africani come se fossero studenti[3].”
Ma perché la Cina è così interessata alle dinamiche africane?
Innanzitutto, l’Africa è un continente ricco di risorse energetiche e il Dragone ha un costante bisogno di importare petrolio e gas naturale per soddisfare la sete energetica domestica; poi, rappresenta uno snodo fondamentale nella Nuova Via della Seta; e per concludere, l’installazione cinese nei porti nordafricani consente a Pechino di affacciarsi sul Mare Nostrum e quindi monitorare l’Europa.
Gli elementi che facilitano l’espansione cinese in Africa sono fondamentalmente sei. Le imprese cinesi sono competitive: il prezzo dei beni e dei servizi offerti risulta adeguato al livello di reddito dei cittadini africani. La diplomazia cinese è efficace, caratterizzata da vertici di capi di Stato e visite reciproche da parte di esponenti dei gruppi dirigenziali, aventi per scopo la costruzione di un’immagine della Cina di una grande potenza propensa alla collaborazione con la comunità internazionale e alla salvaguardia della pace. La strategia di soft power, che sa persuadere, convincere ed attrarre tramite risorse intangibili come cultura e valori, in contrapposizione alla classica nozione di hard power, basata soltanto su indici quantitativi come popolazione e capacità militari reali, è rafforzata dall’incremento delle borse di studio e dei corsi di formazione per studenti africani e dall’istituzione di nuovi centri di lingua e cultura, come gli Istituti Confucio. I programmi di assistenza allo sviluppo, la costruzione di nuove infrastrutture, e la realizzazione di zone economiche speciali sono poi altri tre elementi che aiutano questa espansione sul suolo africano[4].
“Servono soldi per fare soldi. E la Cina ha i soldi.”
Nel 2014 il volume d’affari Cina-Africa raggiungeva i 215 miliardi di dollari. Secondo l’agenzia di stampa cinese Xinhua, il 2018 è stato il nono anno consecutivo in cui la Cina si è posizionata al primo posto come partner commerciale del continente africano. I progetti riguardano 30 mila chilometri di autostrade, 85 milioni di tonnellate all’anno di attività portuali, oltre 9 milioni di tonnellate al giorno di capacità di pulizia dell’acqua e circa 20 mila megawatt di generazione d’energia, oltre alla creazione di circa 900 mila posti di lavoro[5]. Cifre esorbitanti, a pensarci. La ferrovia TazaHra, completata nel 1976, è stata costruita per collegare le miniere di rame dello Zambia a Dar EH Salaam[6]. Nel 2017, un’azienda cinese ha aperto una rete ferroviaria in Kenya da 3.2 miliardi che percorre 300 miglia, dalla capitale Nairobi alla città portuale di Mombasa, in sole 4 ore mezza. Più veloce del treno statunitense ad alta velocità Acela Express. Ha poi costruito 526 miliardi di diga in Guinea, permettendo allo stato di passare da un deficit costante di energia a diventarne un esportatore. Infine, ha costruito un sistema ferroviario leggero in Etiopia, ad Addis Abeba, il primo di questo tipo nell’Africa Sub Sahariana, progettato con lo scopo di ridurre drasticamente il traffico paralizzante della città[7].
Anche l’ambito tecnologico, nonostante venga spesso trascurato, ricopre un ruolo rilevante. Aziende come Huawei e ZTE sono presenti da anni in tutti i paesi del Nordafrica (Libia esclusa), e hanno investito nella telecomunicazione. Questo consente il controllo della fibra ottica, dei data center e del traffico dei dati e non fa che accrescere il controllo e l’influenza da parte della grande potenza attraverso il monitoraggio di internet.
Nemmeno dal punto di vista militare manca l’intervento cinese, che nel 2017 costruisce la sua prima base militare all’estero a Gibuti. Anche se formalmente è definita come “base di supporto logistico per le missioni di antipirateria e peacekeeping”, si tratta di fatto di un modo per controllare i flussi commerciali diretti verso occidente. Pechino, inoltre, ha preso il controllo del terminal commerciale del porto di Doraleh e del data center di Gibuti. Tenendo in considerazione quanto affermato da Dario Fabbri, ovvero che “gli Stati Uniti sono il paese egemone nell’area del Maghreb perché dispongono di basi militari in tutti i paesi di quest’area”[8], si capiscono le mosse della Cina. Essa sta infatti cercando di guadagnare la fiducia dei paesi africani per proporsi come alternativa di “garante securitario”. Basti pensare che nell’estate del 2019 veniva annunciato il primo forum sulla pace e sulla sicurezza Cina-Africa, successivo al forum sino-africano sulla sicurezza eladifesa, tenutosi l’anno prima. È interessante notare come la parola difesa venga sostituita con la parola pace. Le parole hanno un peso, e difatti lo scopo è quello di mostrare come la Cina non voglia “invadere il continente africano”, ma piuttosto creare una piattaforma di dialogo securitaria con i paesi africani.
Il diffondersi del covid-19 e lo stato pandemico hanno dato la possibilità alla Cina di consolidare il suo “potere morbido” anche nell’ambito sanitario. Dall’inizio dell’emergenza, la Cina avrebbe infatti inviato all’Africa forniture mediche come 80 milioni di mascherine, 10.000 ventilatori polmonari, 30 milioni di kit per il test del covid-19, e medici specializzati per la formazione del personale locale[9]. Il vaccino, inoltre, offre alla Cina l’occasione di presentarsi come “amico dell’Africa”. In un “mondo post-covid”, il paese asiatico non solo emergerà rafforzato economicamente, unico Paese a registrare una crescita economica nel 2020, ma potrà anche presentarsi come chi ha aiutato gli altri paesi a superare l’emergenza.
Vantaggio per tutti, secondo la strategia del win-win, o nuova forma di colonialismo?
Riusciranno i paesi africani a restituire queste somme ingenti al Grande Dragone? Un elemento da tenere in considerazione per rispondere a questa domanda è la forma in cui vengono elargiti i soldi da parte di Pechino, ovvero prestiti che, in qualche modo, dovranno essere restituiti alla Cina. Molti temono che i paesi africani non riusciranno a ripagare questi debiti, collocandoli così in una “trappola del debito”, ma altri sperano che i paesi africani, crescendo economicamente grazie a questi aiuti, potranno effettivamente avere il sopravvento nel momento in cui negozieranno i pagamenti per la Cina. Solo il futuro potrà darci delle risposte.
Articolo di Cecilia Cassis
[1] Forum sulla Cooperazione Sino-africana
[2] Intervista da https://www.youtube.com/watch?v=gwHbQIg_eKs
[3] Intervista da https://www.youtube.com/watch?v=gwHbQIg_eKs
[4] Cellamare, D. La penetrazione cinese in Africa
[5] Pompili, G. (2019). La campagna d’Africa. IL FOGLIO
[6] ex capitale della Tanzania
[7] https://www.youtube.com/watch?v=zQV_DKQkT8o
[8] Conferenza Limes https://www.youtube.com/watch?v=DZYvfKLjZfU
[9] CGTN (2020). China says it will stand with Africa to eventual victory over COVID-19.
Fonti
Cellamare, D. La penetrazione cinese in Africa. Consulatibile sul sito https://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/IASD/65sessioneordinaria/Documents/La_penetrazione_cinese_in_Africa.pdf
CGTN (2020). China says it will stand with Africa to eventual victory over COVID-19. Consultabile sul sito https://news.cgtn.com/news/2020-05-12/China-says-it-will-stand-with-Africa-to-eventual-victory-over-COVID-19-Qqkgc2VFjG/index.html
Limes. Rivista Italiana Di Geopolitica (2019). Vol. 6: Dalle Libie All’Algeria, Affari Nostri. Gedi
What is China doing in Africa? An interview to Eric Olander, founder of “The China Africa Project”
Consultabile al sito https://medium.com/@parlaregeopolitica/what-is-china-doing-in-africa-4414b6621a51
Santoro, F. (2020). Come la cina consolida il proprio soft power in africa durante l’emergenza covid-19. Consultabile sul sito https://europaatlantica.it/emergenza-coronavirus/2020/07/come-la-cina-consolida-il-proprio-soft-power-in-africa-durante-lemergenza-covid-19/#_ftn1
Video Conferenza Non solo migranti: quello che succede in Nordafrica è affare nostro. Presentazione del numero di Limes 6/19 “Dalle Libie all’Algeria, affari nostri”Consultabile su https://www.youtube.com/watch?v=DZYvfKLjZfU
Video Conferenza Non solo migranti: quello che succede in Nordafrica è affare nostro. Presentazione del numero di Limes 6/19 “Dalle Libie all’Algeria, affari nostri” Consultabile su https://www.youtube.com/watch?v=DZYvfKLjZfU
Pompili, G. (2019). La campagna d’Africa. IL FOGLIO.
Consultabile sul sito https://www.ilfoglio.it/esteri/2019/02/07/news/la-campagna-dafrica-236658/
Video How Africa is Becoming China’s China.
Consultabile su https://www.youtube.com/watch?v=zQV_DKQkT8o
Video La Cina in Africa e il pericolo di un nuovo colonialismo.
Consultabile su https://www.youtube.com/watch?v=gwHbQIg_eKs