“Proprio come sceglierò la mia nave quando mi accingerò ad un viaggio, o la mia casa quando intenderò prendere una residenza, così sceglierò la mia morte quando mi accingerò ad abbandonare la vita.”
LUCIO ANNEO SENECA
In queste ultime settimane l’opinione pubblica e privata del Belpaese si trova in balia di una delle più scottanti contrapposizioni ideologiche degli ultimi anni. Sebbene ancora non è detta l’ultima parola, anche perché conosciamo il nostro sofisticato quanto saturo burocraticamente iter legislativo italiano, il nostro Stato si appresta a vivere uno dei cambiamenti più importanti della nostra storia sociale recente. Al pari del referendum sulla cannabis, le forze politiche di sinistra (fra le quali Pd, M5s, LeU, Italia Viva, Azione e +Europa) grazie a un supporto mediatico particolarmente acceso e a una profonda volontà di andare avanti da parte della popolazione e delle realtà associazionistiche di cui si ergono a principali promotori Marco Cappato e Filomena Gallo, sono in procinto di cambiare la nostra società in modo rivoluzionario.
L’Italia, da lunghi anni in preda a leve conservatrici, si sta adagiando su una concezione di matrice progressista derivante dall’urgenza di comparare la nostra quotidianità alle realtà anzitempo modificatesi socialmente appartenenti ad altre zone del nostro pianeta. Lettori e lettrici, stiamo parlando della cosiddetta “dolce morte” o più scientificamente Eutanasia.
In questo breve ma intenso articolo, discuteremo di che cos’è effettivamente questo fenomeno, della posizione degli altri Paesi e di come l’Italia si confronta con questa situazione.
Quando parliamo di Eutanasia, parliamo di?
Questo termine è utilizzato nell’evenienza in cui un individuo sia prossimo a confrontarsi con una compromessa situazione di malattia, tanto da essere posto nella categoria dei “malati terminali“. Un malato terminale è colui che esiste e persiste nel più profondo dolore diretto o indiretto, in quanto la sua qualità di vita si riduce a una permanente quanto obbligatoria ospedalizzazione.
Per conoscere la prima volta che nella storia si parlò di Eutanasia, è necessario fare un tuffo nel passato remoto abitato da Francis Bacon, il quale nel 1605, nel suo saggio “Of The Proficience and Advancement of Learning”, introdusse questo termine alludendo alla responsabilità dei medici di non dover abbandonare i malati inguaribili, rispettando il loro giuramento prima di iniziare a esercitare la professione.

Ad oggi, quando parliamo di Eutanasia, parliamo di differenti tecniche mediante le quali si pone fine alla vita di una paziente condannato alla morte. Nello specifico, possiamo parlare di Eutanasia attiva, attiva volontaria, passiva o suicidio assistito. La prima fattispecie è dettata dall’intenzionalità diretta del medico di far terminare l’agonia del proprio assistito; la seconda è scandita dalla richiesta dell’assistito nei confronti del medico; la terza è caratterizzata dall’intenzionalità del medico di non continuare a curare il proprio paziente con trattamenti e medicine; mentre la quarta e ultima deriva dalla possibilità del paziente di porre fisicamente fine alla propria vita con sostegno del medico curante, il quale si preoccupa di concedere gli strumenti ad hoc per l’operazione conclusiva di “suicidio”.
In questo senso, occorre ammettere come la legge penale italiana sia piuttosto rigida nei confronti di queste occulte attività, tanto da sanzionarne l’operato in maniera ferma, qualora dovessero emergere prove di misfatti. Pur tuttavia, esistono forme per mezzo delle quali è possibile bypassare gli ingenti ostacoli posti dalla legge. Quali? Anzitutto, la libertà di cura e terapia tutelata dalla nostra Costituzione per la quale un individuo non è assolutamente obbligato a doversi sottoporre alle cure. Inoltre, è accettato il rifiuto dell’accanimento terapeutico, in ragion del quale un medico curante è legittimato a interrompere la terapia se la morte del paziente dovesse rivelarsi imminente. Infine, è accettata la sedazione palliativa profonda e continua, con cui i medici possono far addormentare (ma non morire) i pazienti affinché questi non soffrano, così come la cessazione delle cure dopo la diagnosi di morte, ma anche qui dipendentemente dal paese in cui ha luogo esistono differenti criteri di accettazione della pratica.
Mondo: chi accetta questa pratica?
Quando frequentavo il liceo, una professoressa fece vedere a me e alla mia classa un film di Almodóvar (celeberrimo regista spagnolo), in cui era trattato indirettamente questo tema, palesando quanto la sua realtà dovesse rispondere a una necessità; ai tempi questa pratica non è era legittima nel Paese del regista, ma ad oggi una delle nazioni maggiormente esposte alla sensibilizzazione di questo uso è proprio la Spagna, in cui l’Eutanasia legale è permessa da ormai qualche mese grazie al voto favorevole di 202 parlamentari contro i 141 contrari. Nella penisola iberica, a detta di molti spagnoli, si parla la lingua dell’umanità, tanto da influenzare anche il vicino Portogallo, prossimo al riesame della legge dopo sentenza della Corte Costituzionale. Tuttavia, non sta a noi stabilire se è corretto o sbagliato. Si aggiungono a questa lista Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, promotrici dell’Unione Europea.
Sotto questo punto di vista, i Paesi nel Nord-Europa risultano piuttosto attivi, affermiamo questo poiché i Paesi scandinavi come Danimarca o Norvegia alla pari però di Ungheria e Repubblica Ceca accettano il rifiuto delle cure da parte del paziente e l’accanimento terapeutico, di fatto intraprendendo la via dell’accettazione dell’Eutanasia. Per quanto riguarda la Francia e la Germania, queste accordano l’Eutanasia passiva con legge rispettivamente dal 2005 e dal 2015. D’altro canto, Paesi come la Gran Bretagna, non approvano quest’introduzione, ma concedono l’interruzione delle cure al malato terminale prossimo a una morte imminente. In Svizzera invece la pratica del suicidio assistito risulta ormai una normalità.
Nel resto del mondo, la Colombia (come il Messico) sopporta questa situazione senza ancora averne normato i principali punti, ma comunque la Corte Costituzionale si è espressa positivamente. In qualche Stato degli Usa è ammesso il suicidio assistito, parliamo precisamente di Washington, Vermont, California, Oregon e Montana. In Nuova Zelanda la legge entrerà in vigore a breve e in India è convalidata l’Eutanasia passiva.

Italia: sei pronta?
In questo momento, la classa politica italiana vacilla. Le poc’anzi menzionate forze di sinistra, sebbene non nella loro totalità, hanno entusiasticamente accettato la raccolta firme (avuta perlopiù online) da parte di individui adiacenti alla realtà associazionistica, peraltro vera spinta fautrice di questa proposta. La raccolta delle firme ha portato a un numero inimmaginabile di consensi da parte della gente: oltre un milione e quattrocento mila firme. Cifra da capogiro.
Nella mattinata di venerdì 8 Ottobre, la proposta di referendum d’iniziativa pressoché popolare, ma comunque politicamente sostenuta (non dai conservatori di destra come Fratelli d’Italia e Lega, più defilata Forza Italia) è stata depositata in Cassazione con l’obiettivo di arrivare a discuterne di qui a breve in sedute parlamentari per poi arrivare a una votazione. Non è bastata la seduta del 7 Luglio scorso, utile comunque a comprendere le posizioni dei partiti.
Il target di questa proposta è quella di modellare l’ordinamento giuridico che tutela l’impossibilità di far ricorso a forme di Eutanasia diretta o indiretta. L’imperativo è quello di parzialmente abrogare la norma del codice penale italiano, la quale è investita della funzione di rendere inconcepibile l’introduzione di dette forme all’interno della nostra società. Rimarrebbe punita l’azione illecita dei medici di dar luogo a operazioni di Eutanasia contro il parere del malato o in virtù dell’estorsione del consenso da parte del medico nei confronti dello stesso malato.
Da ultimo, dopo aver concesso diversi spunti di riflessione e diversi approfondimenti, auspichiamo possa vincere la democrazia. Il desiderio comune è quello che la nostra classe politica decida di non ostacolare il volere e il valore dell’opinione pubblica e che comunque si proceda ad una votazione popolare che possa effettivamente porci nella strada del progresso sociale o al contrario continuare a relegarci alla continua idea tradizionalista e conservatrice tanto in auge nel nostro Paese. Vada come vada, decida il popolo. Senza intromissioni di forze esterne come la Chiesa Cattolica.
A mio avviso, la lingua dell’umanità non si dovrebbe parlare solo sul letto di morte, la lingua dell’umanità va insegnata dagli albori del percorso di una persona. Questo significa che se la gente ha intenzione di radicalmente riformare la propria dimensione sociale, dovrebbe essere incoraggiata a farlo cambiando dal principio e non solo dal momento finale. Tuttavia, potrebbe essere un buon inizio. Ma questo è un altro discorso.
A cura di Alberto Covelli
RESOURCES
https://www.abilitychannel.tv/eutanasia-cose-significato-legale-in-italia/