Riflessioni sulla disabilità e l’inefficienza di Roma Capitale

PRIMO TESTO – A cura di Beatrice Siciliano

Respiro affannoso, timore straziante, incertezza continua. 

Questi sono gli stati d’animo che la mia sensibilità empatica riesce a immaginare, se mi immedesimo nella realtà quotidiana di quanti sono affetti da una disabilità fisica o psichica e si trovano, per necessità o per desiderio, a usufruire del trasporto pubblico a Roma. 

Eppure, dall’immaginazione possono scaturire una grande forza d’animo e la volontà di dare il proprio modesto contributo. 

Parlo a nome di quanti non hanno la vista e attraversano la strada senza la certezza di raggiungere illesi il marciapiede opposto; 

parlo a nome di quanti non sono in grado di usare le scale e si aggrappano alla speranza di trovare un ascensore funzionante nelle stazioni cittadine; 

parlo a nome di quanti non riescono a comunicare o a sentire e perdono le informazioni su eventuali ritardi, interruzioni di tratta, cancellazioni di corse.

La trascuratezza nell’amministrazione dei trasporti costituisce un’offesa inaccettabile a tutti gli individui che già nella loro quotidianità fanno fronte a continue difficoltà aggiuntive. Senz’altro, questa mancanza di servizi pubblici adeguati amplifica i propri effetti in una città dall’estensione e popolosità come quella di Roma. 

Una realtà precaria, inefficiente, mediocre e che, per uno spaventoso paradosso, appare ai nostri occhi come normale. 

Automobili che bloccano scivoli indispensabili, senza preoccuparsi delle sanzioni, semafori che cambiano colore senza segnalatori acustici, spazi interni troppo ristretti, mancanza di appropriati dispositivi di salita e discesa sui mezzi di trasporto e in alcune fermate: di fronte a ciò si può solo provare una combattiva rassegnazione. 

Roma è una città dalle mille risorse: potrebbe correre alla velocità della luce e vincere ogni medaglia esistente, se solo non fosse ostacolata dalle invidiose compagnie che la circondano, sempre pronte a sabotare le sue straordinarie potenzialità. Allora, convinciamola a cambiare amicizie, a scoprire nuovi orizzonti, a sfruttare al meglio le sue capacità singolari e ammiriamo con lei i risultati che verranno. 

Queste parole sono per tutti coloro che si sono ritrovati, almeno una volta, ad affrontare situazioni di disagio di questo genere: è inaccettabile pensare che specifiche fasce della popolazione non possano godere nella stessa misura degli altri, di diritti che dovrebbero essere loro garantiti, come quello di muoversi in libertà e sicurezza. 

La mia non è solo una manifestazione di profondo disdegno, ma è anche una speranzosa esortazione. Il biglietto dell’indifferenza è scaduto: è giunto il momento di abbonarsi all’efficienza. 

Mi chiamo Beatrice e chiedo che a Roma TUTTE E TUTTI ABBIANO LA POSSIBILITÀ DI MUOVERSI IN SICUREZZA.

SECONDO TESTO – A cura di Arianna Marenzi

Salire, scendere, correre.

Sono le azioni più comuni da attuare per una persona alle prese con i mezzi di trasporto pubblici, con i marciapiedi e con le strade romane. Queste azioni però, possono diventare difficili nella capitale, soprattutto per coloro che necessitano di una sedia a rotelle per muoversi.

Su una sedia a rotelle non si può salire sull’autobus.

Su una sedia a rotelle non si riesce a scendere le scale o i gradini del marciapiede.

Su una sedia a rotelle diventa impossibile correre per non perdere un treno. 

Nella mia quotidianità da studentessa pendolare, troppe volte mi è capitato di vedere persone in sedia a rotelle non riuscire a utilizzare i marciapiedi perché troppo stretti o dissestati, oppure in difficoltà nello spostarsi in città in quanto non tutti i mezzi pubblici sono equipaggiati di pedane mobili e aree attrezzate per le sedie a rotelle. Per la città di Roma, una corsa persa equivale a una sconfitta guadagnata a causa dell’inadeguatezza delle infrastrutture pubbliche.

La mancanza di percorsi specifici e adatti alle persone disabili sui marciapiedi è una mancanza della città di Roma e della sua comunità. L’inesistenza di un’adeguata quantità di autobus dedicati a coloro che si muovono grazie a una sedia a rotelle è esistenza di disuguaglianze sociali in quanto non sono garantite a tutti le stesse condizioni di vita. Chi si trova in una situazione di disagio a causa di una problematica fisica, infatti, non è in grado di usufruire dei servizi pubblici come gli altri. 

Purtroppo, la quotidianità di coloro che sono costretti su una sedia a rotelle è ricca di infinite difficoltà, intensificate dal costante disagio rappresentato dalle barriere architettoniche. Per questo motivo, in una nazione che esalta l’uguaglianza sociale, è necessario dotare le città, specialmente la capitale, di infrastrutture adatte alle necessità delle persone disabili per permettere loro di muoversi in autonomia e in piena libertà. 

Perché libertà non significa solo esprimersi e parlare senza incontrare censure, ma essa comprende anche la possibilità di circolare, muoversi, spostarsi in qualunque territorio senza trovare ostacoli alla propria autonomia. E soprattutto, la libertà e l’indipendenza non devono appartenere solo a chi è stato avvantaggiato dalla vita. 

Mi chiamo Arianna e chiedo che a Roma LA LIBERTÀ APPARTENENGA A TUTTE E TUTTI.

TERZO TESTO – A cura di Leonardo Scarano

Stupenda quanto inaccessibile. 

Tetraplegico a seguito di un incidente stradale, così definisco Roma, la mia città, capitale di tutti, ma non per tutti.

Proprio ieri mattina, nel centro storico, ho vissuto Roma, trovandomi a fare una decina di gradini per accedere a un palazzo e a smontare la carrozzina per entrare nell’ascensore. Niente di drammatico per me, che ho un assistente forte e bravo. Il mio pensiero, però, va a tutti coloro che non hanno la fortuna, e magari neanche i mezzi, per poter essere aiutati. Per molte persone, un semplice gradino può essere un intralcio alla libertà, un semplice gradino può essere causa di isolamento.

Roma va ripensata quindi, va ripensata perché per alcuni questi problemi non possono continuare a essere la normalità. 

Va ripensata perché la libertà non può essere solo una questione di finanziamenti mancati.

Va ripensata perché una città è il luogo della socialità, dell’inclusione, e non dell’alienazione.

Mi auspico perciò delle soluzioni che non vengano solo dal basso, dal privato, ma soprattutto dall’alto, dalla politica, da una politica capace di attuare un progetto urbanistico serio, coerente, che investa nella ristrutturazione stradale, nella predisposizione di scivoli su tutti i marciapiedi e magari – perché no – anche in un bonus condominiale per rifare ascensori troppo piccoli.

Roma è una grande casa a cielo aperto e come tale va intrattenuta e ristrutturata, proprio sulla base delle esigenze concrete di chi la abita. Il laceramento sociale incomincia anche quando alcune esigenze fondamentali non vengono soddisfatte.

Per questo il mio appello si aggiunge a quello di altri che, come me, desiderano uno spazio di tutti e per tutti, con un approccio politico conciliante sia con il patrimonio culturale di una città così antica, sia con l’esigenza reale e pressante di migliaia di cittadini di essere finalmente liberi di godersi a pieno la loro città.

Mi chiamo Leonardo e oggi chiedo che a Roma VENGA PROMOSSA UNA POLITICA DELL’ACCESSIBILITÀ, NON PIÙ CON LE PAROLE, MA CON I FATTI.

QUARTO TESTO – A cura di Lara Cavagna

Salita, discesa, svolta stretta, gradino, buca mai riparata, strada composta (o scomposta) di sanpetrini… 

Capita a ogni abitante di Roma di cimentarsi con percorsi accidentali nella vita di tutti i giorni.

Ma cosa comporta, incontrare tanti ostacoli sul proprio cammino?

Nulla di che, se non un lieve sospiro per lamentarsi di una fatica aggiuntiva e, in realtà, trascurabile. 

Nulla di che, se non (a volte) un minimo cambio di percorso, che potrà comunque essere completato senza troppi sforzi.

Nulla di che, finchè non ci si rende conto di trovarsi all’interno di una fitta nube di ingenuità, verso la quale siamo stati guidati dal privilegio che ci caratterizza: un corpo giovane e agile e quindi pronto ad affrontare le complicazioniesterne, ossia questi piccoli inconvenienti, che per molti si rivelano, invece, degli ostacoli insormontabili. 

Immaginate di dover superare un fiume in piena, di guardarvi in torno e di rendervi conto del fatto che tutti gli altri sono provvisti di una barca adeguata, pronti per l’attraversamento. Voi, a differenza loro, non avete alcun mezzo, e capite subito che verrete lasciati indietro, soli. 

Vi domandate perché non sia possibile la semplice costruzione di un ponte, visto il torrente in piena, ma presto vi ricordate che, purtroppo, una risposta chiara c’è: il fiume è in piena solo per voi.

Alzare lo sguardo, allontanarlo da ciò che si percepisce in automatico come normalità condivisa, rendersi conto di essere privilegiati, dissipare la nube che ci offusca la vista e che limita la nostra capacità di notare i problemi reali della capitale… Tutto ciò ci porterebbe a comprendere quanti siano gli ostacoli reali della vita per alcune cittadine ed alcuni cittadini di Roma: lo stato vergognoso delle strade.

Non è accettabile che alcuni di noi rimangano chiusi in casa perchè il marciapiede di fronte al loro portone non è pensato per chi deve affrontare la vita su una sedia a rotelle. Non possiamo lasciare che le meraviglie di Roma – il Colosseo, la Fontana di Trevi, i Fori imperiali – rimangano prive dello sguardo meravigliato di chi non ha la possibilità di spostarsi a piedi, per il semplice fatto che le strade non siano pensate per chi ha una disabilità. 

La nostra città è tra le più affascinanti e ha assoluto bisogno di essere apprezzata da ogni singolo suo cittadino o visitatore. 

Mi chiamo Lara e chiedo a Roma DI APRIRE GLI OCCHI SU UNA REALTÀ CHE LA RIGUARDA: QUALE CITTÀ SI NASCONDE DALLO SGUARDO AFFETTUOSO DEL PROPRIO POPOLO?

La Redazione di The Journal Asp x il Laboratorio di Scrittura Accademica

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