Riflessioni sulla disabilità e l’inefficienza di Roma Capitale

PRIMO TESTO – A cura di Noemi Mollo

Tutela, protezione, sicurezza.

Ciascun essere umano ha il diritto di sentirsi al sicuro in ogni luogo in cui si trova e in ogni momento della sua esistenza. La sicurezza è uno dei diritti umani fondamentali.

Tutti noi siamo abituati a pensare alla nostra casa come al luogo più sicuro che ci possa essere, dove possiamo dare sfogo ad ogni nostra preoccupazione, ansia, paura e dove possiamo sentirci tutelati in ogni momento delle nostre giornate. Ma fermatevi un attimo a riflettere. Smettete di fare tutto ciò che stavate facendo fino a questo momento e chiudete gli occhi. Immaginate di svegliarvi nel corpo di una donna con disabilità, immaginate di essere costretti a vivere tutta la vostra vita inchiodati su una sedia a rotelle, immaginate di dover stare sempre, comunque, costantemente alle dipendenze degli altri. Cosa succede se questi “altri” – la nostra famiglia, le persone a noi più care – commettono delle violenze nei nostri confronti proprio nel luogo in cui, fra tutti, dovremmo sentirci più protetti dal mondo esterno? 

Secondo la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH), 

il 49% delle donne disabili ha subito insulti e umiliazioni almeno una volta nella vita, 

il 20,8% delle donne disabili è stato vittima di molestia sessuale,

il 18,3% delle donne disabili ha ricevuto ricatti. 

Molto spesso la violenza avviene all’interno di una coppia e tra le mura domestiche. Oggi, però, nel nostro Paese, l’aggravante d’odio non viene presa in considerazione per le violenze contro le persone con disabilità, nonostante venga messa in atto proprio per questo motivo.

E allora adesso basta. Basta. È giunto il momento di agire. Riaprite gli occhi, alzatevi dalle vostre sedie e promuovete azioni concrete per un cambiamento, che sia rapido, organizzato ed esteso e che sia rivolto ad ogni singolo angolo della Capitale d’Italia. 

Io sono nata e cresciuta a Roma, eppure non ho mai sentito parlare di alcuna protezione o assistenza reale fornita alle donne con disabilità vittime di violenza domestica. Innanzitutto, si potrebbero e si dovrebbero stanziare dei fondi destinati esclusivamente alla formazione del personale giudiziario così che esso possa avere un approccio intersezionale alle discriminazioni basate sul genere e la disabilità. Molto spesso, infatti, alle donne con disabilità viene negato l’accesso alla giustizia, perché giudici, pubblici ministeri, avvocati e forze dell’ordine, nelle loro pratiche lavorative, dispiegano stereotipi negativi e, di conseguenza, risulta piuttosto frequente che non vengano avviati i procedimenti necessari a tutelare le donne con disabilità. In secondo luogo, si potrebbero avviare delle operazioni molto più semplici e immediate, quali l’attivazione di un numero di emergenza che funzioni per singoli quartieri o la realizzazione di un’applicazione che consenta alle donne impossibilitate a chiamare di mandare dei semplici segnali tramite il proprio smartphone.

Mi chiamo Noemi e chiedo che a Roma OGNI DONNA DISABILE VENGA PROTETTA E TUTELATA. NESSUNA DEVE ESSERE LASCIATA INDIETRO. 

SECONDO TESTO – A cura di Lorenzo Campanella

Difficoltà, sfide, tragedie, progetti, sogni.

I fatti recenti, che noi tutti viviamo con estrema preoccupazione e con grande dolore, ci hanno posto di fronte nuove e crescenti difficoltà. Ma difficoltà, nuove sfide, compiti che dobbiamo ora assolvere, non devono farci trascurare le battaglie che si stanno combattendo da tempo nella nostra città, battaglie che forse dovremmo prendere di petto per poterci definire cittadini e cittadine della capitale di una democrazia come l’Italia. 

Roma non è una capitale qualunque e non può accontentarsi di risposte qualunque

 Deve diventare una capitale che non faccia paura.

Deve diventare una capitale accessibile,

 Deve diventare una capitale a misura di ogni uomo e di ogni donna.

Jim Abbot una volta ha detto: “Non è la disabilità che ti definisce, ma il modo in cui affronti le sfide che la disabilità ti presenta.” Ma come affrontarle se la città non ti viene incontro?

  È giusto che tali sfide, tali battaglie, tali combattimenti, non siano solo di alcuni, ma di tutti. Perché è solo con lo sforzo di tutti, con lo sforzo della comunità intera, che si può raggiungere il risultato a cui dovremmo aspirare: creare una comunità omogenea in cui tutti abbiano gli stessi mezzi e le stesse possibilità. Perché l’uguaglianza non deve rappresentare un qualcosa per cui bisogna combattere, ma un diritto per tutti e una responsabilità di tutti. 

 Una città, una comunità di persone diverse tra loro non sono altro che un grande organismo. E un grande organismo, come il corpo umano, è costituito da tante parti, interdipendenti e complementari. Se manca qualcosa o ci sono dei malfunzionamenti, anche nei livelli più periferici, l’intero organismo ne risente. Allo stesso modo, la nostra città soffre la mancanza di infrastrutture per coloro che presentano disabilità. 

Mancano segnali acustici ai semafori, 

mancano sentieri tattili per non vedenti, 

mancano rampe per chi presenta disabilità motorie, 

mancano marciapiedi degni di questo nome che non facciano sentire i non vedenti o gli ipovedenti come funamboli in bilico tra due palazzi.

Mi chiamo Lorenzo e chiedo che ROMA DIVENTI UN POSTO MIGLIORE, PIÙ SICURO, PIÙ ACCESSIBILE.

TERZO TESTO – A cura di Cristina Annibale

Passeggiare, camminare, correre. 

In una città come Roma, la capitale dell’arte e della storia per eccellenza, queste azioni, considerate scontate per la maggior parte del tempo, sono per le persone disabili più un incubo che un piacere.

Da studentessa universitaria, vivo gran parte delle mie giornate sui mezzi pubblici e, pur non sperimentando di persona i disagi dovuti all’ineguatezza dell’architettura romana, ho assistito più volte agli impedimenti che le persone con difficoltà motorie incontrano ogni giorno.

Da cittadini e cittadine, tutti dovremmo poter salire senza fatica su un autobus; 

da cittadini e cittadine, tutti dovremmo poter attraversare le strisce pedonali senza timore di farci del male; 

da cittadini e cittadine, tutti dovremmo poter godere delle meraviglie culturali che ci dona la  nostra grandiosa città.

In qualsiasi posto nel mondo, ma soprattutto a casa nostra, la vita e la sicurezza non devono essere agli opposti ma complementari.

Le persone con disabilità rivendicano ogni giorno la propria autonomia nel fare la spesa, nell’andare in giro per locali o nel passeggiare; piccoli attimi di quotidianità che si trasformano in trappole disseminate lungo questa sconfinata giungla. Ogni volta che scendono da un marciapiede senza apposita discesa o attraversano i binari del tram, rischiano di ferirsi gravemente. Una città dove ogni passo è un azzardo, che sia compiuto da una gamba o da una sedia a rotelle, non è una città sicura.

Mi chiamo Cristina e chiedo che a Roma LIBERTÀ E SICUREZZA SIANO O PER TUTTI O PER NESSUNO.

QUARTO TESTO – A cura di Francesca La Rocca

Spingere, frenare, aspettare…

Erano le azioni che svolgeva un ragazzo, probabilmente uno studente, che costretto su una sedia a rotelle ho visto attraversare una strada trafficata di New York nel 2015.

La sua andatura tranquilla, senza timore, quando ho visto questa scena, mi ha colpito.

La tua città dovrebbe consentirti di goderti la normalità.

La tua città dovrebbe permetterti di viverla.

La tua città dovrebbe tenerti al sicuro.

Ci si lamenta troppo spesso di chi sfrutta i mezzi pubblici senza pagare il biglietto, ma mai abbastanza dell’inadeguatezza di tali mezzi per quanto concerne il trasporto di persone con disabilità motorie. Mai abbastanza da fare qualcosa. 

Eppure, basterebbero minime accortezze, marciapiedi più larghi, rampe più agevoli, autobus più attrezzati… Sono piccoli miglioramenti infrastrutturali che agevolerebbero la vita di moltissime persone, che ci renderebbero una città più inclusiva, più civile. 

Nella vita di tutti i giorni, bisognerebbe tenere a mente che quando a sorreggerti sono delle ruote, una semplice buca sulla strada può diventare un serio problema e un’automobile parcheggiata in prossimità di uno scivolo, un impedimento insormontabile. 

Per queste persone, vivere la quotidianità in una metropoli come Roma è percorrere una strada in salita, dissestata e solitaria ogni minuto della giornata. Si tratta di un problema che non possiamo più permetterci di trascurare. È impensabile continuare a vantarci di essere la città fulcro della civiltà e poi lasciare che i nostri concittadini e concittadine, ma anche chi desidera visitare la nostra città millenaria, vivano questi disagi. 

È un’ingiustizia che abbiamo portato avanti troppo a lungo.

È arrivato il momento di smetterla con l’atteggiamento egoista di chi conosce la realtà ma decide di ignorarla, di girarsi dall’altro lato. L’impegno civico è fondamentale: dagli abitanti alle istituzioni municipali, tutti dobbiamo impegnarci per migliorare la situazione, per costruire strade attrezzate da percorrere insieme. 

È un nostro dovere collettivo impegnarci per rendere Roma un luogo adeguato, attrezzato e più accogliente. 

Mi chiamo Francesca e chiedo che a Roma TUTTE E TUTTI POSSANO MUOVERSI IN AUTONOMIA.

QUINTO TESTO – A cura di Francesco Mallardo

Disuguali, inermi, umiliati. 

Questi sono solo alcuni dei sentimenti che provano, a Roma, le persone con disabilità motorie quando si imbattono in mezzi pubblici sprovvisti di pedana per le sedie a rotelle. 

La diversità non dovrebbe comportare l’essere ignorati. 

La diversità non dovrebbe comportare l’essere estraniati. 

La diversità non dovrebbe comportare l’essere lasciati soli. 

Nel ventunesimo secolo, è dunque inaccettabile che in una metropoli, come la capitale d’Italia, la disabilità non venga in alcun modo assistita.

Restare a casa oppure acquistare un auto privata.. 

Non a caso, le persone con gravi disabilità fisiche, non potendo usufruire dei servizi pubblici per muoversi, si trovano costrette a scegliere tra queste due alternative.

La vita in città non è che una continua lotta per la sopravvivenza e, assistendo alla morte dei valori egualitari, queste persone percepiscono il mondo come pericoloso. 

Pertanto, è doveroso agire affinché nessuno sia mai lasciato solo ed abbandonato dalla propria città:

Mi chiamo Francesco e chiedo che ROMA NON SIA SOLO DI ALCUNI MA APPARTENGA A CHI AMA VIVERLA. 

La Redazione di The Journal Asp x il Laboratorio di Scrittura Accademica

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...