IL PONTE SPEZZATO

L’attacco ucraino al ponte di Crimea è per Kiev un successo simbolico e politico, più che strategico. Ma rischia di rendere la guerra ancora più feroce. 

È ancora buio, sullo Stretto di Kerch. Il ponte più lungo d’Europa sembra un pigro serpente giallo finito per caso sul Mar Nero. È sabato 8 settembre. Sono appena passate le 6 del mattino: poco traffico, in entrambe le direzioni. Sul ponte ferroviario, parallelo a quello stradale, un treno merci sferraglia verso ovest. Porta carburante per la sanguinosa guerra che il presidente russo Vladimir Putin ha scatenato contro l’Ucraina. Proprio Putin aveva voluto quel ponte per sugellare la sua annessione, nel 2014, della Crimea, e sempre lui l’aveva inaugurato, attraversandolo alla guida di un camion.

Anche quella notte, sul ponte, c’è un camion. Un camion bianco che, partito dalla regione russa di Krasnodar, sfreccia verso la Crimea. In lontananza si scorgono le luci della città di Kerch, ancora addormentata. Il camion e il treno, giunti quasi alla fine del loro viaggio, si affiancano. Un bagliore improvviso acceca per un attimo gli altri automobilisti. Un boato rompe il silenzio della notte. Il camion non c’è più, il treno brucia. Alla luce delle fiamme, si vede un pezzo di carreggiata precipitare in mare. Il Ponte di Crimea è stato spezzato.

Solo con l’arrivo del giorno è stato possibile verificare con esattezza i danni inflitti alla struttura. Video e foto pubblicati online mostrano che una delle due carreggiate del ponte stradale è interrotta: almeno due campate sono crollate in mare. L’altra carreggiata, invece, seppur annerita dall’esplosione e con i guardrail distrutti, è intatta. Anche il ponte ferroviario non sembra aver subito danni strutturali. E infatti, tra sabato e domenica i collegamenti ferroviari e stradali sono ripresi. 

A causare il crollo e l’incendio, secondo le autorità russe, sarebbe stata l’improvvisa esplosione del camion bianco, documentata dalle telecamere di sorveglianza, i cui video sono stati diffusi su internet. L’automezzo, imbottito di esplosivi, sarebbe stato fatto saltare in aria vicino al treno, carico di carburante, per massimizzare i danni al ponte e cercare di renderlo inutilizzabile. L’esplosione avrebbe causato la morte di tre persone. Alcuni veicoli sono scampati per un soffio alla deflagrazione. L’orario dell’attacco ha probabilmente contribuito a mantenere basso il numero di vittime.

Le autorità filorusse della Crimea hanno subito puntato il dito contro il governo ucraino. Dal canto loro, molti funzionari di Kyiv hanno espresso la loro gioia per l’attacco, senza però rivendicarlo apertamente. Mikhailo Podolyak, consigliere del presidente Zelensky, ha prima scritto su Twitter che “il ponte è solo l’inizio”, e poi ritrattato, suggerendo che l’attacco fosse opera dei servizi segreti russi. Le poste ucraine hanno rilasciato un francobollo commemorativo. I servizi segreti ucraini (SBU) hanno rilasciato un comunicato che sembra alludere ad un loro coinvolgimento nell’attacco. Il New York Times riferisce la rivendicazione di anonimi funzionari ucraini.

I motivi che avrebbero spinto Kyiv a compiere l’attacco sono tanti. L’infrastruttura, infatti, ha un importantissimo valore simbolico e strategico-militare. Innanzitutto, il Ponte di Crimea è il simbolo del controllo russo sulla penisola (e in quanto tale l’Ucraina ha più volte dichiarato che l’avrebbe distrutto). Doveva però anche essere, nelle intenzioni di Putin, il simbolo della potenza di Mosca: con i suoi 19 km, per un costo di quasi 4 miliardi di dollari, il ponte è il più lungo d’Europa. Ma un attacco contro di esso lo trasforma all’improvviso nel simbolo della debolezza di un Paese che non riesce a difendere uno dei suoi gioielli più preziosi e prestigiosi. Soprattutto se avviene il giorno dopo il settantesimo compleanno del presidente russo.

La struttura ha però anche una vitale importanza strategica: carburante, cibo e armamenti per le divisioni russe operanti nell’Ucraina del Sud passano soprattutto da lì. Un’interruzione dei collegamenti ferroviari tra le due sponde dello stretto di Kerch sarebbe un colpo micidiale per l’esercito russo. I rifornimenti, infatti, continuerebbero comunque grazie ai traghetti, ma questo aumenterebbe di molto i tempi necessari a raggiungere le località dove si trovano le truppe, e diminuirebbe anche la quantità di materiali in grado di passare in un giorno da una sponda all’altra. Soprattutto per le truppe impegnate a Kherson (già in difficoltà perché i ponti sul fiume Dnipro sono stati distrutti dai bombardamenti ucraini, complicando molto la logistica) un ulteriore rallentamento dei rifornimenti sarebbe un colpo mortale.

Ma se sul piano simbolico l’attacco ucraino al ponte è stato un grande successo, sul piano strategico i risultati sono limitati, se non deludenti: il ponte ferroviario, il più importante dal punto di vista della logistica militare, per ora sembra intatto. Soltanto nei prossimi giorni sapremo quanto danno sia stato davvero arrecato alla logistica militare russa.

Gli effetti più importanti dell’attacco al ponte sono però quelli politici. Con questa operazione, infatti, Kyiv ha segnalato una crescente spavalderia, alimentata dai recenti successi sul campo, e afferma la sua volontà di riprendersi la Crimea. L’attacco mette per la prima volta davvero in discussione il controllo di Mosca sulla penisola. 

Il messaggio, però, forse non era solo per Putin. Il 6 ottobre, due giorni prima dell’attacco, fonti dei servizi USA attribuivano pubblicamente la responsabilità dell’attentato contro l’ultranazionalista russa Daria Dugina a “parti del governo ucraino”. Forse, l’intento di questa dichiarazione era quello di dissuadere Kyiv dal compiere altri atti eclatanti che provocassero un’ulteriore escalation del conflitto. Ma queste “parti del governo ucraino” non sembrano aver ascoltato. E hanno risposto a modo loro. 

Anche Putin, colpito nell’orgoglio, ha risposto a modo suo all’attacco ucraino, esigendo il suo tributo di sangue di civili, facendo piovere missili sulle grandi città ucraine. La guerra continua. E forse sarà più feroce. Tra Russia ed Ucraina, al momento, tutti i ponti sembrano essere spezzati. 

A cura di Damiano D’Onofrio

Fonti:

https://www.nytimes.com/2022/10/06/world/europe/the-us-believes-ukrainians-were-behind-daria-duginas-assassination.html

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/chi-stato-sabotare-ponte-crimea-inquietudini-che-scuotono-2073720.html

https://www.nytimes.com/2022/10/08/world/europe/ukraine-crimea-bridge-explosion.html

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2022/10/09/mosca-traffico-ferroviario-su-ponte-crimea-e-regolare_61ee46d8-cf7d-4e30-a64e-6edf2fc43b26.html

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2022/10/08/incendio-sul-ponte-fra-la-crimea-e-la-russia-putin-ordina-uninchiesta_7a0b1950-47fb-4c06-b1a7-3538121b1171.html

https://twitter.com/ukrposhta/status/1578660503311613953/photo/1

https://twitter.com/ServiceSsu/status/1578653330762387456?cxt=HHwWgMCiueO1wOgrAAAA

https://www.pravda.com.ua/eng/news/2022/10/8/7370883/

https://www.theguardian.com/world/live/2022/oct/08/russia-ukraine-war-live-news-fire-engulfs-part-of-kerch-bridge-between-crimea-and-russia

https://twitter.com/oalexanderdk/status/1578751246391185408

https://www.politico.eu/article/russia-kerch-bridge-crimea-partially-destroyed-explosion/

https://www.youtube.com/watch?v=6mORLGcQH1g

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