27 GENNAIO 2023; GIORNO DELLA MEMORIA

Eccoci qua, in questo giorno doloroso a piangere e ricordare le vittime dell’Olocausto, ad aggi evento di limitata importanza per alcune persone, ma non di meno per altre.

Ricordiamoci, infatti che questo giorno non è dedicato solo al ricordo delle vittime ebraiche, antifasciste, omosessuali, zingari, testimoni di Geova e chiunque altro fosse ritenuto indesiderato dai fascisti e dai nazisti.

Dobbiamo tenere presente anche perché fu messa in atto questa “soluzione finale”; popolazioni che erano ritenute inferiori fisicamente e intellettualmente rispetto a una maggioranza non potevano avere “diritto di vita” solo per la differenza culturale, etica, religiosa, ideologica in cui credevano.

Oggi, infatti, sarà possibile leggere la testimonianza di una delle vittime della Shoah che sebbene abbia avuto la fortuna di non essere mai stato deportato in uno dei campi di sterminio ha potuto subire sulla propria pelle e vedere su quella della sua famiglia l’odio, l’indifferenza, la paura e lo sdegno che regnarono in quegli anni di terrore…

È stato fatto un incontro con il signor Ugo Foà, ebreo nato a Napoli nel 1928 e vissuto dopo Napoli a Torino, Palermo e dal 1980 a RomaSopravvissuto alla Shoah durante la Seconda guerra mondiale, gli è stato chiesto di raccontarci la sua storia quando all’epoca aveva 10 anni.

“La sua storia inizia con la visita di Hitler a Napoli nel ‘38; come si sentì quel giorno? Lei che era un Balilla, ma anche un ebreo.”

“Be se devo essere sincero è stata una grande festa per Napoli. Certamente quando a Napoli come in qualsiasi altra città d’Italia veniva un personaggio famoso come Hitler che lo era, anche se pessimo. Era un tiranno insomma è un altro discorso. Alla sua visita eravamo sotto il pieno regime fascismo quindi Hitler era alleato di Mussolini che era il capo del governo fascista quindi a Napoli c’è stata una grande festa, come sempre quando c’erano queste feste popolari partecipava tutta la popolazione, alle luminarie e certo io da bambino non erano state emanate le leggi antiebraiche. Certo erano state emanate in Germania, ma a Napoli, in Italia non erano ancora state emanate e la visita di Hitler a Napoli fu fatta prima dell’emanazione delle leggi razziali.”

“E quando arrivarono le leggi razziali; come riuscì a sopravvivere lei e la sua famiglia a tutte quelle umiliazioni sociali ed economiche?”

“Come abbiamo fatto, be è difficile dirlo in poche parole… Io partirei dall’impatto. Io e i miei fratelli nel 38 avevo 10 anni ero piccolo, ma non piccolissimo, ma era un momento importante, avevo finito le elementari, avevo fatto la 4- e la 5- e desideravo ardentemente andare al Ginnasio (medie). Siccome eravamo 5 fratelli, io sono il 3- quindi ne avevo 2 più grandi e il mio più ardente desiderio era di uscire con quelli più grandi. Uno faceva il Ginnasio e l’altro il liceo e io sognavo di uscire con i miei fratelli più grandi e questo nell’estate del ’38. A settembre nostra madre ci chiamò e ci disse che era stata emanata una legge che vietava ai cittadini ebrei di frequentare le scuole pubbliche e di conseguenza io non potei più frequentare la scuola. Per me, lo ricordo benissimo fu una disperazione, sono scoppiato a piangere, me lo ricordo, ho pianto moltissimo, me lo ricordo perché mi sono sentito tradito, mi sono sentito un sogno che svaniva ed era difficile capire come da un giorno all’altro mi si vietasse di andare a scuola e però dopo la reazione del pianto liberatorio, però insomma andando nelle scuole io dico sempre ai ragazzi che se volete piangere si può piangere di gioia e rabbia, di dolore. Il pianto è liberatorio, quindi mi sono ribellato, mi sono rimboccato le maniche. I miei genitori mi hanno trovato un professore e una professoressa e ho iniziato la 1-ginnasiale privatamente a casa e allora certo è stato triste anche perché non c’è una classe. Poi trovai un ragazzo napoletano anche lui ebreo e allora cominciammo a studiare una volta a casa sua e una volta a casa mia.”

“Mi dica come reagirono i suoi compagni di scuola non ebrei? Ha mai ricevuto solidarietà da uno di loro o da persone che erano state amici di famiglia prima delle leggi razziali?”

“Eh, questo è stato un altro dolore, perché io che avevo frequentato le elementari alla scuola pubblica ed ero membro di una classe di quarantuno scolari io mi aspettavo che qualcuno iniziasse a chiedersi perché non c’ero più. Io mi aspettavo che qualche compagno di scuola dopo un po’ si chiedesse che fine avessi fatto dato che non mi hanno mai più visto. Invece nessuno è venuto e questa mancanza di solidarietà è stato un altro dolore visto che in fondo la solidarietà dei compagni, studenti è importante, io penso e lo dico sempre, io penso che se uno di voi, da un giorno all’altro non andasse più a scuola da un giorno all’altro io penso che gli altri andrebbero a cercarlo e cercare di capire cosa è successo e invece nessuno si è fatto vivo. Ma io quando lo dico diciamo che per natura mi definisco buonista e ho anche pensato che noi vivevamo sotto una dittatura perché il fascismo è una dittatura e quando ci si vive non si è liberi di parlare, pensare, muoversi, agire. Io ho anche pensato che qualche compagno di banco visto che si formano i gruppetti avesse detto ai genitori che vado a cercare Ugo Foà che non lo vedo più e magari i genitori avranno detto. Mah forse è meglio non rischiare, impicciarci perché avevano paura d’agire, di pensare. E quindi mi è mancata la loro solidarietà e quindi per 5 anni ho studiato da privatista da solo con questo mio amico, Ugo come me. Io Foà e lui Sacerdoti e siamo andati avanti così. Altrettanto per gli amici, qualcuno si è dimostrato amico, qualcuno con delle visite, altri hanno avuto paura ad esporsi. Tra l’altro un nostro amico, un trentenne aveva visto tanti pericoli suggerì a mia madre di togliere il nostro nome dall’indirizzo di casa e al contrario di inserire il suo come il contratto d’affitto per luce e gas. Il portiere poi lo sapeva, ma comunque da quel giorno le bollette furono pagate da lui e se qualcuno avesse chiesto noi avremmo risposto dicendo che eravamo ospiti del signor Magrì.”

“Come reagì al momento dell’armistizio e al successivo arrivo dei tedeschi e dei fascisti in città?”

“Be, è stato un momento brutto e pericoloso, ma intanto facciamo un passo indietro. Ricordiamoci che nel 1940 l’Italia fascista ha dichiarato la guerra a Francia e Gran Bretagna e Napoli strategicamente importante per reti stradali, portuali e ferroviarie sono cominciati i primi bombardamenti subito dopo la dichiarazione di guerra da parte degli aerei francesi ed inglesi. I primi bombardamenti però erano diretti su obiettivi militari cioè sul porto, stazione ferroviaria e le abitazioni civili della zona. Noi non abitavamo li e quindi in quella fase i bombardamenti non ci hanno toccato…però ogni volta che passava un aereo suonava l’allarme e ci si doveva quindi nascondere e riparare nei rifugi antiaerei diversi dai successivi e noi andavamo nei rifugi. Il peggio è stato nel ’41 quando l’Italia ha dichiarato guerra agli USA e i bombardamenti sono stati molto più pesanti. Il primo bombardamento americano molto, molto violento è stato il 4 dicembre del 42 quando arrivò un numero enorme di aerei americani; le fortezze volanti. Sfuggivano al controllo dei radar, dei sistemi d’avvistamento e quindi in città sentivo e vedevo questi aerei e credevo fossero aerei italiani o tedeschi di passaggio, ma subito capii che non lo erano poiché sganciarono bombe e allora fu un bombardamento tremendo e furono colpiti non solo obbiettivi militari, ma anche civili e fu il primo di una serie di bombardamenti che è durato fino al ’43. Oltre alla distruzione e mancanza di servizi, la vita è stata difficile, però noi ebrei abbiamo avuto le stesse esperienze degli altri, non abbiamo avuto conseguenze peggiori. I nostri disagi e sofferenze sono iniziate prima con i giovani a causa delle leggi antiebraiche, ma poi è toccato agli anziani, licenziati, non consentivano licenze commerciali tant’è vero che molte famiglie sono scappate e si sono rifugiate in paesi più sicuri, altri no. La mia famiglia non ha potuto muoversi da Napoli, mio fratello maggiore è emigrato negli USA per cercare lavoro rimanendo lì e ottenendo la cittadinanza, oggi ha 102 anni. Mio padre avendo perso il lavoro è andato in Africa Orientale in Eritrea, curioso poi come si sia invertito il processo al giorno d’oggi e vedendo quante persone vengono dall’Africa in Europa. L’Italia poi aveva conquistato l’Etiopia e quindi rappresentava una sponda per molti ebrei. E quindi ci siamo ritrovati senza fratello, padre e senza mezzi. Noi eravamo 4 fratelli tutti ragazzini con la madre e si è dovuto campare arrangiandoci vendendo ciò che mia madre aveva come gioelli e mobili e in somma è stata una vita difficile.

Sono stati insomma cinque anni molto duri.”

“In un’intervista del 9 marzo 2021 ha dichiarato di aver odiato molto il suo paese per ciò che le aveva fatto. Per cui mi dica cosa ha provato verso alcune delle persone che avevano commesso questi crimini?”

“Certamente in quel periodo come ho anche ricordato è brutto odiare il proprio Paese dove sono nato e dove il mai famiglia aveva fatto il suo dovere con il servizio militare. Oltretutto in un Paese dove la stessa propaganda diceva: gli ebrei non sono degni di chiamarsi Italiani, non sono degni di essere considerati pari agli altri e che aveva una presa su una fascia dei cittadini. Qualcuno, infatti, ha affermato parole pesanti, anche se forse per ignoranza prevalentemente e allora certo io l’ho confessato e lo confesso che io e i miei fratelli abbiamo odiato il nostro paese perché come si fa ad amarlo se ci stava perseguitando che poi hanno privato i cittadini italiani di religione ebraica a furia di sentirsi disprezzati lo abbiamo odiati. E iniziata la guerra ogni volta che l’Italia subiva una sconfitta per noi non era un piacere, ma eravamo soddisfatti, perché poi se l’Italia e la Germania avessero vinto per noi le cose sarebbero peggiorate, anche perché poi non sapevamo nulla dei campi di concentramento. Rimanendo poi sull’Italia le leggi antisemite hanno privato i cittadini italiani di religione ebraica dei propri diritti civili. In seconda fase l’Italia fascista ha dato un apporto con rastrellamenti, arresti e infine sterminio, quindi privarli della vita. La guerra poi dilagava in tutto il mondo ed era difficile avere notizie dei campi di concentramento in Germania. Noi non fummo arrestati, ma alla fine della guerra capimmo tutto ciò e si capì da chi tornò che non erano campi di concentramento, ma di sterminio.”

“Come ho detto lei non è mai stato deportato in uno di quei campi di lavoro. Cosa ha provato nei confronti delle vittime nel momento in cui ne è venuto a conoscenza?”

“Certamente io facendo parte di coloro che si sono salvati e non sono stati arrestati, perché per solo pochi giorni noi siamo scampati alla cattura e ora poi qui vorrei fare una precisazione. Gli Americani sono entrati a Napoli il 1° ottobre. Napoli come tutta Italia dai primi di settembre era sotto il controllo nazista e gli americani erano bloccati a Salerno e non riuscivano ad arrivare a Napoli. Noi li aspettavamo e io lo voglio raccontare perché i libri di testo ne parlano poco, è successa una cosa bellissima e cruenta…il popolo napoletano si è ribellato contro i tedeschi e i napoletani senza preparazione e organizzazione, ma solo con il passaparola poiché i tedeschi avevano iniziato ad arrestare anche cittadini non ebrei e allora questo ha creato i presupposti per una rivoluzione e ci sono state quindi le 4 giornate di Napoli: 28, 29, 30 settembre sono state le giornate in cui con le armi trovate i napoletani si sono ribellate. Mi ricordo mia madre mi disse dia andare al negozio e vedere se c’era qualche patata e improvvisamente mi ricordo mi sono trovato in mezzo alla rivoluzione: tedeschi in moto, macchina, camion che sparavano e dai balconi che sparavano ai tedeschi che scappavano da una parte all’altra. Cadevano poi mobili, vasi di fiori e come conseguenza gli Americani che non riuscivano a sfondare il fronte grazie allo scoppio della rivoluzione i tedeschi hanno lasciato Napoli e gli americani hanno avuto la strada spianata e noi siamo stati liberati. Poi dai dati storici avuti abbiamo scoperto che erano state preparate le liste. Poi Napoli aveva 1.000.000 di abitanti, ma gli ebrei erano solo 400 ed erano tutti schedati e avrebbero dovuto essere arrestati. Le 4 giornate hanno anticipato la fuga dei nazisti, tenete presente che il 16 ottobre del ’43 loro entrarono nel ghetto di Roma dove risiedevano tra i 10 e 12 mila cittadini e ne sono stati arrestati tra i 1.200 e deportati alla stazione Tiburtina poi in Germania, Polonia e sterminate. Tenete presente che solo in 16 sono ritornati e infatti uno dei ponti di Roma è stato dedicato all’unica donna superstite.”

“Come molti altri non ha voluto parlare subito di queste sue esperienze, cos’è che le ha fatto cambiare idea?”

“Prima vorrei dire perché noi non abbiamo parlato, dico noi perché molti altri della mia stessa età hanno subito la stessa esperienza, ci siamo radunati e nessuno di noi ha voluto parlare, non avevamo voglia di raccontare, abbiamo avuto disagio anche con i nostri figli, lo abbiamo lasciato alle spalle. Dicevamo la guerra è finita, abbiamo avuto un periodo bellissimo, il ritorno alla libertà, alla democrazia. Anche quando lo dicevamo a nostra madre lei ci diceva: no, no non parliamone più. Nel 1988 poi ci sono stati i 50 anni delle leggi antiebraiche e allora sono iniziate cerimonie per ricordare e ci hanno invitato a testimoniare; molti rifiutarono perché non fu facile specialmente per arresti e uccisioni subite e personalmente io fui invitato da un’amica a parlare a dei suoi studenti e sono andato. Inizialmente ero emozionato, mi veniva da piangere, sapete ero a disagio, mi ero anche scritto degli appunti per ricordare a me stesso cosa dire, ma da allora è stata una cosa dopo l’altra, mi sono venute molte richieste come ai miei fratelli e ad amici e allora ci siamo un po’ sparpagliati, ma non sempre in scuole. Io a volte sono stato in cerimonie comunali, io poi faccio parte dell’associazione Progetto Memoria e naturalmente c’è chi ha avuto di peggio ed ‘è stato difficile raccogliere tutte queste testimonianze e d’altra parte noi siamo pochi e diminuiamo anno per anno, ma anche quelli attualmente in vita mostrano difficoltà, io poi con molte precauzioni lo faccio volentieri anche se non mi muovo più come anni fa. Mi muovo con molta preoccupazione e anche i miei figli mi chiedono di viaggiare con precauzione.”

“Come ha dichiarato lei fa parte dell’associazione “Progetto Memoria”, quando è entrato e quale contributo svolge?”

“Noi ci siamo costituiti nel 2007, ma all’inizio avevamo un gruppo di religione ebraica e ci siamo accorti che con il passare degli anni venivamo invitati continuamente con il passare degli anni e aumentava il desiderio delle scuole dia vere testimoni. Così abbiamo creato un gruppo di lavoro e infine abbiamo costituito un’associazione il cui fine è tramandare la memoria ai giovani, soprattutto a loro e ai non giovani, perché a volte ci sono persone adulte che hanno bisogno di ricordare ciò che è accaduto. È poi importante lasciare ai giovani qualcosa da ricordare perché come diciamo sempre noi: se non si conosce il passato non si può costruire il futuro. Quindi anche voi giovani dovete sapere ciò che è successo nel nostro Paese e non basta naturalmente questa nostra chiacchierata. Occorre che approfondiate e facciate ricerche anche dolorose e sappiate ad esempio che alcuni ebrei sono stati arrestati per segnalazioni fatte da altri italiani non ebrei che evidentemente erano fascisti che li hanno segnalati. Com’è possibile che sia successo? Noi che ci vantiamo di essere un Paese civile, quelle persone lo sapevano cosa sarebbe successo a chi veniva denunciato e per di più chi denunciava una famiglia di ebrei, ma anche antifascisti percepiva anche un compenso in lire. Ora voi non li conoscete, ma c’è una canzone che diceva: potessi avere 2 lire… ora quando è venuto l’euro 1 £ erano 2000 lire ed inoltre avere 1000 lire al mese era più che segnato. Le cifre erano 5000-8000 per un uomo, di più se si trattava di una famiglia con bambini, moglie e marito, ma insomma variava con l’età e quindi pensare che qualcuno si sia arricchito denunciando più famiglie possibili arrestate e non più tornate è una cosa orribile e vale la pena farci una riflessione poiché è avvenuto.”

“Facendo un passo indietro, ma restando sulle sue conoscenze ho letto che lei ha avuto modo di conoscere primo Levi, mi dica come è successo e cosa ha provato nell’ascoltare i suoi racconti?”

“Io qui sono stato fortunato perché io per lavoro alla fine degli anni 50 per lavoro mi sono trasferito a Torino e allora avevo 3 bambini e andavano nella stessa scuola ebraica dei figli di Primo Levi e quindi io lo conobbi. Non era ancora uscito il suo libro. Se questo è un uomo, uscito poi dopo il rifiuto di molte case editrici. Primo Levi era di età più vecchio di me, aveva 20 anni nel 43 quando fu arrestato. Lui era di poche parole, lo giudicavamo un timido e quando si vanno a prendere i bambini di solito si parla, io mi ricordo solo un buongiorno e buonasera da lui. All’inizio non sapevo bene neanche io la sua storia, poi quando ha iniziato a scrivere la sua storia anch’io mi sono sentito nei suoi confronti quasi in uno stato di infermità. Quando lui si presentò in pubblico era titubante, timido, impacciato, ma raccontava fatti che a cui i presenti rimasero ammutoliti. Noi poi abitavamo vicini e quindi quando i nostri figli si incontravano a casa di uno o dell’altro anche noi finivamo per parlare. Poi lui ha iniziato la presentazione dei suoi libri e io gli ultimi anni l’ho sentito molte volte in televisione perché poi la tecnologia prese il sopravvento e insomma mi sono sentito onorato di aver avuto dei contatti con lui. Non posso dire di aver avuto un rapporto d’amicizia, ma di conoscenza, poi l’ho seguito molto sia per libri e interventi. Devo poi dire che la sua tragica fine mi ha sconvolto quando lo perdemmo negli anni ’80 quando lui si suicidò. Non credo poi che ci siano dubbi riguardo al suo suicidio e io e mia moglie quando lo scoprimmo restammo sconvolti.”

“tra l’altro avendo scritto un libro sulla sua vita durante le leggi razziali cosa ha provato nel momento della sua stesura?”

“Io non mi voglio paragonare neanche lontanamente a Primo Levi, l’ho scritto solo su insistenza dell’editore della provincia di Lecce che aveva ascoltato molti miei interventi nel Sud. Io non volevo scrivere, ma lui è stato molto insistente, così prese l’appuntamento con il signor Piero Manni; tuttavia, si è ammalato ed’ è morto prima che terminassi di scrivere. Sua figlia poi mi volle incontrare per portare a termine l’incarico. Così 2 anni nel 2021 è uscito il libro che inaspettatamente ha avuto un gran successo e se lo leggete si vedono molte schede didattiche esemplificative dove raccontano leggi e situazioni verificate ed esistenti nel periodo. Un libro poi rivolto soprattutto agli studenti, ma anche agli adulti e sono molto contento, non ci pensavo proprio, la prima edizione poi finì in poco tempo. Io dico che è stato merito dell’editore che mi ha convinto a scrivere, ma anche della stampa e della televisione che hanno dato successo al libro.”

“Avvicinandoci ai nostri giorni secondo l’osservatorio contro l’odio nel 2021 il 15,6% degli italiani ha negato l’esistenza della Shoah e il 23,9% pensa che gli ebrei controllino il potere economico e finanziario. La situazione nel 2022 non è affatto migliorata. Sentendo questo lei cosa prova?”

“Sinceramente io provo rabbia, non credo che poi in Italia ed Europa possa tornare un antisemitismo paragonabile a quello accaduto nel secolo scorso come una forma di persecuzione, sono sicuro che non possa ripetersi e anche con questa forma di scetticismo che può essere una forma di antisemitismo. Certo rabbia ne provo e se mi capite anche sentendo dall’uomo della strada una frase dettata dall’ignoranza come forse succede generalmente per questi discorsi quindi neanche sapere la storia ebraica, le varie forme di antisemitismo. Va approfondita la storia dell’antisemitismo e dare un giudizio sui campi di concentramento e badate bene, lì non sono morti solo 6.000.000 di ebrei, ma anche alcuni milioni di cittadini non ebrei colpevoli di essere omosessuali, testimoni di Geova, antifascisti e quindi si deve stare attenti. Si può passare facilmente dall’antisemitismo al razzismo e allora i pericoli possono essere tanti ecco perché voi giovani avete un dovere. Noi vi stiamo passando il testimone, noi vi stiamo cedendo il passo e sarete voi i destinatari della fiducia altrui. Io mi fido. Spesso poi sono gli adulti a essere insofferenti verso i giovani e si qualche volta lo sono anch’io per qualche atteggiamento di maleducazione come farei anche con i miei figli e nipoti e cerco di intervenire. Certo non posso farlo con i ragazzi per strada perché non posso fare l’educatore pubblico, però secondo me i giovani d’oggi sono molto meglio di quanto molti affermano. Ci sono poi giovani superficiali con voglia di restare ignoranti, ma tutto ciò dipende da voi e quindi è importante rispettare il prossimo e veramente non posso manifestare la mia amarezza quando leggo ad esempio di cittadini che durante le partite manifestano contro i neri ad esempio. Perché poi non sono molti, sono un gruppetto che a un certo punto manifestano i loro sentimenti pubblicamente. Il problema è che chi gli è accanto non si discosta. Io se mi fosse capitato a un certo punto vedere questo io me ne sarei andato perché il tema è l’indifferenza altrui.”

“Ritiene, quindi, malgrado i dati mostrati che i giovani della nostra età, ma anche inferiore possano smarrirsi sul tema della memoria e del periodo fascista e nazista?”

“Il pericolo c’è. Noi che facciamo testimonianza lo facciamo proprio per evitare che possa smarrirsi o affievolirsi perché questo è inevitabile che con il passare del tempo questo accada. Con il passare degli anni e decenni certi eventi rientrano nella storia coinvolgendo di meno. Questa è l’importanza della testimonianza e quindi in futuro quando noi non avremo più la forza fisica di portare la nostra testimonianza. Per questo anche noi ci portiamo dei giovani; non per preparali, ma perché raccontino la nostra testimonianza raccontando fatti anche possibilmente tipo nome, cognome e località, essere pignoli poiché altrimenti sarebbe troppo generico. Così si può trasferire meglio.”

A cura di Tommaso Bernardini

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