È POSSIBILE FERMARE IL CONFLITTO SIRIANO?
INTRODUZIONE
A seguito di ormai più di un decennio di guerra la risoluzione del conflitto siriano sembra essersi arrestato. Gli scontri tra gruppi armati di opposizione e forze governative continuano ad estendersi nel territorio, ormai diviso in aree di controllo, trasformandosi in un susseguirsi di eventi sempre più violenti la cui vittima principale è la popolazione civile. Una stabilizzazione sul territorio siriano porterebbe benefici economici, sociali e politici ai molteplici attori, a più livelli, coinvolti.
Perché sarebbe positivo individuare un attore in grado di elaborare e sostenere una strategia di risoluzione del conflitto che possa mostrare alle parti in gioco i benefici che potrebbero trarre da accordi pragmatici?
OBIETTIVI E ATTORE
L’obiettivo è quello di riuscire a giungere a delle strategie che possano essere in grado di risolvere il conflitto e di individuare chi possa attuare tali strategie.
A fronte delle diverse posizioni assunte dai tanti attori coinvolti, l’unica figura che sembrerebbe in grado di poter porre un termine al conflitto è l’ONU. Già dall’inizio del conflitto hanno avuto luogo numerosi colloqui di pace intra-siriani convocati dall’allora Inviato speciale dell’ONU per la Siria, Staffan de Mistura, sulla base della Risoluzione 2254 del dicembre 2015. Tale risoluzione prevede il ruolo dell’ONU nel coinvolgere tutti gli attori implicati al tavolo dei negoziati, l’impegno a sostenere la sovranità, l’indipendenza, l’unità e l’integrità territoriale della repubblica siriana e approva le “Dichiarazioni di Vienna” per il perseguimento della piena attuazione del Comunicato di Ginevra come base per una transizione politica guidata e controllata dai siriani al fine di porre termine al conflitto sottolineando che sarà il popolo siriano a decidere il futuro della Siria. Inoltre la Risoluzione 2245 del 2015 riconosce il ruolo dell’ISSG, come piattaforma centrale necessaria a facilitare gli sforzi delle Nazioni Unite per raggiungere una risoluzione politica duratura.
L’intervento dell’ONU è considerabile come unica via di risoluzione nel conflitto siriano, sebbene veda una forte opposizione di uno dei suoi membri permanenti, la Russia, che continua a sostenere il regime di Assad sia per tutelare interessi economici e strategici sia per limitare il controllo delle potenze occidentali in Medio Oriente.
Sebbene la Risoluzione 2245 dell’ONU sia la formula più legittima a livello internazionale per la futura riunificazione della Siria, non è attualmente realizzabile. Vi è dunque la necessità di fare della Siria un ambiente calmo, sicuro e neutrale così da poter sviluppare accordi pragmatici che possano avviare un percorso di transizione verso quanto contenuto nella Risoluzione 2245.
OPZIONI POLITICHE
L’ONU deve formulare una proposta di soluzione che mostri a ogni attore come essa costituisca un vantaggio maggiore rispetto al proseguimento del conflitto stesso e che non presenti il conflitto come un gioco a somma zero. Difatti proprio per la natura pragmatica degli accordi ricercati, nessun attore coinvolto dovrebbe essere escluso dai negoziati, a prescindere dalle percezioni reciproche. Inoltre qualsiasi meccanismo negoziale attuato dovrebbe presupporre la parità tra tutte le parti, poiché senza tale principio gli accordi saranno iniqui e difficilmente duraturi.
Il punto di partenza dei negoziati dovrebbe quindi essere l’avvio di colloqui tecnici volti ad individuare i panieri di questioni trasversali che possano essere discusse. Ciascuna di esse può in un primo momento essere affrontata separatamente, dopodiché si cercherà di ottenere l’accordo di tutte le parti interessate. Un antecedente di questo approccio esiste in Libia, dove la JMC 5+5, mediata dalle Nazioni Unite, è riuscita a riaprire le principali autostrade. Nonostante ciò dovrebbe esserci un approccio like-for-like, vale a dire che tali negoziati non dovrebbero trasformarsi in un’arena per lo scambio di concessioni su questioni non comparabili. Piuttosto andrebbero individuati dei panieri di questioni e discuterli in base ai loro meriti.
RACCOMANDAZIONI
Questa strategia può essere attuata gradualmente attraverso due dimensioni principali:
- Mettere in atto accordi pragmatici sulle linee trasversali che facilitino gli scambi e i viaggi civili, sostengano le economie locali, soddisfino le esigenze educative di base, migliorino la sicurezza e facilitino i flussi di aiuti.
- Migliorare la governance all’interno delle diverse aree di controllo
Questo genere di approccio sembra essere il più percorribile poiché presenta risvolti allettanti per quasi tutte le parti in gioco. Innanzitutto sia per gli Stati Uniti che per l’Unione Europea la stabilizzazione e la convergenza tra la Siria nord-occidentale e quella nord-orientale possono contribuire ad attenuare le tensioni con la Turchia, che a sua volta vedrebbe sbloccata l’assistenza finanziaria dell’UE per i piani dichiarati da Ankara di reinsediare 1.000.000 di rifugiati siriani nel nord della Siria e vedrebbe anche un rafforzamento dell’economia turca riaprendo l’accesso via terra ai mercati del Golfo.
Inoltre tale strategia fornirebbe alla Russia un percorso pratico per i negoziati con gli Stati Uniti sulle sfere di influenza che riconoscano gli investimenti militari della Russia stessa e potrebbe diventare un mezzo per una futura de-escalation con l’Occidente in seguito alla cessazione delle ostilità in Ucraina.
Da tale strategia anche il regime di Assad otterrebbe un ritorno dato che è probabile che questo approccio incoraggi una maggiore assistenza umanitaria da parte delle Nazioni Unite e che potrebbe rappresentare un’opportunità per ricostruire gli ormai spezzati legami con gli Stati arabi. Per giungere a tali risultati l’obiettivo di Assad di riprendersi militarmente il territorio siriano dovrebbe essere abbandonato e dovrebbe focalizzarsi sulla priorità politica di alleviare le condizioni umanitarie ed economiche, lavorando, al contempo, per unificare la Siria con mezzi politici.
CONCLUSIONE
Una strategia di questo genere richiede un’ampia partecipazione sociale, dall’accordo dei principali attori interni del conflitto al consenso delle parti interessate esterne. Proprio per questa ragione i primi progetti devono essere attentamente formulati affinché possano soddisfare gli interessi locali e internazionali. A prescindere dalle sfide e dai legami tra gli attori in gioco, legami che possono trasformarsi in percorsi di risoluzione, questa strategia rappresenterebbe un passo nella giusta direzione.
A cura di Irene Cipriani