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Introduzione
La demografia è una disciplina statistica che studia le variazioni di una popolazione nel tempo. È quindi quella scienza che riesce a collocare in una linea temporale i dati grezzi di un censimento, contestualizzandolo e ricavandoci un trend. Le previsioni empiriche a cui la demografia giunge – riassumendo, quanti saranno e che età avranno i membri di una comunità in futuro – hanno portato nel tempo a pensare la disciplina come branca della sociologia, in quanto da queste elaborazioni statistiche si è poi in grado di trarre conclusioni sul contesto sociale di tali comunità, e generalizzando sui singoli attori sociali.
Per condurre un’analisi demografica è necessario concentrarsi su tre aspetti della vita individuale, che devono essere studiati per ogni membro di una data comunità: elevando quindi a carattere macroscopico l’indagine, si otterrà un disegno comprensivo di tale comunità. Questi tre “pilastri” della ricerca demografica sono: la nascita di nuovi individui, e di conseguenza la fertilità della popolazione, principalmente misurata con il tasso di fertilità (il numero medio di figli per donna), oppure il tasso di natalità (il rapporto tra numero di nascite e la quantità della popolazione media); le migrazioni di popolazioni (in uscita, chiamate emigrazioni, e in entrata, le immigrazioni); e infine le morti.
Questi tre criteri fondamentali – ce ne sono tanti altri, ad esempio: il genere, l’età, l’educazione, l’occupazione, l’orientamento politico – permettono di costruire dei grafici che guidano alla formulazione di conclusioni sul tessuto sociale di un territorio, ma anche un’analisi della rilevanza economica di un paese, o, addirittura, considerazioni geopolitiche di quel territorio.
Il grafico più usato e che si vede più spesso quando si parla di demografia di un territorio è la piramide demografica (immagine in copertina). La piramide demografica è un grafico che rappresenta l’andamento demografico di una popolazione, distinguendola in maschile e femminile. Sull’asse verticale sono raffigurate le classi d’età, mentre sull’asse orizzontale viene rappresentata la numerosità della popolazione della classe di età in questione.
Il disegno che il grafico ci restituisce è una sorta di piramide, che ci permette velocemente di comprendere la suddivisione in età di una popolazione: una piramide con un’ampia base rappresenta una popolazione giovane (detta “youth bulge”) e di conseguenza ancora in via di sviluppo.
In generale, in futuro, la fetta di giovani che oggi costituisce la base della piramide si sposterà in alto: i giovani di oggi diventeranno i lavoratori di domani, e la popolazione in questione, se riuscirà a sfruttare al meglio il capitale umano che ha a disposizione, riuscirà a fare progressi nell’economia e nel benessere.
Nei paesi più sviluppati, invece, si osserva un’altra situazione: la piramide è più schiacciata in basso, e a volte ha addirittura dei picchi di larghezza in età adulta o anziana. È questo il caso dell’Europa e dell’Occidente in generale, dove il tasso di fertilità è sempre più basso e il ricambio generazionale è in pericolo.
Il caso indiano
Se stiamo parlando di demografia è perché a metà di aprile, il giorno preciso è difficile stabilirlo, l’India ha sorpassato la Cina ed è diventata il paese più popoloso del mondo, con oltre 1 miliardo e 450 milioni di abitanti. Il dato in sé dice molto sull’elevata popolazione grandezza imponente dell’India, ma poco o nulla su come la popolazione, la sua conformazione, distribuzione e caratterizzazione, orienteranno il futuro del paese. Per analizzare il dato, e non solo contarlo, dobbiamo rivolgerci ancora una volta alla demografia, e agli strumenti che è in grado di offrirci.

La piramide demografica dell’India (mostrata sopra) evidenzia chiaramente come la gran parte della popolazione sia ancora giovane. Non solo, le Nazioni Unite prevedono che la popolazione indiana aumenterà, più o meno di un punto percentuale all’anno, fino al 2060, e che il tasso di fertilità rimarrà costante ancora per qualche decennio.
Secondo le previsioni, nel 2040 il 70% della popolazione indiana sarà in età lavorativa, un aumento rispetto al già alto 65% del 2020. Tutto questo capitale umano può essere uno strumento preziosissimo per un’imponente crescita economica nazionale. Il paese però dovrà essere bravo a sfruttare questa occasione, altrimenti potrebbe ritrovarsi a gestire una situazione di forte disoccupazione e tensioni sociali. Una forza lavoro sempre più istruita richiederà posizioni lavorative qualificate: l’economia indiana dovrà aggiornarsi e creare poli di eccellenza che possano impiegare i giovani indiani laureati. Il progetto “Make in India”, lanciato nel 2014, ha proprio questo scopo, anche se con risultati discutibili. D’altro canto, mentre l’istruzione fa progressi, il dato generale dice che ancora un terzo della popolazione indiana non è mai andata a scuola e il 20% della popolazione adulta è analfabeta.
Un paese con così alte potenzialità e dalle grandi ambizioni (complice l’estenuante retorica del Primo Ministro Narendra Modi) dovrà rimboccarsi le maniche per portare la propria economia ad un livello superiore. Prima di tutto l’India dovrà impegnarsi ad attutire le problematiche che esistono a livello di benessere: l’urbanizzazione, che stenta ancora ad arrivare nelle regioni settentrionali, ma anche il sistema sanitario, con una rete ospedaliera ancora insufficiente e un’aspettativa di vita di appena 70 anni.
A cura di Leonardo Antonelli
Fonti
What is demography? (Max Planck Institute for Demographic Research): https://bit.ly/41hmL50
Che cos’è una piramide demografica (Il Post): https://bit.ly/3LMhFbk
Globalization and geodemographic revolution (Alfonso Giordano): https://bit.ly/3HL5CtG
India’s population to surpass China this week (BBC): https://bit.ly/3HRrJPg
Will this be the “Indian Century”? Four key questions (New York Times): https://bit.ly/3HR2r3P
The geodemographic future of India. Geopolitical and geoeconomics perspectives (Alfonso Giordano): https://bit.ly/44FrzUP