Domani il popolo americano sarà chiamato al voto. La campagna elettorale dei due candidati nelle ultime settimane si è concentrata sempre di più nei cosiddetti battleground states, come ad esempio Florida, Pennsylvania, Michigan e Wisconsin ma non solo.
Se da questo punto di vista l’elezione americana sembra seguire lo stesso copione ogni quattro anni, sarebbe sbagliato dire che quest’anno non sia stata una campagna a dir poco atipica. Dal contagio di Trump a un mese dall’elezione, i discorsi drive-in di Biden e la noncuranza per il distanziamento sociale dimostrata dal presidente ai suoi eventi, è difficile non notare come quest’elezione abbia risentito della pandemia globale di coronavirus.
Domani sera sarà finito tutto però, sapremo chi prenderà posto nella Casa Bianca e chi tornerà a casa sconfitto, forse.
Normalmente sarebbe così, però se c’è una cosa che abbiamo capito è che il 2020 non è un anno nomale. Infatti c’è il rischio di non sapere il nome del vincitore durante la election night ma giorni dopo, come era successo nel 2000 quando, dopo diversi conteggi delle schede in Florida, stato chiave in quell’elezione ma non solo, venne eletto presidente il candidato repubblicano George W. Bush a scapito del vicepresidente uscente Al Gore per poco più di 500 voti.
Il voto via posta
Negli Stati Uniti esiste il cosiddetto absentee ballot, ovvero la possibilità di votare senza recarsi fisicamente al seggio elettorale. Questa pratica è stata espansa enormemente in vista delle elezioni di domani a causa della pandemia in corso e in molti stati non è più necessario avere motivazioni particolari per poter richiedere di votare da casa.
Donald Trump è sempre stato molto critico nei confronti del voto via posta e ha spinto i suoi sostenitori a evitare di votare in questo modo per via di possibili brogli elettorali. Dall’altra parte i democratici sono invece grandi sostenitori di questa pratica e si stima che dei 50 milioni di americani che hanno già votato in questo modo la maggioranza siano appunto sostenitori di Joe Biden.
Voters suppression
La competizione per la Casa Bianca non è mai stata priva di colpi bassi e competizioni quasi sleali, tra uno scandalo e l’altro però si presta poca attenzione ai trucchetti più celati, come ad esempio il cosiddetto “gerrymandering” oppure la pratica ben poco democratica della voters suppression, che consiste nel reprimere parte dell’elettorato per svantaggiare un partito in particolare.
Nella storia delle campagne elettorali a stelle e strisce entrambi i partiti hanno utilizzato questa pratica per cercare di avvantaggiarsi. Nel passato recente però è diventata pratica comune per il partito repubblicano. A partire dalla repressione del voto nei quartieri neri delle grandi città fino ad arrivare oggi al cercare di rendere il più difficile possibile votare via posta.
L’elezione 2020 e i problemi con il voto via posta
Come abbiamo detto si stima che 50 milioni di persone abbiano votato via posta, questo numero corrisponderebbe a circa un terzo del numero degli elettori totali nella scorsa elezione presidenziale. Di questi 50 milioni la maggior parte si pensa che possa essere democratica.
Secondo l’US Electoral Project dell’Università della Florida, 38 milioni su 50 di queste schede non sono ancora arrivate a destinazione nei propri seggi e questo potrebbe essere un grande problema.
Infatti, per via dell’enorme espansione del voto via posta in questa elezione in molti stati si è dovuto provvedere ad adattare la legge per riuscire a ricevere e contare tutte le schede consegnate dal servizio postale.
Cosa succede se, un voto inviato prima del 3 novembre arriva però in ritardo al seggio?
Molti stati a questa domanda hanno risposto che il voto verrà regolarmente contato purché arrivi entro un determinato numero di giorni al seggio elettorale.
In Pennsylvania, ad esempio, è stato deciso che si darebbe continuato a contare le schede elettorali per i tre giorni successivi all’elezione, quindi fino al 6 novembre. Questa legge è arrivata fino alla corte suprema che, votando 4-4, ha confermato la decisione presa dalle corti inferiori, ovvero di mantenere quest’estensione del limite.
Se la corte suprema avesse negato questa possibilità si stima che fino a 100’000 voti sarebbero stati a rischio di non essere contati, il che avrebbe potuto avere conseguenze monumentali in uno stato che quattro anni fa è stato conquistato da Donald Trump per poco più di 44’000 voti, meno dell’1% dell’elettorato.
In Wisconsin lo stesso problema ha però avuto il risultato opposto. Dopo che una corte aveva istituito un’estensione della deadline per ricevere i voti via posta di sei giorni, la corte suprema si è espressa 5-3 contro questa decisione e sarà quindi vietato contare i voti arrivati dopo la chiusura dei seggi il 3 novembre.
Per farvi capire quanto questo problema possa essere decisivo, il 7 aprile scorso sempre in Wisconsin si sono tenute le elezioni per il governatore dello stato. Secondo un report dell’ufficio elettorale dello stato 79’000 voti sono arrivati nei sei giorni successivi all’elezione e, se non fossero stati contati, il 7% dei voti via posta sarebbe andato perduto.
Questo problema ha ovviamente conseguenze enormi nei cosiddetti swing states. Anche gli stati che non sono protagonisti della campagna elettorale hanno visto tentativi di influenzare il voto. In California, uno stato fortemente democratico, sono stati posizionati dei finti punti di raccolta per i voti via posta, non autorizzate dallo stato. Il governatore californiano ha velocemente risolto il problema ma episodi di questo tipo si sono verificati in molti altri stati come ad esempio il Texas o la North Carolina.
In conclusione, sebbene sia possibile che domani sera i risultati dell’elezione siano già evidenti, non bisogna sottovalutare la possibilità che, soprattutto nell’evento di un risultato molto teso, si debba aspettare che tutte le schede siano state contate, il che potrebbe richiedere giorni, se non settimane. Questo perché mentre in molti stati il conteggio delle schede inviate via posta è già iniziato, in alcuni stati chiave come i già citati Pennsylvania e Wisconsin ma anche nel Michigan, il conteggio non inizierà prima dell’apertura dei seggi.
Non ci resta altro che assistere allo svolgimento delle elezioni sperando che il minor numero di voti possibile vada perduto in modo tale da avere il risultato più corretto possibile.
Umberto Costa Broccardi