La Conferenza sul Futuro dell’Europa e le prospettive per l’Unione europea

Le crisi dell’Europa

Dalla CECA ai Trattati di Roma, dal “progetto Spinelli” all’Atto unico europeo, da Maastricht ad Amsterdam, da Nizza al progetto di Costituzione europea, da Lisbona al Next Generation EU. La grandiosità dell’idea di Europa, così come la sua origine, storia ed evoluzione, sono state accuratamente indagate dai maggiori accademici e tecnici internazionali nel corso di sette decenni di vita comunitaria[1]. Con esse, i traguardi e i limiti della struttura europea. In particolare, questi ultimi – acuiti dalle numerose crisi abbattutesi sul continente – sono emersi in tutta la loro potenza negli ultimi anni, come causa e allo stesso tempo effetto di quel funzionalismo e di quel metodo intergovernativo[2] che ha imbrigliato la politica europea rilegandola in un angolo poi mai rispolverato. Volendo mettere da parte il fallimento politico del 2005[3], più lontano nel tempo – e che comunque rappresenta l’origine della messa in pausa del processo di integrazione politica – l’Europa è stata infatti sconvolta, a partire dal 2008, da una serie di crisi la cui gestione ha alimentato la narrativa euroscettica e nazionalista che ha contribuito a minare la coesione tra gli stati membri e a compromettere l’essenza stessa dello spirito europeo. Dall’interminabile crisi finanziaria all’emergenza migratoria tutt’oggi in atto, dal fenomeno terroristico alla Brexit, fino alla recente pandemia da covid 19, un’analisi degli eventi susseguitesi in poco più di dieci anni è strumentale a dimostrare che il trait d’union delle crisi europee è costituito dall’assenza di una logica solidaristica tra gli stati, laddove proprio solidarietà e identità collettiva costituiscono le componenti immancabili e inscindibili di un progetto politico riuscito. Alle contingenze esterne si aggiunge un limite strutturale propriamente interno all’Unione. Le numerose sfide che essa ha dovuto affrontare sin dalla sua istituzione hanno portato infatti alla diagnosi di una “malattia cronica” che ha come sintomi la mancanza di legittimazione democratica, la carenza di trasparenza nei processi decisionali e il difetto di accountability: sono queste alcune delle componenti che vanno a costituire la nozione di quel deficit democratico[4] che trova la sua origine nei trattati e rimanda alla necessità di democratizzazione dell’Unione europea posta alla base dell’iniziativa sulla Conferenza sul Futuro dell’Europa.

La Conferenza sul Futuro dell’Europa

La proposta di attuare una Conferenza sul Futuro dell’Europa è stata lanciata per la prima volta dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron nella sua “Lettera ai cittadini europei”[5] del marzo 2019, sulla scia della rinnovata volontà delle popolazioni degli Stati membri di giocare un ruolo più attivo nel processo decisionale dell’Unione manifestata dall’affluenza alle urne delle ultime elezioni del Parlamento europeo[6], e in vista di quelle del 2024. Pur non trattandosi della prima iniziativa di questo genere[7], inserendosi nel contesto dei programmi volti a garantire un ruolo attivo ai cittadini sulla scena comunitaria[8], essa costituisce un tentativo originale di dar voce alle istanze del popolo europeo coinvolgendo direttamente la società civile dell’Unione. La Conferenza, che si sarebbe dovuta inaugurare nella data simbolo[9] del 9 maggio 2020, è stata poi rimandata a seguito dello scoppio della pandemia da SARS-COV2, e avviata la scorsa domenica in occasione della settantunesima Giornata dell’Europa. Secondo quanto concordato da Parlamento, Consiglio e Commissione europea nella dichiarazione congiunta firmata lo scorso 10 marzo[10], essa si concreta in un processo bottom-up incentrato sulle opinioni dei cittadini e dovrà fornire orientamenti sul futuro dell’Europa entro la primavera del 2022. Basata sui valori dell’inclusività, dell’apertura e della trasparenza, la Conferenza è presieduta dalle tre istituzioni e gestita nei suoi lavori da un comitato esecutivo – che le comprende equamente – assistito da un segretariato comune. Ormai da diversi anni al primo posto delle prerogative europee e internazionali, la Conferenza sul Futuro dell’Europa sarà lo spazio per affrontare il problema costituito dalla crisi climatica e la sede per avanzare proposte e intraprendere la discussione sul Green Deal europeo, così come sui rilevantissimi temi della politica sociale, della digitalizzazione, dei valori europei, delle sfide migratorie, della democratizzazione della struttura europea. Soprattutto, sarà questo il luogo per affrontare «questioni trasversali connesse alla capacità dell’UE di realizzare le priorità politiche»[11], alla legiferazione, ai principi di sussidiarietà e proporzionalità. La Conferenza potrebbe – e auspicabilmente, potrà – rappresentare l’occasione per intavolare un necessario dibattito politico in merito all’evoluzione del processo di integrazione europea in senso sovranazionale ovvero intergovernativo, oltre che favorire la riflessione sull’eventuale ampliamento delle competenze dell’Unione e sull’estensione dell’iniziativa legislativa del Parlamento europeo. Tenendo fede all’idea originariamente proposta del Presidente francese, essa dovrebbe avere un’autorevolezza politica e istituzionale tale da poter affrontare il tema dei cambiamenti necessari alla revisione dell’assetto europeo, non limitata nei contenuti e negli obiettivi e pronta a condurre, se necessario, a una riforma dei trattati[12]. Una simile possibilità è stata però scartata dal Consiglio dell’Ue, eliminando di fatto uno degli esiti più interessanti dell’iniziativa.

Prospettive per l’Unione europea

La scelta di non far rientrare la Conferenza nella sfera di applicazione dell’articolo 48 del TUE[13] è la chiara manifestazione da parte dei governi nazionali rappresentati nel Consiglio dell’attaccamento alla sovranità nazionale e della poca disponibilità a condividere le competenze statali nell’ambito della sfera politica. In ogni caso, le considerazioni espresse in occasione di questi dialoghi sul futuro dell’Europa dovranno dar luogo a un processo di riforma, pena una inevitabile perdita di credibilità nell’Unione e nelle sue istituzioni. Per un costruttivo dialogo sul futuro europeo è poi necessario che gli Stati membri si confrontino sulle rispettive visioni di Europa, interrompendo la decennale fase di stallo che vede paesi dalle tradizioni politiche divergenti costretti sotto uno stesso tetto di diritti che non sono disposti a rispettare. La divergenza est-ovest, e in maniera minore quella nord-sud, appare minacciosa per il progresso del progetto europeo, che rischia di esserne irrimediabilmente rallentato. Se la prospettiva di una Unione che non necessiti divisioni è stata, fino ad oggi, liberatoria, occorre forse ripensare la via dell’integrazione in un’ottica di discontinuità, in linea con il tempo – senza precedenti – che l’Europa si trova ad attraversare. Si lancia così la proposta, logica e condivisibile, di far nascere, accanto all’Unione prettamente economica, una organizzazione politica[14]: entrambe «basate su distinti ordini legali, eppure abitanti nello stesso condominio economico»[15]. Per abbracciare questa proposta, è chiaro, bisogna disaffezionarsi dalla concezione di Unione europea come corpo unitario e prendere atto della già avvenuta differenziazione interna[16]. Insomma, scegliere: se mantenere le divergenze internamente all’Unione oppure procedere a un suo “sdoppiamento”[17]

A cura di Ludovica Blotti.

[1] Tra i numerosi volumi dedicati all’argomento, si segnalano V. Castronovo, L’avventura dell’unità europea. Una sfida con la storia e il futuro, Einaudi, Torino, 2004; G. Mammarella e P. Cacace, Storia e politica dell’Unione europea, Editori Laterza, Bari, 1998; B. Olivi e R. Santariello, Storia dell’integrazione europea. Dalla guerra fredda ai giorni nostri, il Mulino, Bologna, 2005.

[2] Il metodo intergovernativo è il modello decisionale utilizzato nell’ambito della Politica estera e di sicurezza comune (PESC), della Giustizia e affari interni (GAI) e della politica economica dell’Eurozona. In questi settori gli Stati membri rivestono un ruolo molto importante, condividendo il diritto di iniziativa legislativa con la Commissione europea e prendendo decisioni all’unanimità nell’ambito del Consiglio europeo. Nel metodo intergovernativo il ruolo del Parlamento, inoltre, è solo consultivo. Limitato anche il ruolo della Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE). Vi si affianca il metodo comunitario che si applica alle politiche sul mercato unico.

[3] Si tratta del fallimento del progetto di Costituzione europea in seguito al “no” dei referendum francese e olandese del 2005. Il disegno era quello di creare una carta costituzionale completa dei diritti fondamentali riconosciuti a Nizza, che attribuisse all’UE personalità giuridica e che la dotasse di un presidente indipendente che avrebbe dovuto sostituire le presidenze semestrali in seno al Consiglio europeo.

[4] Quella di deficit democratico è una nozione complessa da tracciare in quanto le opinioni degli studiosi divergono riguardo alla esatta delineazione degli elementi che lo costituiscono. Il termine apparve per la prima volta nel manifesto dei Jeunes Européens Fédéralistes che vide la luce in seguito al Congresso di Berlino del 1977.

[5] Si veda E. Macron, Pour une Renaissance européenne, in www.elysee.fr, 4 marzo 2019. Nell’ambito dei vertici delle istituzioni europee un’attenzione al tema appare comunque ricorrente da alcuni anni.

[6] Le ultime elezioni del Parlamento europeo hanno registrato una positiva inversione di tendenza rispetto al 2014, con un’affluenza alle urne pari al 50,66%.

[7] A questo proposito ricordiamo la Convenzione europea sul futuro dell’Europa, istituita dal Consiglio europeo di Leaken nel dicembre del 2001, che iniziò i lavori il 28 febbraio 2002 con il compito di formulare una proposta di Trattato costituzionale. Il progetto costituzionale fallì in seguito ai referendum in Francia e Olanda tenutisi nel 2005. Non trascurabili sono anche le svariate esperienze dei “dialoghi cittadini” svolti soprattutto negli anni della Commissione Juncker.

[8] Dal “Plan for Democracy, Dialogue and Debate” del 2005, al programma “Europe for citizens” del 2007. Tra gli altri molteplici tentativi in questa direzione si inserisce l’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) introdotta a Lisbona nel 2009, e l’esperienza dei Dialoghi con i cittadini inaugurati nel 2012. Più recente è il “Libro bianco per il futuro dell’Europa” presentato dalla Commissione europea presieduta da Jean Claude Junker nel marzo 2017, così come le European Citizens’ Consultations (ECCs) che hanno avuto luogo tra il 2018 e il 2019 su iniziativa del presidente francese Emmanuel Macron. Cfr. C. Stratulat, J. Greubel, “Preparing for the Conference on the future of Europe: the ‘known knowns’ of citizens participation”, European Policy Center, 2 marzo 2020.

[9] Il 9 maggio 1950 è la data della Dichiarazione Schuman, che condurrà alla nascita della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, entrata in vigore il 27 luglio 1952 e ratificato da sei stati europei: Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Germania occidentale e Paesi Bassi.

[10] Cfr. Dichiarazione comune sulla conferenza sul futuro dell’Europa. Dialogo con i cittadini per la democrazia – Costruire un’Europa più resiliente, 10 marzo 2021.

[11] ibid.

[12] Nella sua lettera del marzo 2019 Macron fa esplicito riferimento alla eventualità che la Conferenza conduca a una revisione dei trattati.

[13] In base al quale Parlamento, Consiglio dell’Ue o Commissione possono presentare una proposta di modifica del trattato.

[14] Che parta dall’iniziativa dei paesi dell’Eurozona. Cfr S. Fabbrini, Sdoppiamento. Una prospettiva nuova per l’Europa, Editori Laterza, Bari, 2017, p. 83.

[15] ibid.

[16] ibid., p. 84.

[17]  “Sdoppiamento” è, appunto, il titolo del volume cui si fa riferimento. Per approfondire le interessanti proposte in merito alla composizione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario di un simile Unione, ibid., pp. 84 ss.

Fonti

Fabbrini, S., Sdoppiamento. Una prospettiva nuova per l’Europa. Editori Laterza, Bari, 2017.

Macron, E., Pour une Renaissance européenne, in www.elysee.fr, 4 marzo 2019.

Parlamento Europeo, Consiglio dell’Unione europea e Commissione europea, Dichiarazione comune sulla conferenza sul futuro dell’Europa. Dialogo con i cittadini per la democrazia – Costruire un’Europa più resiliente, 10 marzo 2021.


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