Da marzo 2020 a oggi sono passati più di 18 mesi. Un periodo di tempo nel quale abbiamo imparato a convivere con tutte le misure e le restrizioni per contenere la pandemia e tra queste quella che ha sicuramente lasciato di più il segno è la mascherina.
Se vi dicessi di ricordare com’era la vita prima del coronavirus, o di immaginare come sarà quando finalmente non ci saranno più restrizioni, credo che fareste fatica. La campagna vaccinale nel nostro paese va avanti e si sta verificando una diminuzione dei casi giornalieri, ieri il governo ha approvato una sostanziale riduzione delle restrizioni, eppure la strada per la normailtà è ancora lunga.
La fatica che voi fate nel immaginare un mondo post-pandemico era la stessa che facevo io prima di partire per il mio Erasmus in Danimarca. Alcuni di voi forse sapranno che dal 10 di settembre il governo danese ha eliminato ogni restrizione vigente, effettivamente ristabilendo lo stato delle cose a com’erano nel 2019 (e si, questo comprende anche l’abolizione del green pass).
Scendendo dall’aereo a Copenaghen a fine agosto sapevo che sarebbe avvenuto, non sapevo però di non essere ancora pronto a sperimentarlo in prima persona. Intendo dire che ero ormai talmente tanto abituato alla vita pandemica che ho faticato molto a tornare alla ‘normalità’.
Qui, quantomeno a partire dalla fine di agosto, si vive in un universo parallelo in cui si è deciso di voltare pagina. Già in metropolitana, abbandonando l’aeroporto, non si vede nessuno indossare la mascherina, non si ha l’obbligo di utilizzarla al chiuso e tantomeno all’aperto. Il green pass (o ‘coronapass’ come viene chiamato dai danesi), fonte di tanti dibattitti nel bel paese, mi è stato chiesto nei 12 giorni in cui sono stato qui prima del 10 settembre solo 2 volte ed entrambe nello stesso locale.
Ammetto che inizialmente ho avuto molte difficoltà ad adattarmi però, dopo meno di una settimana, qualcosa dentro di me è scattato e improvvisamente mi sono ritrovato mentalmente nella stessa situazione di due anni fa, quando le mascherine le indossavano solamente i dottori in sala operatoria.
Comunque sia, rimane una preoccupazione di fondo nel sapere che il virus è ancora presente anche in questo paese, al momento della scrittura di questo articolo in Danimarca si ha una media di circa 400 casi giornalieri che se paragonata a quella italiana di 3000 casi può sembrare minuscola fino a quando non si realizza che la popolazione danese è circa un decimo di quella italiana e che, di conseguenza, i due dati sono paragonabili.
Vi racconto tutto questo non per farvi invidiare chi di noi si trova qui ma bensì, per illustrarvi una mia riflessione che nasce da queste prime settimane senza restrizioni.
Com’è possibile che qui la vita possa andare avanti senza problemi mentre in Italia, con un numero più o meno equivalente di casi non si può?
Sicuramente il fatto che la popolazione over-12 danese sia completamente vaccinata all’ 86,7% contro il 79% italiano gioca un ruolo importante, resta però il fatto che la nostra campagna vaccinale è stata una di quelle con più successo nei paesi con una grande popolazione e che al contempo siamo, assieme alla Francia, il paese che ha le restrizioni più severe.
Io credo che la possibilità siano sostanzialmente due. Da un lato l’approccio danese potrebbe portare ad un nuovo innalzamento dei casi nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, dall’altro la fine della pandemia potrebbe essere molto più vicina di quanto pensiamo.
L’innalzamento del numero dei casi in Danimarca potrebbe sembrare, quantomeno inizialmente, molto probabile (negli ultimi giorni la curva dei contagi si è alzata leggermente in questi giorni). Si potrebbe pensare che il numero di casi danesi sia attribuibile al fatto che vengano testate meno persone che negli altri paesi. So per certo però che i tamponi molecolari sono gratis per chiunque e che il numero di tamponi effettuati è, in proporzione, più grande di quello italiano. Sempre facendo il ragionamento precedente, se la Danimarca ha testato circa 40 mila persone nelle ultime 24 ore al tempo della scrittura dell’articolo, possiamo fare un paragone (sempre moltiplicando per 10) con i dati italiani che riportano meno di 300 mila tamponi nello stesso periodo, quindi meno della Danimarca. La percentuale di tamponi positivi è infatti meno dell’1% in Danimarca e circa l’1,5% in Italia.
Rimane allora da concludere che la fine della pandemia è molto più vicina di quanto pensiamo. Ogni persona che si vaccina è un passo in più verso la normalità. Ad oggi in Italia l’84% della popolazione a cui poteva essere somministrato il vaccino ha ricevuto almeno la prima dose e, di conseguenza, riceverà la seconda nelle prossime settimane.
A questa bella notizia si aggiunge il fatto che uno studio preliminare condotto da Pfizer-Biontech afferma come sia possibile inoculare anche i bambini tra i 5 e i 12 anni con dosi più leggere. Questo aprirebbe la possibilità di aumentare enormemente la percentuale della popolazione che può ricevere il vaccino velocizzando ulteriormente il processo.
La vita qui va avanti e l’efficienza delle autorità danesi è onestamente incredibile anche a fronte del più recente aumento dei casi. Dobbiamo scendere a patti con il fatto che questa malattia fa parte della nostra vita e prima lo faremo prima potremo tornare alla normalità.
Umberto Costa Broccardi
Ci tengo a precisare che i dati riportati sono riferiti al giorno della scrittura dell’articolo e che i numeri sono stati arrotondati per rendere più snello il ragionamento e la lettura, le fonti per i dati sono raggiungibili tramite i collegamenti ipertestuali nell’articolo.