Il giorno 27 Ottobre 2021 in Italia succede qualcosa che pochi tra noi si aspettavano, o per lo meno auguravano: viene istituito l’art. 96 del regolamento del Senato nei confronti della proposta di legge Zan. La cosiddetta tagliola prevede che la legge torni in Commissione di Giustizia per essere modificata, ma non ridiscussa se non dopo il trascorrimento di sei mesi. Questo implica un ulteriore allungamento del periodo tanto atteso per l’approvazione di un decreto legge che va a proteggere una parte della popolazione che si sente e viene emarginata per motivi legati all’orientamento sessuale, all’identità di genere e alla disabilità. Per fare però più chiarezza, è bene analizzare in breve cosa questa legge propone.
Il DDL Zan viene presentato e prende il nome dal deputato Alessandro Zan esattamente il 2 maggio del 2018, per poi essere approvato in testo unificato e dunque trasmesso al Senato il 4 novembre del 2020. La legge viene proposta da Zan come una modifica agli articoli 604 – bis e 604 – ter del Codice penale, riguardanti la violenza o discriminazione legata a motivi di orientamento sessuale o identità di genere. Il decreto è composto da 10 articoli, ognuno diverso e più specifico dell’altro. Difatti, mentre nel primo si definiscono le differenze tra termini quali sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere, al quarto si parla del pacifico rispetto di un pluralismo di idee e della libertà di scelta. All’articolo sette si parla poi dell’istituzione di una Giornata nazionale – 17 Maggio – contro l’omofobia, lesbofobia, bifobia e transfobia, “al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione”, come cita la legge. Bene o male, sembrano tutte decisioni e richieste che stando ai valori di rispetto per il prossimo e riguardanti i diritti non solo civili ma soprattutto umani sono più che lecite, non vanno ad intaccare nessuno se non solamente a proteggere chi nel proprio paese non riesce a vivere sereno.

Nonostante però la grande campagna e il sostegno che il deputato ha avuto soprattutto durante quest’ultimo anno, il DDL Zan è stato affossato. In Senato i due partiti italiani di destra Lega e Fratelli d’Italia hanno infatti vinto il voto per la tagliola con 154 favorevoli, 131 contrari e 2 astenuti. Sui social si è scatenata una polemica non indifferente, non solo per l’attuazione dell’art. 96, ma soprattutto perché quando la Presidente della camera ha annunciato l’esito, i membri dei partiti appena citati hanno assunto un comportamento degno di ultras allo stadio.
In Italia, molte persone, soprattutto i giovani, non pensano di essere ascoltati o peggio ancora di non essere rappresentati. Si sentono sempre discorsi che incitano i giovani a limitare la fuga di cervelli italiana, a restare nella nazione d’origine per migliorare il paese e renderlo degno di quello a cui la Generazione Z aspira per il futuro. Ma una domanda sorge spontanea: come si può cambiare un paese se nelle sue radici sono ancora intrise opinioni discriminanti e retrograde? Siamo al punto in cui non si tratta più di partito di destra o di sinistra, dell’additare il dito contro uno o l’altro, ma semplicemente di capire che la politica tutta non riesce ad ascoltare e comunicare con il suo popolo. Un popolo qua che comprende tutti, non solo chi ha potuto votare dal dopoguerra ad oggi, non solo chi rientra nei canoni dell’italiano etero bianco medio. Viviamo in un periodo storico incline al cambiamento, per molti aspetti. La nostra generazione, o meglio la maggior parte di noi, ha sete di cambiamento, di migliorare e rendere più inclusiva la società che viviamo giorno dopo giorno. Approvare una proposta di legge quale il DDL Zan era solamente uno dei tanti inizi che sarebbe servito ad avvicinare di nuovo alla politica una parte della comunità italiana che si sente esclusa ed emarginata. Il fatto che una persona si definisca gay, lesbica o trans non deve essere motivo di pregiudizio.
Molti deputati in Senato hanno utilizzato esempi beceri e fuori luogo, accusando chi rientrava nelle categorie sociali elencate dal decreto di voler quasi obbligare l’intera popolazione a diventare omosessuale o non essere libera di pensare a modo loro, quando invece si è visto che il decreto chiede tutto fuorché questo. Infatti, nessun membro LGBT+ andrebbe mai da una persona etero per praticare violenze verbali o fisiche nei suoi confronti, al contrario di cosa accade verso i primi; nessun membro LGBT+ istigherebbe nei bambini la voglia di diventare gay, perché non è una moda, non è un gioco, ma sono emozioni e sentimenti che una persona prova e non è un obbligo essere di una sponda o dell’altra. Nemmeno la religione, che viene usata come una delle motivazioni maggiori, non c’entra nulla con la decisione di chi amare, chi frequentare o che genere usare per identificarsi. È quindi mai possibile che si riesca ad ascoltare tutti, non solo chi rientra nei criteri etero religiosi istituiti anni orsono? La nostra bellissima, ricchissima nazione italiana riuscirà un giorno a sottoporsi al cambiamento e adattarsi a una società che va avanti, senza rimanere ferma e bloccata sulle proprie radici da medioevo?
Forse un giorno potremmo rispondere affermativamente a queste domande, ma purtroppo dopo il 27 Ottobre 2021 è certo che un’evoluzione sociale in Italia è ancora molto lontana.
A cura di Ludovica Pilloni
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