Nella guerriglia moderna è sempre maggiore l’impiego di armi e macchine letali che non richiedono la presenza fisica dell’uomo sul campo di battaglia. I droni, veicoli sprovvisti di pilota, dominano ormai le operazioni aeree sui campi di battaglia di tutto il mondo, utilizzati prevalentemente per effettuare ricognizioni ma non solo. Sono passati ormai 20 anni da quando questi armamenti hanno fatto la loro prima apparizione sul campo di battaglia, durante la prima offensiva in Afghanistan condotta dagli Americani nell’ottobre del 2001.

Sempre crescente è infatti l’utilizzo di queste armi per identificare possibili minacce o target specifici, per poi procedere all’eliminazione della minaccia. La mancanza di una componente umana attiva in questo processo ha generato, e continua a generare, non poche perplessità da parte della comunità internazionale sul piano etico e legale. La mancanza di una visione collettiva sul tema rende difficile trovare una risposta universale ai tanti dubbi sollevati dai detrattori dell’impiego di queste moderne tecnologie, che però ad oggi continuano ad essere regolarmente usate.
Gli incidenti di percorso non sono stati pochi: da ultimo quanto successo lo scorso 29 agosto a Kabul, in Afghanistan, dove 10 persone tra cui 7 bambini sono rimasti uccisi per errore, in un attacco di un drone statunitense. Non poche polemiche sono state sollevate, ma chi sia da imputare responsabile, in che misura e se in primo luogo si possa ritenere colpevole qualcuno, restano tutt’ora interrogativi che non hanno risposta.
Sul piano etico, la mancanza di una componente umana che “prema il grilletto” risulta per molti inaccettabile. Per un soldato, tra il ricevere un ordine e l’eseguirlo materialmente c’è tutta la sensibilità dell’essere umano: la sua cultura, i suoi valori, i suoi ideali e la sua umanità. Altrettanto non può essere trasmesso attraverso una sala comandi posta alle volte a migliaia di chilometri di distanza.
Questa inumanazione della guerra, già di per sé brutale, potrebbe avere effetti devastanti nel come i conflitti verranno condotti in futuro. Gli effetti sulla psiche di chi, da una semplice stanza in una base militare, attraverso una tastiera, un joystick e uno schermo, uccide altri esseri umani, possono essere imprevedibili e potenzialmente terribili.

Inoltre, la semplicità di operazione di questi sistemi potrebbe abbassare la soglia necessaria per che si intervenga militarmente, che sommandosi alla poca chiarezza circa le dinamiche dell’utilizzo di queste tecnologie, rappresenta una minaccia in più per la pace internazionale.
Questo tipo di armamenti non sono invece regolati direttamente sotto il diritto internazionale, anche se sono comunque disciplinati dai principi generali e regole comuni sul tema. In particolare, quando impiegati per scopi militari, si deve fare riferimento al Diritto Umanitario Internazionale.
Principi fondanti di questa branca del Diritto Internazionale sono: il principio di distinzione tra popolazione civile e combattente; il principio di proporzionalità, bilanciamento tra vantaggio militare derivato dall’attacco, e i danni collaterali alla popolazione civile derivanti dallo stesso; il principio di precauzione, ovvero quelle misure atte ad assicurare il rispetto degli altri principi posti in essere dal diritto umanitario internazionale; ultimo ma non meno importante, il principio che vieta attacchi indiscriminati, ossia quelli che per loro natura non distinguono tra civili e combattenti.
Questo tipo di armamenti non garantiscono però il rispetto di tali principi, soprattutto per quanto riguarda il principio di distinzione: infatti, questi sistemi seppur tecnologicamente molto avanzati, oggi non sono ancora in grado di determinare con assoluta certezza il costituire o meno una minaccia, discernendo tra civili e combattenti. Inoltre, qualora li si ritenesse in grado di farlo, ovvero di capire in modo autonomo la natura di un target acquisito, si dovrebbe lasciare alle macchine questa facoltà di scegliere? In dubbi restano molti e il dibattito intorno molto acceso.
Ciò nonostante, altrettanto valide sono le argomentazioni di chi difende l’impiego di queste moderne tecnologie nel mondo militare. La maggiore precisione di questi armamenti, che riducono il margine di errore umano, accompagnata dal minore impiego di personale militare, e quindi una riduzione significativa dalla presenza di soldati sul suolo “nemico”, rappresentano input importanti all’utilizzo di questi strumenti. A ciò si aggiunge la possibilità di ridurre la durata dei conflitti e limitare il numero di vittime, sia tra la popolazione civile, sia tra quella militare.

Molti sono i progetti di ricerca e sviluppo in questo settore portati avanti dai governi di tutto il mondo. L’aumento costante del loro impiego, unito alla maggiore efficacia che acquisiranno nel corso degli anni e la relativa riduzione dei costi in corrispondenza dell’aumento della domanda per questi armamenti, dominerà la scena militare dei prossimi anni. In particolare, interesse primario della ricerca internazionale in questo ambito è lo sviluppo della cosiddetta Intelligenza Artificiale (A.I.), che rivoluzionerà il mondo a partire proprio dal settore militare.
In conclusione, resta ancora molto acceso il dibattito circa l’impiego di queste tecnologie e la regolamentazione da parte dei governi di ogni paese e dalla comunità internazionale tutta. Nonostante la mancanza però di un’intesa comune sul tema e tutte le contraddizioni intrinseche al loro utilizzo, questi armamenti vengono ad oggi regolarmente utilizzati nei vari conflitti esistenti. Si riuscirà nei prossimi anni a procedere sul piano etico e legale di pari passo con il progresso tecnologico?
A cura di Fabio Molinaro
RESOURCES:
- https://www.aljazeera.com/news/2021/8/30/an-afghan-family-killed-by-a-us-airstrike-in-kabul
- https://www.infoaut.org/conflitti-globali/con-un-joystick-ho-massacrato-donne-e-bambini-a-distanza
- https://www.genevacall.org/humanitarian-concerns-raised-by-the-use-of-armed-drones/
- https://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/ISSMI/Documents/Precorso_Diritto_Umanitario.pdf