Riflessioni sulla disabilità e l’inefficienza di Roma Capitale /Parte 5/

PRIMO TESTO – A cura di Alice Romagnolo

Stava aspettando alla fermata, è arrivato l’autobus, non è salito. 

Sto descrivendo questa scena, perché la mobilitazione nella città di Roma porta disagi a tutti.

 Sto descrivendo questa scena, perché le persone con disabilità sono ancora più svantaggiate di noi nel muoversi in città. 

Sto descrivendo questa scena, perché per una volta (provando a immedesimarci nella persona che ho descritto) , ci siamo ricordati delle persone di cui spesso ci dimentichiamo.

Sentirsi esclusi dalla società restando dentro la propria casa o sentirsi esclusi dalla società tentando di uscire dalla propria stanza ma senza la possibilità di muoversi per la propria città? 

Questo è un dilemma che ogni persona con disabilità deve affrontare ogni giorno. In questo modo la casa finirà per essere la tomba di chi deve rispondere giorno dopo giorno a questa domanda: questa non è vita. 

Cosa si può fare di concreto? Per le persone con disabilità fisiche, proporrei di far costruire delle pedane retrattili sugli autobus che facilitano la salita, ne basta una per autobus, non per forza una a ogni entrata. Per le persone con disabilità cognitive invece, si potrebbe sviluppare una app per il telefono che ti aiuta a capire quale è il mezzo pubblico giusto da prendere. Inserendo l’indirizzo della destinazione che si vuole raggiungere l’app consiglierà dei percorsi; tutto questo con la funzione altoparlante che si può attivare solo quando si vuole, che ci avviserà anche per dirci a quale fermata dobbiamo scegliere. 

Nonostante si sappia che ci vorrà più di un battito di ciglia per vedere realizzate davanti i nostri occhi queste proposte, credo sia giusto far presente quanto poco ci vuole per cambiare le cose in meglio. Io oggi sono uscita di casa e sono salita su un autobus con facilità, la mia vicina di casa che è costretta a stare sulla sedia a rotelle non si può permettere di avere il mio stesso lusso. Perché non trasformare ciò che sembra un lusso in normalità anche per chi dalla società non è considerato normale?

Mi chiamo Alice e chiedo che a Roma LA MOBILITÀ URBANA NON SIA UN LUSSO PER NORMODOTATI.

SECONDO TESTO – A cura di Martina Esposito

Solidarietà, inclusività, uguaglianza, rispetto.

Questo dovrebbe essere il poker di assi della città di Roma, ma in generale della nostra Repubblica, quando si parla di disabilità.

Gioco la mia carta perché in un mondo evoluto e progressista, come il nostro, la mobilità non può più essere una causa inesorabile delle disuguaglianze, 

gioco la mia carta perché nonostante l’articolo 3 della nostra Costituzione dichiari pari dignità sociale a tutti i cittadini e le cittadine, il più delle volte le persone disabili subiscono discriminazioni indirette da parte dello Stato, 

gioco la mia carta perché l’uguaglianza non può essere solo formale,

gioco la mia carta perché non è giusto stare a guardare in silenzio.

Poco più del 5% della popolazione italiana soffre di una disabilità e, dato che la mobilità è uno dei fattori chiave per l’integrazione economica e sociale, la problematicità degli spostamenti va risolta o quantomeno mitigata per quelle persone che non hanno di certo scelto di portare il peso del proprio handicap.

Con lo scopo di permettere agli utenti disabili di sperimentare una mobilità più facile, le strutture di trasporto pubblico dovrebbero offrire un design più adeguato, efficace e confortevole. Si potrebbe introdurre una pedana sugli autobus più nodali, istituire degli info-point nei luoghi centrali della città con l’obiettivo di assistere le persone meno pratiche, attivare dei gruppi di volontariato che possano facilitare l’attraversamento pedonale, consentire una divulgazione più chiara circa gli orari dei treni o degli autobus del trasporto pubblico. Insomma c’è un gomitolo di proposte che se srotolato potrebbe davvero fare la differenza.

Un altro tema fondamentale riguarda l’accessibilità digitale. Nonostante oggi ci siano applicazioni elettroniche che, lungi dall’essere un mero strumento accessorio per l’accessibilità allo spazio pubblico, agevolano non poco la mobilità, rendendola più istantanea, sono ancora molte le persone (specialmente anziane) disorientate dalla diffusa digitalizzazione della società che non riescono a sfruttare questo potente mezzo. Bisognerebbe dunque affiancare a una comunicazione moderna, un’informazione tradizionale e classica che possa davvero arrivare a tutti.

Rendere dunque il trasporto pubblico onnicomprensivo è l’obiettivo finale che spero possa essere raggiunto nel prossimo futuro, poiché è solo promuovendo un’inclusività effettiva che la dignità sociale può davvero essere rispettata in toto.

Mi chiamo Martina e chiedo che a Roma TUTTI SENTANO DAVVERO PROPRIA LA RES PUBLICA.

TERZO TESTO – A cura di Giulia Santecchia

Inclusività, accessibilità, prossimità. 

Questa è la promessa fatta agli oltre ventimila disabili romani certificati dall’INPS.

Parole stupende, ma la realtà dei fatti non le rispecchia. Roma, capitale d’Italia, non è all’altezza delle sue pari che svettano a livello europeo circa l’adattamento del territorio e l’assistenza personale a disabili e famiglie.

Mia mamma lavora come medico legale in una ASL romana e ogni giorno si confronta con la disabilità sia fisica sia psichica di molti pazienti. Sono tante le storie drammatiche della sua vita lavorativa che mi racconta, ma quella di Marina (userò questo nome di fantasia) è un pugno nello stomaco. 

La psicosi schizofrenica di Marina non è da prendere sottogamba. La psicosi schizofrenica di Marina è peggiorata dopo la morte del papà. La psicosi schizofrenica di Marina è fonte di grande terrore per sua madre, abbandonata dal Comune e da una società miope in un’epoca disabituata al disagio e spietata con i più deboli. La psicosi schizofrenica di Marina non la rende un pericolo o un peso per gli altri, ma la rende vulnerabile e facile preda di gentaglia senza scrupoli.

Per questo denuncio la latitanza dei servizi socio-sanitari per i portatori di disabilità gravi. Spesso non esistono centri diurni per disabili con gravi difficoltà comportamentali.

Spesso non esistono comunità alloggio che confortino le famiglie di questi ragazzi.

Spesso non esistono strutture libere di sviluppare l’empowerment dei disabili per la scarsità di fondi a loro destinata.

Verrebbe quasi da paragonare mansplaining e able gaze: come le donne vengono oggettivizzate dal male gaze, lo sguardo maschile che pensa di poter forgiare i loro corpi, così le storie delle persone disabili vengono oggettivizzate da chi una disabilità non ce l’ha. Marina è vittima di entrambi.

Mi chiamo Giulia che a Roma SESSISMO E ABILISMO SIANO LASCIATI ALLE SPALLE.

QUARTO TESTO – A cura di Benedetta Parlanti

Ieri sì, quest’oggi no, domani forse.

Questo è il destino incerto ma costante che accompagna la vita delle persone più fragili in una città come Roma.

In particolare, mi riferisco a quegli studenti portatori di handicap che ogni mattina devono combattere al fine di raggiungere il proprio istituto scolastico.

Oggi a Roma regna il caos.

Oggi a Roma si sono fermate 120 linee.

Oggi a Roma 4000 alunni disabili probabilmente non arriveranno a scuola.

Una delle ordinarie battaglie è appena terminata: una giornata di scuola è finita con molti bambini e bambine che sono dovuti rimanere a casa, avvertiti poco prima dell’orario stabilito per il passaggio del pulmino. 

Molto spesso si tende a criticare l’inefficienza di Roma Capitale riferendoci all’esigua disponibilità di mezzi di trasporto pubblici, all’abnorme traffico pesante o, magari, alle “famose” buche che caratterizzano gran parte della città. 

Tuttavia, non ci rendiamo conto del fatto che, se sei uno studente disabile a Roma, l’impatto di queste problematiche è moltiplicato almeno del doppio. 

Sto dicendo che la Capitale è una madre scostante nei confronti dei propri figli, cresciuti insieme ma non con le stesse possibilità. La scuola dovrebbe essere un luogo volto a offrire pari opportunità, ma se già raggiungerne gli edifici è un ostacolo per i più deboli, allora il suo obiettivo non è raggiunto.

Roma non può essere la città più bella del mondo, se non può essere apprezzata anche dai suoi residenti o dai suoi turisti più fragili.

Mi chiamo BENEDETTA e chiedo che a Roma TUTTI GLI STUDENTI ABBIANO LA POSSIBILITÀ DI RAGGIUNGERE LA PROPRIA SCUOLA.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...