LA PACE DI ALIYEV

Gli scontri tra Armenia e Azerbaigian dimostrano che il presidente azero Aliyev vuole imporre all’Armenia le sue condizioni. A qualsiasi prezzo.

L’ormai trentennale conflitto tra Armenia ed Azerbaigian torna a riscuotere il suo periodico tributo di sangue. Nella notte tra il 12 e il 13 settembre, infatti, si sono registrati nuovi scontri tra i due Paesi caucasici nel tratto meridionale della frontiera che li divide. I combattimenti si sono trascinati per qualche giorno, giusto il tempo di infrangere un cessate il fuoco raggiunto con mediazione russa il 13 e rimasto lettera morta. Le ostilità sono cessate solo il 15 settembre ma durante gli scontri si è fatto massiccio impiego di artiglieria e droni, soprattutto da parte azera, e le perdite sono state, per entrambi gli schieramenti, pesantissime: in soli 3 giorni, infatti, sono stati uccisi almeno 77 soldati azeri e 135 armeni. Varie città di confine dell’Armenia sono state danneggiate da devastanti bombardamenti azeri. Molti civili armeni sono sfollati verso zone più lontane dal confine e l’esercito azero ha occupato alcune alture in territorio armeno.

Chi ha attaccato chi?

Yerevan e Baku si sono accusate a vicenda di aver iniziato gli scontri ma molti commentatori hanno puntato il dito contro l’Azerbaigian e il suo autoritario presidente, Ilham Aliyev. Thomas de Waal, esperto sulla regione del Caucaso, e intervistato dal New York Times riguardo gli scontri, ha dichiarato su Twitter che, con ogni probabilità, è stata Baku ad attaccare. Infatti, secondo de Waal, l’Armenia non ha alcun interesse a scatenare nuovi combattimenti perché fortemente indebolita dalla sconfitta nella guerra del 2020, che l’ha vista perdere buona parte della regione contesa del Nagorno Karabakh. Sempre secondo de Waal, l’obbiettivo di Baku sarebbe quello di costringere Yerevan a fare nuove concessioni nelle trattative di pace in corso tra i due paesi.

Le trattative

Proprio la questione del possesso del Nagorno Karabakh, regione internazionalmente riconosciuta come azera, ma abitata a maggioranza da Armeni, è stata finora il cuore del conflitto armeno-azero. La sconfitta armena nella guerra del 2020 ha però radicalmente cambiato il quadro. Baku ha infatti preso il controllo di quasi tutti i territori contesi e le stesse autorità armene sembrano essersi rassegnate alla perdita definitiva della regione. Dal 2020 i due stati hanno intrapreso un negoziato, portato avanti dall’Unione Europea, per trovare una soluzione definitiva al conflitto. Mentre l’Armenia spera di strappare uno statuto di autonomia per gli armeni del Karabakh, l’Azerbaigian, per nulla intenzionato a concederlo, guarda oltre il Karabakh e le sue frontiere. Baku ora vuole di più: collegare la parte principale del territorio azero alla regione del Nakhicevan, anch’essa parte dell’Azerbaigian. In mezzo, però, c’è la città armena di Meghri, parte della provincia del Syunik.

Corridoi della discordia

Per concludere la guerra del 2020, il dittatore azero Aliyev e il primo ministro armeno Pashinian firmarono un cessate il fuoco mediato dalla Russia che certificava la vittoria azera: fuori dal governo di Baku rimaneva solo un pezzo di Nagorno Karabakh protetto da peacekeeper russi e circondato da territori sotto controllo azero. Per garantire i collegamenti tra la regione e l’Armenia, l’accordo istituiva il “Corridoio di Lachin”, controllato da soldati russi ed esente da controlli doganali, attraverso l’omonimo distretto azero. L’accordo prevedeva però anche “lo sblocco delle connessioni economiche e dei trasporti nella regione” e impegnava l’Armenia a garantire “la sicurezza dei trasporti tra l’Azerbaigian e il Nakhicevan per organizzare il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci in entrambe le direzioni”, sotto la supervisione di guardie di confine russe. Per Baku questo creerebbe un “corridoio” fuori dal controllo armeno attraverso la città di Meghri, con un regime identico a quello che unisce l’Armenia al Karabakh. Per Yerevan invece il documento impone solo l’apertura delle frontiere (ad oggi chiuse) tra i due paesi, e le permetterebbe di effettuare controlli doganali su chi volesse attraversare Meghri. Il testo, del resto, definisce esplicitamente “corridoio” quello di Lachin, ma non quello per unire i due pezzi di territorio azero.

Nuovi equilibri

La questione del “corridoio” di Meghri è di importanza fondamentale: la sua creazione aumenterebbe a dismisura il potere della Turchia, maggiore alleato dell’Azerbaigian. Ankara potrebbe così espandere la sua influenza su Baku e, oltre il Caspio, sui paesi dell’Asia centrale, con cui ha forti legami culturali e linguistici, e sfruttare le loro immense risorse. Per l’Armenia, invece, già in posizione precaria, accettare le pretese azere avrebbe effetti disastrosi. Essa, infatti, perderebbe de facto il controllo del suo confine con l’Iran, con cui ha rapporti cordiali, per ritrovarsi con la Turchia, stato erede di quello che organizzò il genocidio armeno (genocidio che Ankara ancora oggi nega apertamente), a controllare territori a Ovest, Est e Sud. Soprattutto, Yerevan vedrebbe la sua sovranità erodersi, la sua indipendenza politica schiacciata dalla potenza militare ed economica turca, e la sua integrità territoriale a rischio.

L’Armenia, debole e sola     

La cosa peggiore, per l’Armenia, è che le sue opzioni, e il suo tempo, sono limitati. Con questi tre giorni di scontri, l’Azerbaigian ha ricordato a tutti di avere il coltello dalla parte del manico. Baku ha infatti preso il controllo di circa 10 km2 di territorio armeno e, per la prima volta da anni, colpito a piacimento insediamenti civili. Yerevan, inferiore per uomini e mezzi, si è dimostrata quasi impotente, cosa amplificata notevolmente dallo stato di solitudine in cui l’Armenia si trova nell’arena internazionale. Mosca, in teoria alleata dell’Armenia, si è rifiutata di intervenire sia perché intenzionata a mantenere buoni rapporti con l’Azerbaigian e con la Turchia, sia perché impegnata ad aggredire l’Ucraina. L’Iran si è limitato ad affermare che il suo confine con l’Armenia non va toccato e l’Unione Europea, che in teoria starebbe gestendo una trattativa per trovare una soluzione pacifica, si è appena impegnata a comprare più gas dall’Azerbaigian, chiudendo entrambi gli occhi di fronte all’autoritarismo sanguinario di Aliyev (9 punti su 100 per Freedom House nel 2021, meno anche della Russia, allo stesso livello della Bielorussia). La Francia si è esibita in un blando esercizio retorico di supporto per Yerevan mentre gli Stati Uniti, che, pur ospitando una vasta comunità armena, da anni offrono armamenti a Baku, mantengono una posizione ambigua. Infatti, la speaker democratica della Camera, Nancy Pelosi, si è recata sabato 17 settembre a Yerevan con una delegazione del Congresso, per mostrare supporto all’Armenia ed al suo regime democratico nato con la rivoluzione “di velluto” del 2018.

La pace di Aliyev

Mentre all’Armenia giunge solo sostegno verbale e politico, l’Azerbaigian si trova in una posizione di enorme vantaggio: tutti gli attori della regione, impegnati in conflitti altrove, hanno bisogno di buoni rapporti con Aliyev. A meno di colossali errori di Baku, nessuno verrà da fuori ad aiutare l’Armenia che resta appesa alla flebile speranza che Aliyev continui a negoziare, considerando che la morale principale degli scontri appena conclusi è che Baku sembra poter fare e prendere tutto ciò che vuole, poiché nessuno può o vuole fermarla. Inoltre, ciò che è emerso è che al presidente Aliyev non importa quanti soldati dovrà mandare a morire tra le brulle e gelide vette della Transcaucasia per imporre la sua sanguinosa “pace” all’Armenia. 

A cura di Damiano D’onofrio

Referenze: https://twitter.com/SpeakerPelosi/status/1571135966970281984?cxt=HHwWgIDU0c715c0rAAAA

https://twitter.com/Tom_deWaal/status/1570034899221979138?cxt=HHwWhIC90YSb8ckrAAAA

https://twitter.com/Tom_deWaal/status/1570034902728335362

https://www.repubblica.it/esteri/2022/09/13/news/armenia_chiede_aiuto_alla_russia-365430485/

https://news.am/eng/news/720233.html

https://freedomhouse.org/country/azerbaijan/freedom-world/2022

https://www.civilnet.am/en/news/675165/pashinyan-raises-death-toll-to-135-as-ceasefire-reportedly-continues-to-hold/

https://www.reuters.com/world/asia-pacific/armenia-says-135-soldiers-killed-clashes-with-azerbaijan-this-week-2022-09-16/

https://eurasianet.org/attacks-on-armenia-highlight-ongoing-disputes-over-corridor-for-azerbaijan

https://eurasianet.org/azerbaijan-launches-wide-ranging-attacks-against-armenia

https://www.nytimes.com/2022/09/13/world/europe/armenia-azerbaijan-conflict.html

https://en.wikipedia.org/wiki/2020_Nagorno-Karabakh_ceasefire_agreement

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...