Antefatti
Haiti; ci dice niente il nome?

Si parla di una piccola nazione dell’Occidente nel Mar dei Caraibi sollevatasi contro i francesi grazie al rivoluzionario Toussaint Louverture nel 1791, ma riuscita a dichiararsi indipendente solo nel 1804.
Negli anni successivi ha compiuto importanti operazioni diplomatiche a favore dei futuri stati del Nord e Sud America, come ad esempio aver fornito asilo politico e appoggio a Simón Bolívar (il futuro “libertador” del Sud America) dopo i suoi iniziali insuccessi.
Tuttavia nel corso dei secoli, è progressivamente aumentata la sua decadenza, causata dalle occupazioni militari statunitensi, dalle numerose bande armate sull’isola e dalla fragilità del suo sistema di governo semipresidenziale. Tutto ciò ha contribuito a farla diventare una nazione essenzialmente emarginata a livello regionale ed internazionale.
Anche in questo momento, il peggiore dalla sua nascita, malgrado l’appello all’ONU e le dichiarazioni dei tanti missionari evacuati, solo a livello regionale e in particolare per gli Stati Uniti ha riguadagnato un discreto interesse.
Ma cosa sta succedendo esattamente?
L’ agonia di Haiti
Attualmente il piccolo stato caraibico sta crollando…
Tutto è iniziato dall’elezione del presidente Jovenel Moise eletto col partito Tèt Kale (centrodestra) nel 2015. Quelle elezioni, però, furono annullate per brogli.
Ciò nonostante riuscì comunque a vincere un anno dopo, avviando il suo governo nel febbraio del 2017 dopo le dimissioni del suo predecessore Michel Martelly.

La sua presidenza, però è stata tutt’altro che priva di ostacoli; nel corso dei suoi anni d’ incarico era stato accusato di aver represso i potenziali oppositori politici oltre che di voler restare a capo del governo anche oltre la data di scadenza del suo mandato.
Nel 2019 ha dovuto affrontare accuse di corruzione (avrebbe gestito fondi in modo illecito fino a 2 miliardi di dollari insieme ad altri funzionari) e violente proteste anti-governative in cui morirono decine di persone.
Le elezioni legislative in seguito sono saltate e, per oltre un anno, il presidente Moïse ha amministrato per decreto.
Moise aveva inoltre fortemente sostenuto il referendum costituzionale che si sarebbe dovuto tenere a settembre 2021 e che era stato ampiamente contestato dall’opposizione e da molte organizzazioni della società civile.
La Costituzione di Haiti redatta 1987 dichiara che «è formalmente vietata qualsiasi consultazione popolare volta a modificare la Costituzione mediante referendum».
La situazione, comunque si è risolta, ma ciò non ha affatto migliorato la situazione, anzi il Paese è precipitato “ufficiosamente” nell’anarchia…
Cos’è accaduto?
Mercoledì 7 luglio 2021, intorno alle 4:00, un commando composto da almeno 28 persone di nazionalità colombiana e haitiano-statunitensi, tra cui alcuni ex membri dell’esercito colombiano, ha fatto irruzione nella residenza presidenziale di Pétion-Ville, uccidendo Moïse.
L’assassinio, però, si è verificato nel corso di un aggravamento della destabilizzazione politica ed economica e di un aumento delle violenze delle bande armate.

Da tre anni, infatti, il governo di Haiti, era immerso in una crisi politica e sociale di cui non si vedeva la fine.
Alle violenze dilaganti, si è poi sommata l’emergenza Covid; il governo aveva “dimenticato” di aderire al programma pilota che avrebbe consentito di velocizzare gli invii del vaccino previsti per i Paesi poveri.
Vista la situazione, in base alla Costituzione haitiana sarebbe dovuto succedere a Moise il Presidente della Corte di cassazione, ma il giudice René Sylvestre era morto in seguito alle complicazioni da COVID-19.
Il vuoto di potere è stato colmato quindi dal Primo ministro uscente Joseph, che poi il 20 luglio si è dimesso da entrambe le cariche lasciando giurare Ariel Henry, (dichiarato primo ministro, ma senza giuramento da Moise il 5 luglio) che è successivamente figurato tra i possibili mandanti dell’omicidio.
Il suo governo, però, è stato un disastro; ha promosso la dissoluzione del Paese in feudi di bande criminali alleate con l’élite del Paese, non ha fatto niente per portare il paese caraibico alle elezioni, che dovevano tenersi nel 2021, né ha intrapreso negoziati seri con i partiti politici e la società civile haitiana.
Infine, come soluzione all’inflazione ha annunciato un aumento dei carburanti che ha ulteriormente esasperato la popolazione e di fatto ceduto il controllo della capitale Port-au-Prince alla violenza delle gang criminali.
A peggiorare ulteriormente la situazione, la mattina del 14 agosto 2021 un terremoto di magnitudo 7.2 della scala Richter ha colpito l’isola, causando enormi danni e perdite di vite umane.
Gli ospedali si sono sovraffollati e sono venuti a mancare medicinali per curare i feriti. La popolazione aveva e ha tuttora bisogno urgente di aiuto per ricevere medicine e ottenere il sostegno di medici più esperti che possono salvare la vita dei pazienti.
Al 30 agosto si sono contati almeno 2.500 decessi, 12.268 feriti e 344 dispersi, aggiungendo inoltre il danneggiamento di oltre 60.000 abitazioni in tutto il paese, con crolli più gravi nei comuni di Jérémie, Les Anglais, Aquinoise e Les Cayes.
Tuttavia il bilancio delle vittime è ancora in aggiornamento e secondo l’US Geological Survey il numero sarebbe ben superiore ai casi accertati.

Come se non bastasse le forniture di acqua e carburante si sono bloccate, in parte sequestrate dalle bande mafiose,dimostrando così la mancanza di sicurezza nella nazione.
Le scuole sono rimaste chiuse e infine è tornato il colera che come nel 2010 ha ricominciato a mietere vittime innocenti, soprattutto bambini.
«Ad Haiti è messa in discussione la sopravvivenza stessa del popolo» Così ha dichiarato il 13/10/2022 monsignor Pierre-André Dumas, vescovo di Anse-à-Veau et Miragoâne, fortemente preoccupato per il deteriorarsi della crisi e dell’insicurezza che affligge il Paese caraibico e che lo sta letteralmente paralizzando.
Appello all’ONU

A seguito dello scaturirsi della peggiore crisi haitiana della storia, (superando perfino quella del 2010) a inizio d’ottobre 2022 il primo ministro-presidente Henry, ha richiesto l’invio di una “forza armata internazionale” che lo aiutasse ad uscire dal dramma.Accogliendo la richiesta, il Segretario Generale dell’ONU António Guterres ha proposto che uno o più Paesi dispiegassero immediatamente una forza d’azione rapida in risposta alla richiesta d’ aiuto.
L’obiettivo? “Spezzare la morsa paralizzante della violenza e l’accelerazione del crollo delle infrastrutture e dell’ordine pubblico” scriveva in un suo editoriale il Washington Post, secondo il quale si tratta di “un passo nella giusta direzione”.
C’è però un “ma”, sottolineato dal quotidiano statunitense: “qualsiasi iniziativa per mandare una forza internazionale sul terreno per ripristinare una parvenza di stabilità ad Haiti rischia di provocare ulteriori spargimenti di sangue, almeno nel breve termine, e fallirà se sosterrà l’attuale governo, che è ampiamente disprezzato”.
Cosa fare, quindi?
La risposta degli haitiani non si è fatta attendere; proteste più forti e violente come non mai nel dichiarare e sostenere che nonostante la situazione un intervento militare non sarebbe mai gradito né accettato.

L’ Onu è divisa:
- Stati Uniti e Messico, tra gli altri, stanno preparando una risoluzione da presentare alle Nazioni Unite per autorizzare una missione internazionale finalizzata a “migliorare la sicurezza ad Haiti”.
- Russia e Cina che hanno espresso “riserve” sulla possibilità di inviare sull’isola caraibica un contingente militare sotto le insegne delle Nazioni Unite. La perplessità, spiegata dal relatore cinese sarebbe dovuta proprio al disprezzo del popolo haitiano nei confronti del proprio governo.
- Per il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, è invece indispensabile un’azione armata per liberare il porto (sotto il controllo delle gang) e consentire la creazione di un corridoio umanitario.
Attualmente solo un unico procedimento ha potuto “fornire sostegno”; il consiglio dei 15 membri ha approvato all’unanimità il 21 ottobre 2022 una risoluzione che prevede l’imposizione di sanzioni ad Haiti, prendendo di mira i leader delle bande e i loro finanziatori, nel tentativo di porre fine a mesi di violenza e illegalità.
Nel frattempo, è stata riportata una buona notizia; malgrado la prosecuzione dell’agonia nella mattinata del 5/11/2022 la polizia di Haiti ha ripreso il controllo del principale deposito di carburante del Paese.
Da settembre una coalizione di mafie bloccava il terminal della capitale Port-au-Prince. Le autorità del paese caraibico affermano inoltre, che il carburante sarà di nuovo disponibile da Lunedì. Nella dichiarazione governativa, tuttavia non è menzionata nessuna vittima.
Tuttavia è evidente che in questo momento il mondo e in special modo l’opinione pubblica ha “sotterrato la polvere haitiana sotto il tappeto”. Haiti sta subendo una delle sue peggiori catastrofi della sua storia e in generale cosa ne sanno le persone di tutto questo…niente!
Dunque, la strada verso la guerra e il disinteresse pubblico potrà ancora essere cambiata?

A cura di Tommaso Bernardini
Referenze:
Moise, polemiche e corruzione: chi era e perché era contestato (ilmessaggero.it)
Ad Haiti «a rischio la sopravvivenza del popolo» – RomaSette
Haiti è nel caos: l’appello dell’ONU (14/10/2022) – Vita.it
“A nessuno interessa più cosa sta succedendo ad Haiti” (agi.it)
Gli abitanti di Haiti allo stremo tra indifferenza e inazione politica | Il Bo Live UniPD