Brasile, un golpe fallito ci mostra la spaccatura di un paese

La giovane Repubblica Federale del Brasile lo scorso 8 Gennaio è stata messa a dura prova da estese e violente manifestazioni nella capitale, Brasilia. Migliaia di brasiliani hanno assaltato dalla mattina i palazzi istituzionali della Praça dos Três (Piazza dei Tre): il Palácio do Planalto (il palazzo presidenziale), la sede del Parlamento e la Corte Suprema Federale. I manifestanti, più di millecinquecento secondo le stime, sono entrati nei palazzi coperti da bandiere verdeoro, vandalizzando gli uffici e le sale, rompendo vetri e stracciando documenti. I rivoltosi, che tra loro si fanno chiamare patrioti, sostenevano il presidente uscente Jair Bolsonaro, che aveva perso al secondo turno le elezioni presidenziali nell’ottobre 2022. 

Bolsonaro, figura di spicco del Partido Liberal, ha alle spalle una carriera militare, ed è sceso in politica nel 1991, facendosi subito notare per le sue posizioni ultraconservatrici. Negli anni ha più volte espresso ammirazione per il regime militare brasiliano degli anni 60-80 del secolo scorso e, da presidente, ha più volte negato la gravità della pandemia di Covid-19. 

Il suo avversario, Luiz Inácio Lula da Silva, è un importante esponente del Partito dei Lavoratori (PT: Partido dos Trabalhadores), di orientamento di sinistra e sindacalista. Lula è già stato presidente per due mandati, dal 2003 al 2010, ed è stato arrestato nel 2017 con l’accusa di corruzione. Dopo un anno passato in carcere, nel 2018 è stato scagionato con la motivazione secondo cui il giudice che lo condannò non avesse agito in maniera imparziale.

I mesi di campagna elettorale sono stati carichi di tensione ed episodi violenti. Per esempio, più volte i due candidati si sono presentati a dei comizi con dei giubbotti antiproiettile, e Lula ha affermato che è stato costretto a cancellare un evento pubblico per timori sulla sua sicurezza. Addirittura, lo scorso luglio, il tesoriere del Partito dei Lavoratori è stato ucciso a colpi di pistola durante la sua festa di compleanno.

Bolsonaro, dato il leggero svantaggio rispetto all’avversario, aveva accusato più volte l’opposizione di brogli elettorali e più in generale aveva criticato il funzionamento del sistema elettorale in sé. Il primo turno di votazioni, tenutosi il 2 ottobre, non ha visto nessun candidato ottenere la maggioranza assoluta; al secondo turno il 30 ottobre, Lula è stato eletto presidente con il 50,9% dei voti.

Una vittoria così risicata non ha fatto altro che intensificare le accuse di Bolsonaro, che si era rifiutato di accettare il risultato e aveva fatto allusioni a una reazione violenta. Il fatto che l’ormai ex presidente fosse rimasto in silenzio sui presidi e i blocchi stradali organizzati dai suoi sostenitori è stato letto da questi ultimi come un tacito assenso da parte del loro leader, il che ha incoraggiato ancor di più le frange più estremiste dell’elettorato.

E così, l’8 Gennaio, solo due anni dopo l’assalto al Congresso negli Stati Uniti, anche la seconda democrazia delle Americhe viene minacciata dalle sue fondamenta da forze antidemocratiche e antisistema. In molti hanno tracciato le similitudini fra gli eventi di Brasilia e Washington. In primis, le figure dei due presidenti uscenti. Donald Trump e Jair Bolsonaro si assomigliano sotto più aspetti, come la retorica populista, volta a radicalizzare il proprio bacino di sostenitori, così come l’atteggiamento aggressivo e accusatorio nei confronti delle controparti, con l’intenzione di dipingerle come nemiche. Entrambi, poi, hanno contestato il risultato elettorale, denunciando dei brogli e puntando il dito contro i loro oppositori come corrotti e pericolosi per la democrazia.

Sia Trump che Bolsonaro non si sono impegnati a condannare i fautori degli attacchi, ma si sono semplicemente limitati alla deplorazione della violenza in generale. Di più, ci sono sospetti che entrambi i presidenti abbiano avuto parte attiva nell’organizzazione di questi movimenti: Trump è sospettato di essere stato a conoscenza di ciò che sarebbe accaduto a Capitol Hill e non avrebbe fatto niente per fermarlo; Bolsonaro, dopo l’arresto di alcuni capi di polizia e funzionari di governo, sarà indagato dalla Corte Federale brasiliana. Il dato più lampante dell’assalto al Planalto non è stato tanto il comportamento di Bolsonaro, bensì il gran numero di persone che hanno partecipato alla rivolta. Certo, dei cinquanta e più milioni che hanno votato per la rielezione di Bolsonaro, solo in pochi, e i più estremi, sono partiti per Brasilia con intenti violenti. Ma già all’indomani delle elezioni in tutto il Brasile erano stati organizzati presidi e marce contro Lula. 

La vittoria di margine di Lula è specchio di un Brasile in enormi difficoltà sociali: un paese spaccato quasi perfettamente in due, scontento, esausto, e quindi pronto a tirare la corda fino a spezzarla. Senza parlare dello spettro di una crisi economica, che tormenta da anni i funzionari della Repubblica, e orienta moltissimi voti nei seggi elettorali. E poi le scomode presenze dei militari, che non hanno offerto supporto ai patrioti bolsonaristi, ma che hanno manifestato apertamente il loro dissenso nei confronti del neopresidente. Altro grattacapo per Lula saranno infine gli imprenditori e i proprietari terrieri (fazendeiros), che in Brasile si fanno molto sentire a livello sociale e politico. Anche qui, i fazendeirossi sono schierati dalla parte di Lula, nonostante vedessero con apprensione le tendenze liberali di Bolsonaro; ma anche nei confronti del leader del Partido dos Trabalhadores, per le sue inclinazioni sindacaliste, c’è una certa diffidenza e nei primi giorni di presidenza i rapporti sono stati freddi. 

Questi problemi sociali diventano grattacapi politici per il presidente eletto che, nonostante tutto, ha visto più di sessanta milioni di persone affidare a lui il compito di tenere in piedi la debole democrazia brasiliana e che, se vorrà riunire il paese lungo la strada del progresso, dovrà conquistare (o per lo meno tenersi buona) l’altra metà dell’elettorato, anche quella che adesso lo vuole sconfitto.

A cura di

Fonti:

http://La polizia brasiliana ha ripreso il controllo del parlamento e degli edifici governativi – Il Post

Lula holds lead as Brazil’s election campaign officially begins | Elections News | Al Jazeera

Brazil and Jan. 6 – The New York Times (nytimes.com)

Brasile, Lula e Bolsonaro dopo l’assalto a Brasilia – Limes (limesonline.com)

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