SILENT LEGES INTER ARMA 

L’invio di armi.

Il rapporto con Israele correlato al sostegno dell’Ucraina.

“Sono contrario alla guerra ma favorevole all’invio delle armi”.

“Con l’invio di armamenti l’Italia abbandona la neutralità e diviene un paese belligerante”.

La prima dichiarazione del teologo e filosofo Vito Mancuso e la conseguente replica del giurista Domenico Gallo racchiudono la controversia di un tema che ha sempre, e continua con estrema attualità, disorientato l’opinione pubblica e personale. Inviare armi ad un paese belligerante può essere moralmente e legalmente giusto? Attraverso una breve analisi delle politiche italiane riguardanti l’invio di armamenti ad Ucraina ed Israele, rispettivamente lodato e condannato a livello internazionale, questo articolo pone le basi per una riflessione che potrà generare maggior chiarezza così come maggior smarrimento.

ARMI ALL’UCRAINA

Si può essere contrari alla guerra di per sé ma favorevoli all’invio di armi ad un paese che la guerra, seppur subendola, la sta alimentando? Si può essere contrari al sostegno militare di un paese invaso e aggredito senza essere utopisticamente pacifisti? Alimentare gli armamenti posseduti dall’esercito ucraino significa combattere per la sconfitta russa e per il principio di autodeterminazione dei popoli, o piuttosto rendersi complici di un genocidio e piegarsi all’incapacità del nemico di prediligere la comunicazione diplomatica? L’articolo 11 della nostra Costituzione pone L’italia in posizione di ripudiare la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, tuttavia non come mezzo di difesa, come esplicato dal presidente emerito della Consulta Cesare Mirabelli. Dunque gli oltre 300 milioni spesi dal governo italiano in armamenti per l’Ucraina sono a tutti gli effetti in linea con la Costituzione e con i Trattati Internazionali. Eppure ad un anno dall’inizio del conflitto, una forte componente morale fa sì che il 45% degli italiani sia contrario a tale posizione, superando il 34% di favorevoli

A rappresentanza delle ragioni di questi ultimi riecheggiano le parole scritte da Oriana Fallaci nel 2004 nel suo L’Apocalisse:

Mi fanno ridere i parolai che declamano: «Il terrorismo non si combatte con le armi».

Come vorrebbero combattere […] un terrorismo che ci sgozza, ci taglia la testa, ci fa saltare in aria a centinaia anzi a migliaia per volta? Davvero coi baci e gli abbracci, il perdono, i volemose-bene di Papa Wojtyla? È proibito anche difendersi da chi ammazza, ora?!?

ARMI AD ISRAELE

Si potrebbe definire questo caso come la seconda faccia di una stessa medaglia, l’alter ego del medesimo concetto: le armi sono inviate al paese oppressore; tale politica viene fortemente condannata dalle Nazioni Unite

Tra il 2015 e il 2020, le forniture di sistemi militari dall’Italia a Israele ammontano ad oltre 90 milioni di euro, ovvero il 2,3 per cento di sostegno internazionale, preceduto dal 5,8% da parte della Germania e un ingente 92% Statunitense.  Il 27 maggio 2021 il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite approva l’istituzione di una commissione d’inchiesta per investigare sulle eventuali violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est, e in Israele. L’Italia rientra tra i nove oppositori. Sembrerebbe dunque opporsi non solo alla risoluzione rilasciata dal Consiglio (A/HRC/S-30/L.1), ma anche alla Carta delle Nazioni Unite, alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e alla Convenzione di Ginevra per la protezione dei civili in tempi di guerra, ovvero a tutti quei documenti citati nella suddetta risoluzione in riferimento allo stesso diritto internazionale umanitario. Si potrebbe dedurre, dunque, che venga da noi negata anche l’accusa, mossa da Human Right Watch contro Israele, di attuare apharteid e persecuzione a danno degli abitanti palestinesi, pratiche definite dallo Statuto di Roma come “crimini contro l’umanità

Ma si potrebbe anche affermare che il nostro paese ignori la legge n. 185/90, art1.6(a), che vieta esplicitamente l’esportazione di sistemi militari verso i Paesi in stato di conflitto armato

Infine, si potrebbe ipotizzare che l’ex ministro della Difesa italiano Lorenzo Guerini, durante un incontro ufficiale con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nel definire quello tra Italia e Israele un “eccellente livello di cooperazione tecnico militare ed industriale”, non fosse memore che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite già nel 1975 aveva provveduto ad invitare tutti gli Stati a “desistere dal fornire a Israele qualsiasi aiuto militare o economico fintanto che continua ad occupare territori arabi e nega i diritti nazionali inalienabili del popolo palestinese”. 

Alla luce di tutto ciò, non viene difficile comprendere perché, in sede di riunione del Consiglio quel 27 maggio 2021, sia stato definito “inconcepibile che Stati come Stati Uniti, Germania e Italia continuino a fornire armi e altra assistenza militare al governo israeliano, nonostante il chiaro rischio di gravi violazioni dei diritti umani”. 

Sembrerebbe scontato schierarsi dunque con i lavoratori portuali di Livorno, che nello stesso maggio si rifiutarono di caricare nella rispettiva nave una spedizione di armi diretta in Israele dichiarando, attraverso l’Unione Sindacale di Base, che il porto toscano non sarebbe stato “complice del massacro dei Palestinesi”.

Ma è davvero scontato? 

E’ più giusto prediligere le leggi, gli interessi o i valori morali? Anche in questo caso, se la risposta fosse davvero scontata come sembra non si riscontrerebbero tante sfumature d’opinione e d’azione. 

Viene istintivo a tutti sventolare la bandiera della pace nel mondo, del ripudio per la guerra; le atrocità che le armi, in parte anche nostre, provocano sul suolo internazionale suscitano in tutti noi quei volemose-bene. Eppure gli stessi che si schierano con lo scudo occidentale per la difesa della democrazia e della libertà non riescono a rinunciare ai profitti derivanti dal traffico d’armi più biasimevole, in una spirale di ipocrisie senza tempo. Perché se c’è forse una verità innegabile è proprio che, purtroppo, in mezzo alle armi, le leggi (così come i principi morali e sociali) tacciono[1].

A cura di Carolina Agostini

Fonti:

https://www.ohchr.org/en/press-releases/2021/05/human-rights-council-establishes-international-commission-inquiry?LangID=E&NewsID=27119

https://www.osservatoriodiritti.it/wp-content/uploads/2018/01/armi-legge-185-1990.pdf

https://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/israel-palestine-arms-livorno-port-italy-b1848773.html

https://www.peacelink.it/conflitti/a/49039.html

https://www.ilsole24ore.com/art/perche-l-invio-armi-kiev-e-linea-la-costituzione-italiana-AEH7dxKB?refresh_ce

https://europa.today.it/attualita/italia-germania-armi-israele.html#:~:text=dei%20diritti%20umani-,All’Onu%20accuse%20a%20Italia%20e%20Germania%3A%20vendono%20armi%20a,gravi%20violazioni%20dei%20diritti%20umani&text=Nel%20dibattito%20al%20Consiglio%20sui,di%20armi%20a%20Tel%20Aviv.

https://www.agi.it/estero/news/2021-05-28/accuse-onu-italia-armi-israele-12715439/

https://www.unionedirittiumani.it/news/dibattito-allonu-su-gaza-accuse-allitalia-ha-armato-israele/

https://www.osservatoriodiritti.it/2021/05/21/litalia-vende-armi-a-israele-conflitto-israelo-palestinese/

https://www.open.online/2023/02/24/sondaggio-guerra-ucraina-italiani-invio-armi/


[1] let. Silent leges inter arma. Marco Tullio Cicerone, Orazione in difesa di Tito Annio Milone, 52 a.c.

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