23-24 febbraio 1917: inizio della rivoluzione russa

Le rivolte del febbraio 1917 furono solamente il culmine di tutto il malcontento represso dal popolo russo da secoli e diedero inizio ad una delle più importanti e ricordate rivoluzioni del ventesimo secolo. Quale fu il fattore che portò alla caduta della dinastia Romanov? Come si riuscì a passare dall’Impero all’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche? 

Carestie, guerre e una forzata industrializzazione del paese non avevano certo contribuito a rendere lo zar popolare: la Russia allora comprendeva un territorio molto più ampio rispetto a quello attuale e non era di facile amministrazione. I contadini, nonostante l’abolizione della servitù della gleba nel 1861 in seguito alla “grande riforma” di Alessandro II, vivevano in condizioni di estrema miseria così come la classe operaia e riuscivano a stento a vivere con i prodotti che riuscivano a ricavare dalle terre, mentre per l’aristocrazia le richieste di quest’ultimi e le difficoltà che stava attraversando il paese erano quasi inesistenti e continuavano a vedere solamente la loro condizione e ricchezza.

La situazione non si rovesciò tutta di un tratto nel 1917, ma ci volle più di un decennio: il 9 gennaio (secondo il calendario gregoriano, il 22) 1905, 100.000 manifestanti si incamminarono verso il Palazzo d’Inverno per chiedere allo zar condizioni lavorative migliori in seguito ai disordini che si erano verificati alle officine Putilov il mese scorso: la pacifica protesta si tradusse nella tristemente nota “domenica di sangue”, nella quale morirono più di un migliaio di civili. La rabbia del popolo non si fece attendere e nell’autunno dello stesso anno Nicola II fu costretto a firmare il “manifesto di ottobre”, che garantiva la promulgazione di una costituzione, l’istituzione di un parlamento, la Duma, e la tutela dei diritti civili.

Lo zar aveva concesso questi diritti per tentare di riacquistare la fiducia del suo popolo ma ciò non gli sarebbe bastato: nelle case e nelle fabbriche agitatori e rappresentanti della causa operaia incitavano una rivolta armata contro lo zar, temendo che potesse venir meno alle promesse del manifesto e programmando la futura rivoluzione sulle basi degli scritti di Karl Marx,con la promessa che la classe operaia sarebbe diventata la nuova classe dirigente. 

La situazione peggiorò definitivamente allo scoppio della prima guerra mondiale: nonostante l’esercito russo fosse il più grande in Europa, era male equipaggiato ed aveva accumulato sconfitte su sconfitte sul fronte occidentale. Il morale del popolo russo era a terra e non erano più disposti a vivere in un Paese che non garantiva i diritti fondamentali e che era impegnato in un conflitto dal quale non poteva in nessun modo uscirne vincitore: nel febbraio 1917 le rivolte crebbero notevolmente a San Pietroburgo (allora Pietrogrado) e durante la Giornata internazionale delle donne (23 febbraio) folle di operaie si radunarono nel centro della capitale per protestare contro la guerra e lo zar. Alcuni esponenti del movimento bolscevico rimasero scettici di fronte a queste mobilitazioni, nonostante essi stessi avevano infuso coraggio ai lavoratori nell’esprimere il loro malcontento. Aleksandr Gavrilovič Šljapnikov, leader del movimento, aveva commentato la protesta negativamente, affermando: “Date ai lavoratori mezzo chilo di pane ed il movimento si esaurirà”.

Nei giorni successivi in città iniziarono ad apparire svariate bandiere rosse e striscioni che invocavano la caduta della monarchia e l’irruzione di alcuni manifestanti nelle caserme del reggimento Pavlovskij fece passare dalla loro parte i soldati stessi, che iniziarono a sparare contro i loro stessi ufficiali dando avvio ad una vera e propria rivoluzione: era ormai chiaro che le autorità erano ormai prive del potere militare, grazie al quale si sarebbero servite per sedare tutte le rivolte nel sangue.

Era ormai impossibile contenere gli scioperanti: da un numero iniziale di 90.000 si raggiunse in pochi giorni l’incredibile numero di 240.000 Russi disposti a morire per gli ideali propugnati dai bolscevichi.

Il 24 febbraio gli operai in rivolta invasero il centro città, protestando contro l’autocrazia e la guerra e tenendo svariati comizi nelle piazze principali di Pietrogrado: prima che l’esercito passasse dalla parte del popolo, le autorità e la Duma aveva ordinato ai cosacchi di intervenire pesantemente sulla folla, ma quest’ultimi disobbedirono agli ordini o si limitarono ad attraversare le piazze gremite di cittadini senza creare alcun episodio di violenza, appoggiando alcune volte le manifestazioni. 

La polizia agì diversamente sulla folla, anche se in un primo momento il generale Chabalov, comandante della regione militare di Pietrogrado, non aveva previsto l’uso delle armi, convinto che quelle proteste si sarebbero concluse come i movimenti del 1905. Nel vedere però che il movimento cresceva e non si stava affatto esaurendo la polizia prese a sparare direttamente sulla folla nei pressi di piazza Znamenskaja, ma questa rispose al fuoco, costringendo i “faraoni” (così venivano chiamati i poliziotti) a ritirarsi. Nonostante gli scioperanti avessero avuto la meglio contro questo primo attacco, le unità dell’esercito iniziarono ad eseguire gli ordini e i dragoni fecero stragi sulla prospettiva Nevskij, mentre la polizia eseguì durante la notte tra il 25 ed il 26 febbraio centinaia di arresti, catturando diversi esponenti dei sindacati e delle cooperative e persino alcuni bolscevichi. I cosacchi invece furono i primi ad aiutare la folla contro la polizia e gli altri reggimenti, uccidendo a sciabolate un importante commissario e sparando diverse raffiche sui poliziotti per metterli in fuga.

Il 27 febbraio, con l’esercito in rivolta, diversi manifestanti si diressero verso la sede della Duma a palazzo Tauride, dove venne eletto un consiglio dei lavoratori, nonché il primo soviet: i dirigenti del soviet di Pietrogrado volevano che i leader del Parlamento formassero un governo sui principi di Karl Marx, convinti che in Russia per creare ed affermare un ordine socialista si dovesse avere il fondamentale appoggio dei democratici borghesi.

Il governo provvisorio si insediò a partire del primo marzo, e lo zar fu costretto ad abdicare il giorno successivo, con grande gioia dei manifestanti. Il popolo unito era riuscito a rovesciare le carte del potere in una settimana, portando l’esercito dalla loro parte e insediando un governo marxista che aveva subito abolito le leggi contro la libertà di parola e di assemblea e garantito diritti e riforme che fino ad allora sembravano utopici in un paese come la Russia. Tuttavia la rivoluzione era ancora alle prime fasi e i Russi non avrebbero potuto prevedere il futuro del proprio paese: ci sarebbero stati ancora conflitti ed una sanguinosa guerra civile prima che Lenin consolidasse il suo potere e che dalle ceneri dell’Impero nascesse l’URSS.

A cura di Beatrice Bianchi

Fonti:

https://www.storicang.it/a/1917-rivoluzione-russa_14627

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