La democrazia israeliana è in pericolo? 

Il popolo scende in piazza in risposta alla nuova riforma della giustizia 

Hanno raggiunto le 9 settimane le proteste in Israele contro la riforma della giustizia proposta dal governo Netanyahu, ed approvata in prima lettura il 21 febbraio scorso. Si tratta di una tra le più lunghe ed intense proteste nella storia della repubblica medio-orientale, estesa alla maggioranza delle città, da Tel-Aviv a Gerusalemme. La ragione dietro questi moti è una sostanziale paura per la tenuta democratica del paese. La riforma proposta, infatti, mira a ridurre nettamente i poteri della Corte Suprema a favore dell’esecutivo. In un paese con un parlamento unicamerale, e quindi debole, come Israele la magistratura costituisce il principale contrappeso al potere del governo, ragione per cui una riforma in questo senso è vista come problematica.

La riforma 

La riforma si articola in due punti fondamentali. Da una parte, interviene sulla modalità di elezione dei 15 giudici della Corte. Al momento, essi sono scelti da una commissione di 9 membri di cui solamente 4, quindi una minoranza, sono espressione della maggioranza politica (nello specifico, 2 parlamentari e 2 ministri), mentre gli altri 5 sono esponenti della stessa Corte e dell’Associazione forense israeliana. La riforma vorrebbe ribaltare questi numeri, portando a 11 i membri della commissione di cui ben 8 politici, in modo da assicurare un maggior controllo governativo sulla Corte stessa

L’altro aspetto, quello che maggiormente ha scatenato il malcontento tra i cittadini, interviene direttamente sulle competenze della Corte. Come accennato, essa ha enormi poteri, che vanno oltre quelli di una tipica Corte costituzionale. Può infatti abolire arbitrariamente, con pochissimi limiti, qualsiasi legge approvata dal Parlamento, e intervenire con una “clausola di ragionevolezza” su qualsiasi decisione amministrativa, dichiarando invalidi provvedimenti che le sembrino “irragionevoli”. Anche in questo caso, la riforma mira a ribaltare completamente il ruolo della Corte rispetto all’esecutivo: vorrebbe eliminare la “clausola di ragionevolezza” e permettere al parlamento di dichiarare invalida qualsiasi sentenza pronunciata con un voto di maggioranza semplice. 

Perché una riforma è necessaria- e perché questa riforma potrebbe peggiorare la situazione

I sostenitori della riforma, e nello specifico dal primo ministro Netanyahu, la difendono sostenendo che la Corte Suprema gode di troppi poteri arbitrari, dal momento che essa può, con i suoi membri non eletti, interferire e bloccare decisioni prese dal parlamento democraticamente eletto. La riforma servirebbe quindi a ridare vigore alla democrazia israeliana, tenuta ostaggio dalla Corte stessa. La critica è in realtà ampiamente condivisa da tutte le forze politiche del paese, comprese quelle di opposizione, e difatti una possibile riforma della giustizia è auspicata e discussa da anni. 

Quello che ha scatenato le proteste è tuttavia il contenuto, considerato estremo, di tale riforma. Secondo i critici, anziché ridare vigore alla democrazia essa andrebbe al contrario a minarla ulteriormente, rendendo di fatto nulla la separazione dei poteri che è alla base di qualsiasi sistema democratico, poiché il potere giudiziario finirebbe per essere completamente assoggettato all’esecutivo-legislativo. Il vulnus democratico sarebbe quindi ancora più grave di quello già presente, poiché i limiti alle azioni della maggioranza di turno sarebbero ridotti al minimo. 

Non mancano le accuse dirette a Netanyahu: il primo ministro, che dopo un periodo di governo di unità nazionale è tornato a governare nel novembre del 2022, si trova attualmente sotto processo per corruzione, e sono molti tra gli oppositori a sospettare che la riforma della giustizia potrebbe avere risvolti anche a suo vantaggio personale, potendo virtualmente limitare sentenze a lui sfavorevole. Di nuovo, l’indipendenza della magistratura sarebbe a rischio. 

Sul tema è intervenuto, attraverso un lungo intervento sul New York Times, l’ex sindaco di New York, Micheal Bloomberg, da sempre a favore dell’alleanza USA-Israele, che tuttavia avverte che questa riforma, sia per le protese che ha scatenato che per il contenuto in sé, metterebbe a rischio la stabilità del paese. Riorna poi sull’importanza di una netta separazione dei poteri per proteggere una democrazia dalla “tirannia della maggioranza”, rifacendosi al modello di “checks and balances” statunitense. Protezione che, con questa riforma, verrebbe sicuramente meno. Anche l’ONU ha riconosciuto il pericolo costituito dalla riforma, e l’Alto Commissario per i diritti umani ha chiesto la sospensione dell’iter legislativo in quanto lo stesso stato di diritto sarebbe a rischio. Valutazione condivisa, tra gli altri, dal presidente stesso di Israele, Isaac Herzog (che ha però un ruolo puramente cerimoniale), le cui richieste di rivedere la legge per evitare un “collasso sociale” sono tuttavia state ignorate. 

Israele scende in piazza

Le proteste, che continuano da oltre due mesi, sono inaudite non solo per la durata, ma anche per l’estensione tanto geografica quanto sociale. 

Tipicamente, in Israele le manifestazioni, per quanto grandi, rimangono confinate a Tel-Aviv, la città più laica del paese, con una grande concentrazione di giovani (molti dei quali con tendenze politiche di sinistra) che appunto scendono in piazza a protestare. Questa volta, le cose stanno andando diversamente: le proteste sono si iniziate a Tel-Aviv, ma si sono rapidamente diffuse in tutto il paese, arrivando fino a Gerusalemme, il cuore religioso e conservatore di Israele. Il 13 febbraio, un lunedì, si è tenuta una manifestazione che ha coinvolto oltre 100 000 cittadini, numeri inauditi per la città, soprattutto considerando la giornata infrasettimanale. Addirittura, delle manifestazioni si sono tenute in alcune città della Cisgiordania, altra zona in cui prevalgono i gruppi ultrareligiosi. 

Contro la riforma si è infatti espressa anche tra quella che dovrebbe essere la base del supporto al governo, ovvero gruppi religiosi ortodossi di destra, o almeno una parte di essi. Il loro ragionamento è simile a quello degli altri oppositori alla riforma: è si importante, fondamentale ridurre il potere della magistratura, ma non in questo modo, non al costo di minare così tanto la democrazia e rischiare di dividere ineluttabilmente il paese. Posizione non diversa da quella del leader d’opposizione, Yair Lapid, che considera la riforma una minaccia allo stato liberale in sé, e dell’ex ministro della difesa Benny Gantz, che addirittura paventa il rischio di una guerra civile. 

Da ultimo, anche i militari, gruppo il cui consenso è fondamentale per qualsiasi governo israeliano, e che pure sono sempre stati generalmente conservatori, hanno espresso perplessità riguardo alla riforma, e in molti si sono rifiutati di partecipare alle esercitazioni non-essenziali in segno di protesta. 

La non-reazione del governo

Quest’ultimo parrebbe essere l’elemento più preoccupante per il governo israeliano, che pure non si è espresso in alcun modo relativamente ad un eventuale modifica o sospensione della riforma. Per l’approvazione definitiva, essa deve ancora superare due scrutini in parlamento. Nel frattempo, Netanyahu continua a difendere strenuamente la sua riforma. In un’intervista esclusiva a Repubblica del 9 marzo, in occasione di una sua visita in Italia, sostiene infatti che le manifestazioni siano una dimostrazione della solidità della stessa democrazia che secondo gli oppositori sarebbe a rischio. Pur riconoscendo il diritto delle minoranze ad essere protette, insiste sul punto che la riforma della giustizia è una delle massime priorità di Israele, e che solo tale riforma potrà riaffermare il giusto equilibrio tra i diversi poteri. Ricorda poi proteste simili a quelle attuali in occasione di alcune riforme economiche in favore dell’economia di mercato, fortemente contestate ma che hanno finito per avere estremo successo, generando un’economia solida. 

Un difficile equilibrio 

Quello che è certo è che trovare il giusto equilibrio tra un eventuale eccesso di potere attribuito alla magistratura e la sua indipendenza è una questione delicata, una sfida che attraversa o ha attraversato tutte le democrazie, non solo quella israeliana. Negli stessi Stati Uniti, padri della separazione dei poteri in senso stretto, negli ultimi anni è stato molto acceso il dibattito sull’enorme potere della Corte suprema, quasi esagerato rispetto a quello dell’esecutivo e della legislatura, specialmente in seguito all’abolizione della sentenza Roe v. Wade e con essa del diritto federale all’aborto nel giugno dello scorso anno. Anche in Italia il tema è spesso emerso nel dibattito pubblico, con una passione forse minore rispetto ad altri paesi ma non per questo meno importante. 

Non esiste un sistema costituzionale che non sia sottoposto a critiche, e non esiste una formula ideale del rapporto esecutivo-legislativo e magistratura. In un contesto del genere, il compito del buon governante è quello di trovare il miglior compromesso possibile, il meccanismo che permetta ai poteri di essere il più possibile bilanciati. Israele parte sicuramente da una situazione di grandissimo disequilibrio, ma dalla quantità e dall’intensità delle proteste pare chiaro che la soluzione trovata non faccia altro che creare un altro disequilibrio, uguale ma opposto a quello iniziale. 

A cura di Stella Martina Loiudice

Fonti: https://www.repubblica.it/esteri/2023/03/08/news/israele_proteste_chi_sono_contro_netanyahu_riforma_giustizia-391114737/

https://www.ilpost.it/2023/02/15/israele-riforma-giustizia/

https://www.ilpost.it/2022/12/30/nuovo-governo-netanyahu-israele/

https://www.lifegate.it/israele-riforma-giustizia-proteste

https://www.repubblica.it/esteri/2023/03/09/news/netanyahu_intervista_roma_proteste_israele_democrazia-391186747/?ref=RHLF-BG-I391208004-P11-S1-T1

https://www.nytimes.com/2023/03/06/world/middleeast/israel-military-judiciary.html

https://www.nytimes.com/2023/02/13/world/middleeast/israel-judicial-protests-netanyahu.html

https://www.nytimes.com/2023/02/14/world/middleeast/netanyahu-israel-judicial-overhaul-religion.html

https://www.nytimes.com/2023/03/05/opinion/michael-bloomberg-israel-netanyahu.html

https://www.nytimes.com/article/israeli-judicial-overhaul.html

https://www.aljazeera.com/news/2023/2/20/what-are-israels-judicial-changes-causing-uproar

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