Netanyahu ha congelato la riforma della giustizia.

Ma in Israele le tensioni sociali non si placano.

12 settimane di proteste sempre più importanti, 630 000 persone scese in piazza nella sola giornata di lunedì 25 marzo, i servizi completamente paralizzati dai continui scioperi, richiami dall’ONU e da alleati storici come gli Stati Uniti, una già fragile maggioranza sempre più divisa, tutto questo da sommarsi alle rinnovate tensioni con i paesi confinanti e con la minoranza palestinese. In poche parole, un paese sull’orlo del collasso. Questo è quello che ha portato, infine, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ad annunciare, lo stesso 25 marzo, una “sospensione” della riforma della giustizia che, dalla prima approvazione ottenuta il 21 febbraio scorso, ha scatenato il caos più assoluto nella democrazia mediorientale. Tanto che proprio di un pericolo per la tenuta democratica si è parlato: la riforma avrebbe previsto un controllo di fatto del governo sulla Corte suprema, attribuendogli il potere di nominare la maggioranza dei giudici e soprattutto di poter dichiarare invalida una qualsiasi decisione della Corte tramite una sola maggioranza semplice in parlamento. Una riforma, sostengono i difensori, volta a limitare il potere (sproporzionato) di cui la Corte gode ora, ma che per le sue misure estreme ha appunto scatenato la più grande ondata di proteste nella storia del Paese. 

Un paese paralizzato 

La situazione, come accennato, era diventata insostenibile. Gli scioperi avevano bloccato completamente il Paese, arrivando a coinvolgere scuole, aeroporti, persino ospedali. E, soprattutto, le proteste erano arrivate nell’esercito, con molti militari che hanno espresso il loro dissenso rifiutandosi di partecipare alle esercitazioni non essenziali e in generale mettendo in discussione la loro subordinazione. Un incubo, per qualsiasi governo israeliano. 

Sul fronte internazionale, da settimane arrivavano richieste di bloccarsi, di rivedere la riforma, in modo da salvaguardare la democrazia e placare le incessanti proteste. Dopo aver ignorato le richieste in questo senso da parte dell’ONU, Netanyahu aveva mal accolto suggerimenti simili da parte del presidente statunitense Biden, chiedendo allo storico alleato di, sostanzialmente, non intromettersi nelle dinamiche interne del Paese. 

E la poca tolleranza alle critiche si era manifestata anche nei confronti degli stessi alleati di maggioranza: ancora in data domenica 24 marzo, Netanyahu annunciava il “licenziamento” del suo ministro della difesa, il conservatore moderato Yoav Galant, che aveva chiesto pubblicamente al presidente di fare un passo indietro e sospendere immediatamente la riforma. Un po’ per posizione politica, di destra ma non estremista come invece parte del governo (definito, per la presenza del gruppo di estrema destra Otzma Yehudit, guidato da Itamar Ben-Gvir, il governo di destra più radicale della storia di Israele); un po’ per cercare di ricompattare l’esercito, appunto indebolito dal dissenso nei confronti della riforma, in un momento in cui Israele si trovava a fronteggiare nuove tensioni con i Palestinesi sulla striscia di Gaza. 

Una tregua- o un compromesso politico? 

Ma che cosa ha portato Netanyahu a cambiare idea, poche ore dopo tale decisione? Da un lato, dopo le proteste del lunedì e l’annuncio di un nuovo, maxi-sciopero per il martedì, la tenuta sociale del Paese era più in pericolo che mai. Dall’altro, come egli stesso ha spiegato nella conferenza stampa in cui ha annunciato la sospensione della riforma, è fondamentale “prevenire una guerra civile attraverso il dialogo”, quando questa possibilità di dialogo esiste. 

Più di tutto, ha finalmente ottenuto il via libera politico per la sospensione. Perché, se la parte più moderata della maggioranza lo invitava ad un passo indietro, la parte più estremista (e preponderante all’interno del governo) rifiutava nella maniera più assoluta qualsiasi tipo di compromesso, ritenendo la riforma della giustizia l’unico modo per preservare la democrazia all’interno di Israele. In un Paese in cui i governi sono estremamente instabili -solo negli ultimi 4 anni, si sono succeduti 5 governi -, un passo indietro avrebbe provocato l’ennesima crisi di governo, insostenibile in un momento delicato come quello che si stava vivendo. 

Chiaramente, questa concessione non è stata fatta per quieto vivere. In cambio, Ben-Gvir, che è ministro della Sicurezza nazionale, ha ottenuto la costituzione di un corpo militare speciale, la “Guardia Nazionale”, sotto il diretto controllo del ministro, che ha come scopo quello appunto di garantire la sicurezza interna. L’essere indipendente dall’esercito permette a tale corpo una maggiore autonomia e quindi efficacia, e nonostante le rassicurazioni del ministro sul fatto che non si tratta né di una “milizia” né, tantomeno, di un “esercito privato”, i 2000 membri della nuova forza armata fanno parte dei gruppi che più violentemente hanno cercato di sedare le proteste, soprattutto nei piccoli villaggispesso abitati da Palestinesi. Ed è proprio per proteggere i diritti umani dei palestinesi, che sono minoranza nel Paese ma costituiscono comunque il 20% della popolazione, che la costituzione di questo corpo speciale non era mai stata approvata, nonostante l’estrema destra lo richiedesse da anni. Il pericolo, infatti, è che più che per proteggere la “sicurezza nazionale”, esso finisca per essere di fatto un corpo antiarabo, in un contesto in cui i diritti umani della minoranza sono costantemente violati, e in maniera nemmeno troppo velata. 

Il ministro della difesa Galant

Una bomba ad orologeria

La sospensione della riforma, in ogni caso, rimane una sorta di “tregua”, un modo per Netanyahu di placare le proteste, seppur temporaneamente, per sbloccare la paralisi dei servizi che si è creata, e cercare di ricompattare la maggioranza e il paese di fronte alla sempre più pressanti minacce esterne. L’unico reale passo indietro fatto finora riguarda Yoav Galant, che il 10 aprile è stato reintegrato nel suo ruolo di ministro della difesa perché, come il primo ministro ha riconosciuto, nonostante le forti divergenze il suo è un ruolo fondamentale per difendere la sicurezza di Israele. Sulla riforma in sé, invece, almeno per il momento il governo si è limitato a concedere un semplice congelamento: per essere approvata sarebbero necessarie due nuove approvazioni da parte del parlamento, e la calendarizzazione di tale voto è stata bloccata. Si è ancora molto distanti, quindi, dal suo completo annullamento, richiesto dall’opposizione e dai manifestanti.

Ben-Gvir

Le fortissime tensioni sociali che sono esplose in seguito alla proposta di riforma non si sono in alcun modo sciolte, tanto più che dopo la sospensione le proteste sono continuate, seppur con minore irruenza. L’estrema destra continua a sostenere le sue posizioni e a difendere la riforma, e sembra intenzionata a tornare all’attacco appena la situazione si sarà calmata.  La polarizzazione delle posizioni continua ad essere sempre più radicata, e un dialogo tra le parti è più che mai difficile. Il compromesso trovato da Netanyahu, infine, assomiglia più ad una bomba ad orologeria che ad un passo verso i manifestanti, creato per tentare di congelare, insieme con la riforma, anche le divisioni sociali che ha provocato, in modo da potersi concentrare agli altri, numerosi, problemi che Israele si trova ad affrontare. È solo una questione di tempo, in ogni caso, prima che la bomba esploda.

A cura di Stella Martina Loiudice

Fonti:

https://www.corriere.it/esteri/23_aprile_10/israele-netanyahu-ci-ripensa-conferma-ministro-difesa-che-aveva-licenziato-248e4f00-d7c8-11ed-bdfd-d0308a8f3377.shtml?refresh_ce

https://www.ilsole24ore.com/art/israele-ministro-difesa-chiede-fermare-riforma-giustizia-netanyahu-pericolo-la-sicurezza-nazionale-AEPwMq9C?refresh_ce

https://www.repubblica.it/esteri/2023/03/27/news/israele_il_governo_si_spacca_ben_gvir_se_netanyahu_ritira_la_riforma_della_gisutzia_faccio_cadere_il_governo-393838855/

https://www.repubblica.it/esteri/2023/04/11/news/israele_netanyahu_ministro_giustizia_gallant_proteste-395740697/?ref=drla-f-1

https://www.adnkronos.com/israele-governo-approva-costituzione-guardia-nazionale_42aamjo1JfK4hxBX3gDg4h?refresh_ce

https://thejournal.blog/2023/03/11/la-democrazia-israeliana-e-in-pericolo/

https://www.nytimes.com/2023/04/01/world/middleeast/israel-netanyahu-ben-gvir-national-guard.html?smid=nytcore-ios-share&referringSource=articleShare

https://www.nytimes.com/2023/03/27/world/middleeast/israel-judiciary-protests.html?smid=nytcore-ios-share&referringSource=articleShare

https://www.nytimes.com/2023/04/10/world/middleeast/israel-netanyahu-gallant.html?smid=nytcore-ios-share&referringSource=articleShare

https://www.nytimes.com/2023/04/12/world/middleeast/herzog-israel-court-overhaul.html?smid=nytcore-ios-share&referringSource=articleShare

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