Il fallimento di SVB e Credit Suisse ci deve preoccupare?

TheJournal x LimesClub

Negli ultimi giorni abbiamo visto fallire una dopo l’altra alcune delle banche più importanti del mondo. In particolare, il collasso di Silicon Valley Bank e Credit Suisse fa temere una crisi finanziaria a livello globale. Cerchiamo di capire cos’è successo e se per davvero ci sta per travolgere una crisi come quella del 2008.

Il caso della SVB

La prima banca a fallire è stata Silicon Valley Bank (SVB). Sedicesima negli Stati Uniti per valore (fino a pochi giorni fa era quotata a 44 miliardi di dollari), nel 2021 gestiva quasi la metà dei fondi delle startup e aziende tecnologiche della Silicon Valley, per un valore di quasi 200 miliardi.

L’8 marzo SVB ha ceduto 21 miliardi di dollari in titoli di stato. L’operazione serviva a risanare i conti per rassicurare gli investitori e i clienti, ma è accaduto l’esatto contrario. Sotto consiglio di alcuni venture capitalist, gli investitori che scommettono e finanziano le startup, la gran parte dei clienti della banca si è affrettata nella cosiddetta ‘corsa agli sportelli’ (la corsa al ritiro dei depositi), portando la banca al collasso.

Dopo che il governo è intervenuto il 10 marzo per dichiarare la chiusura di SVB, alle startup rimane il problema di come recuperare i fondi, dato che al fallimento della banca i conti correnti sono stati bloccati. L’ordinamento americano prevede che la Federal Deposit Insurance Corporation (FIDC) garantisca i fondi entro 250 mila euro, ma la maggior parte di essi erano di molto superiori a questa cifra. Di conseguenza il governo americano ha deciso in via eccezionale che garantirà il risarcimento di tutti i fondi, a prescindere dal valore.

La causa prima che ha portato al fallimento di Silicon Valley Bank è sicuramente l’inflazione, ovvero l’aumento dei prezzi (e quindi la conseguente diminuzione del potere di acquisto). Generalmente, le banche centrali contrastano l’inflazione alzando i tassi di interesse, con l’idea che così facendo si rallenti l’economia. Un’operazione del genere può però avere effetti collaterali sul sistema bancario. Di fatto, nel momento in cui una banca come SVB ha visto un aumento dei tassi di interesse, si è ritrovata in tasca molti meno soldi di quanti ne avrebbe dovuto avere: nella clientela nascono paura e sfiducia, c’è la corsa agli sportelli, la banca non è in grado di erogare tutto il denaro richiesto e quindi va in fallimento.

Alcuni analisti hanno detto anche che una causa del fallimento di Silicon Valley Bank sia stata la poca diversificazione nella clientela. SVB infatti, per grandissima parte, concentrava i suoi affari nel mondo della tecnologia, cosa che non le avrebbe permesso di resistere a una crisi di settore.

La situazione in Svizzera

È venuto poi il turno di Credit Suisse, la seconda banca più importante della Svizzera, che la sera di domenica 19 marzo è stata acquistata da UBS, sua concorrente e prima banca elvetica. L’affare, concluso con la vendita per 3,2 miliardi di dollari, ben al di sotto del valore effettivo di Credit Suisse, è stato necessario come ultima spiaggia per non far fallire la banca, che da giorni aveva visto le sue quote in borsa precipitare anche del 31 percento.

Prima della cessione a UBS, Credit Suisse aveva chiesto ed ottenuto dalla banca centrale svizzera un prestito di più di 50 miliardi di dollari, nella speranza di riacquisire liquidità e placare gli investitori. Prestito che, evidentemente, non è riuscito nel suo intento.

La crisi di Credit Suisse viene da anni di malagestione aziendale, oltre che dall’adozione di un piano di investimenti rischioso, l’investment banking. L’azienda a ottobre 2022 aveva annunciato un piano di ristrutturazione per risanare i conti e riorganizzare le strategie economiche, ma questo non è stato abbastanza per frenare la sfiducia degli azionisti: mercoledì scorso il presidente di Saudi National Bank, il primo azionista di Credit Suisse, ha detto di non essere disposto a fornire ulteriori finanziamenti in caso di difficoltà. Questa dichiarazione ha fatto crollare il valore in borsa di Credit Suisse, ed ha scatenato la crisi della banca. In seguito all’acquisizione di Credit Suisse, il presidente di UBS ha detto: “Questo è un giorno storico per la Svizzera, ma francamente un giorno che speravamo non arrivasse”.

Siamo all’alba di un nuovo 2008?

È sicuramente ancora presto per dirlo: il mercato non si è ancora stabilizzato e dalle borse arrivano segnali misti, ma è indubbio che tra gli esperti del settore questa ipotesi non venga categoricamente esclusa. Ad ogni modo, possiamo tentare di mettere assieme i pezzi che abbiamo raccolto finora per vedere similitudini e differenze con l’ultimo Wall Street Crash.

Le banche centrali hanno imparato molte cose dalla crisi del 2008. In primo luogo, sono state imposte alle banche regole più stringenti alle banche, in modo che non possano più avventurarsi in investimenti rischiosi e creino delle bolle di speculazione potenzialmente catastrofiche.

I governi sono stati veloci nell’intervenire nella crisi, al fine di evitare il contagio, ovvero che i problemi di una banca si espandano ad altre per poi mandare in crisi tutto il sistema. La Federal Reserve, ad esempio, ha risarcito gli obbligazionisti e ha garantito tutti i depositi, facendo un’eccezione alla regola. Inoltre, il governo statunitense nei giorni successivi ha chiuso altre banche in situazioni pericolose, quali Signature e Silvergate, per evitare il contagio con altre banche. La Banca nazionale svizzera, dal canto suo, si è impegnata attivamente nello scongiurare il collasso totale di Credit Suisse: ha giocato una parte importante nel negoziato di vendita con UBS e ha aiutato entrambe le banche garantendo prestiti.

Un altro aspetto da considerate è la causa scatenante della crisi. Nel 2008 la bolla immobiliare è scoppiata su delle fondamenta molto fragili: gli investimenti di Lehman Brothers e altre avvenivano per mezzo delle asset backed securities, strumenti finanziari molto pericolosi e di cui al tempo si sapeva ancora poco. Al contrario, SVB aveva il suo portafoglio investito in un settore pubblico come quello dei titoli di stato a lungo termine, e quindi molto più trasparente.

Tuttavia, per cancellare qualsiasi rischio di ricadere in una crisi globale come quella del 2008, sarà cruciale per le banche recuperare il rapporto di fiducia con gli investitori, che sono in ultima istanza coloro che fanno fallire le banche. Se loro in primis non si fidano dell’affidabilità di chi custodisce i loro risparmi, allora ci sarà un’altra corsa agli sportelli, e altre banche sprofonderanno nella bancarotta.

A cura di Leonardo Antonelli

Fonti

Una delle principali banche della Silicon Valley fallisce (AP): http://bit.ly/3LCxpiS  

Cosa ha causato il fallimento della Silicon Valley Bank? (Reuters): http://bit.ly/400iBil

Come l’aumento dei tassi di interesse controlla l’inflazione? (Economist): http://bit.ly/3FwUX4z  

Perché le persone sono preoccupate per le banche (NYT): http://bit.ly/3JRPacs  

Come si decide se lasciar fallire una banca (Il Post): http://bit.ly/3FzTjiR

Che cosa sta succedendo con Credit Suisse e le banche (il Post): http://bit.ly/40q0HFD

Perché Credit Suisse è nei guai? Le turbolenze bancarie spiegate (WSJ): http://bit.ly/42kzi9P

UBS si accorda per l’acquisto di Credit Suisse (NYT): http://bit.ly/3n87Zzq  

Il sistema bancario globale è ora all’interno della scatola di Schrödinger (FT): http://bit.ly/3LI4iL7

Crisi bancarie, ci risiamo? (La Voce): http://bit.ly/40np1YI

Cosa ci racconta il fallimento di SVB (Limes): http://bit.ly/42qKwcM 

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